Le Progressioni Ecoonomiche Orizzontali: novità, problemi e possibili soluzioni
SOMMARIO. 1) Nozione giuridica 2) Richiami normativi 3) Problematica. 4) Soluzioni interpretative.
1)Nozione giuridica
Il fondo per le progressioni economiche orizzontali (fondo PEO) rappresenta una spesa destinata al trattamento economico accessorio del personale. Il trattamento economico costituisce la retribuzione conseguente alla prestazione lavorativa e composta da una pluralità di voci retributive disciplinate per ciascun contratto del pubblico impiego quali lo stipendio tabellare, ossia il trattamento principale (art. 45, comma 1, D. Lgs. 165/2001), l’indennità di amministrazione, ulteriori indennità eventuali, il trattamento economico accessorio. Si tratta di spese di parte corrente del bilancio di previsione (1), preordinate al funzionamento dell’amministrazione (v. Allegato 4/2 punto 5/2, D. Lgs. 118/2011).
Il fondo PEO è costituito da risorse stabili previste all’origine dal contratto collettivo nazionale (art. 23, comma 1, D. Lgs. 150/2009; art. 68, comma 2, lett. j), CCNL Funzioni Locali, 21 maggio 2018) (2), perché hanno la caratteristica di certezza per gli anni successivi. Detta caratteristica è assente nel caso di spese variabili quali risorse derivanti, esemplificativamente, da attività in conto terzi/incarichi aggiuntivi, sponsorizzazioni, attività di progettazione, economie di gestione nelle spese di personale etc. (3).
Poiché il fondo PEO costituisce una componente delle “risorse per le politiche di sviluppo delle risorse umane e della produttività” di cui all’art. 15 CCNL Regioni-Enti locali 1 aprile 1999, (ora “fondo per le risorse decentrate” ex art. 68, 2° comma, CCNL 21/5/2018, comparto funzioni locali), spetta al contratto decentrato la ripartizione della spesa tra fondo PEO e restanti componenti del “fondo per le risorse decentrate”. L’attivazione del “fondo per lo sviluppo delle politiche delle risorse umane” cui inerisce il fondo PEO (art. 17, comma 2, lett. b), CCNL 1999, Regioni-Enti locali) rappresenta l’atto unilaterale con cui l’amministrazione appone al fondo stesso un vincolo funzionale di destinazione. Per altro verso, la contrattazione collettiva integrativa costituisce il titolo giuridico per l’impegno di spesa conseguente, improntato ai parametri di competenza finanziaria potenziata declinati dall’Allegato 4/2 punto 5/2, D.Lgs. 118/2011 (4).
La dicitura “criteri per la ripartizione e la destinazione delle risorse finanziarie”, attribuite ex art. 4, comma 2, CCNL 1/4/1999 alla contrattazione collettiva integrativa, sembra inerire soltanto ai parametri di destinazione delle risorse economiche e non già alla contrattazione dei valori economici delle stesse: infatti, ove la contrattazione nazionale ha voluto attribuire a quella integrativa anche la determinazione di detti valori, lo ha stabilito espressamente (art. 4, comma 2°, lett. c) CCNL 1/4/1999; art. 7, comma 4, lett. d) ed e), CCNL 25/5/2018, comparto funzioni locali). Peraltro, “gli incrementi del Fondo risorse decentrate previsti dall’art. 67, comma 2, lettere a) e b) del CCNL Funzioni locali del 21 maggio 2018, in quanto derivanti da risorse finanziarie definite a livello nazionale e previste nei quadri della finanza pubblica, non sono assoggettabili ai limiti di crescita dei Fondi previsti dalle norme vigenti e, in particolare al limite stabilito dall’art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017” (5).
Perciò, il procedimento di assegnazione del trattamento PEO si articola in tre sequenze: 1) assegnazione del “fondo risorse decentrate” in sede di contrattazione collettiva nazionale; 2) ripartizione del predetto fondo da parte della contrattazione collettiva decentrata con individuazione del fondo PEO; 3) selezione dell’amministrazione in base alle previsioni della suddetta contrattazione collettiva.
Non è poi configurabile una decorrenza retroattiva del fondo rispetto all’ambito temporale delle valutazioni (6) né l’attivazione del fondo in assenza del sistema valutativo o a fronte di un sistema valutativo non pienamente a regime. In tal senso, il legislatore ha previsto l’acquisizione della certificazione dell’Organo di controllo interno (sub specie, il collegio dei revisori dei conti) sui profili di compatibilità economico-finanziaria e normativa ex art. 40 bis D.Lgs. 165/2001, siccome sostituito dall’art. 55, 1° comma, D.Lgs. 150/2009. Si tratta della conformità della contrattazione collettiva integrativa a quella nazionale e alle richiamate norme imperative di legge. In assenza della certificazione positiva su tutti gli aspetti prima menzionati l’ipotesi di accordo non potrà essere eseguito (7).
Nel caso di mancata costituzione del fondo di riferimento, le economie di bilancio (8) relative a tali risorse stabili, confluiscono nel risultato di amministrazione, vincolato per la sola quota del fondo obbligatoriamente prevista dalla contrattazione collettiva nazionale (ved. art. 187, commi 1 e 3-ter, D. Lgs. 267/2000) (9). Perciò, la sola quota stabile del “Fondo”, in quanto obbligatoriamente prevista dalla contrattazione collettiva nazionale, confluisce nell’avanzo vincolato e potrà essere spesa nell’anno successivo. Diversamente, le risorse variabili restano definitivamente acquisite al bilancio come economie di spesa (10).
Più in generale, la trasposizione quali economie di bilancio (e quindi avanzo vincolato) all’esercizio successivo di risorse destinate al Fondo risorse decentrate (comprensivo del fondo PEO) implica che tali risorse, ancorchè di parte stabile, debbono essere qualificate nel fondo degli anni successivi come risorse a carattere strettamente variabile, con espresso divieto di utilizzarle per finanziare impieghi fissi e continuativi (11). Infatti, l’economia di stanziamento vincolato di esercizi precedenti non può essere programmata né tanto meno utilizzata, estrapolandola dal risultato complessivo, per destinarla attraverso un vincolo postumo, a determinate spese in violazione del principio di unità del bilancio (12). Più in generale, ai sensi dell’art. 18, 2° comma, L. 31/12/2009 n° 196 s.m.i. costituiscono economia di bilancio le quote non impegnate di fondi speciali di parte corrente destinate alla copertura finanziaria di provvedimenti legislativi.
2) Richiami normativi
L’art. 5 CCNL Regioni-Enti locali 31/3/1999 s.m.i. stabilisce che “all’interno di ciascuna categoria è prevista una progressione economica che si realizza mediante la previsione, dopo il trattamento tabellare iniziale, di successivi incrementi economici (…) e che dev’essere differenziata in funzione del livello di inquadramento giuridico del dipendente”. Il successivo art. 6 CCNL prevede che “in ogni ente sono adottate metodologie permanenti per la valutazione e la prestazione dei risultati, anche ai fini della progressione economica di cui al presente contratto (…)”.
La contrattazione collettiva nazionale stabilisce, seppure “limitatamente al periodo 1998/2001” (ma vale in ogni caso il principio), che “nel disciplinare le modalità di finanziamento degli oneri derivanti dalla progressione economica all’interno della categoria, il CCNL dovrà individuare idonei strumenti di controllo della spesa prevedendo l’individuazione di valori massimi di riferimento per il costo del personale di ciascuna categoria e le regole per i relativi aggiornamenti e/o modificazioni” (art. 14, 2° comma, CCNL 31/3/1999, Regioni-enti locali). La contrattazione collettiva nazionale attribuisce, poi, alla posta “risorse per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività”, tra gli ulteriori vincoli di spesa, la costituzione di “un fondo per corrispondere gli incrementi retributivi collegati alla progressione economica nella categoria (…)” (art. 17, 2° comma, lett. b), CCNL 1/4/1999, Regioni-enti locali). La predetta disposizione corrisponde ora lato sensu all’art. 68, (“Fondo risorse decentrate”), 2° comma, CCNL 21/5/2018, comparto funzioni locali.
La successiva legislazione ordinaria ha invertito il principio di delegificazione per cui determinate materie, tra le quali quella presente, risultavano tendenzialmente sottratte al legislatore in favore della contrattazione collettiva. Invero, per il combinato disposto degli artt. 23, 2° comma, e 29 D.Lgs. 150/2009 nelle materie comprensive del fondo PEO la contrattazione collettiva recede in favore delle norme di legge. Quest’ultime “hanno carattere imperativo, non possono essere derogate dalla contrattazione collettiva e sono inserite nei contratti ai sensi e per gli effetti degli articoli 1339 e 1419 c.c.” (art. 29 D.Lgs. 150/2009 “Inderogabilità”). Secondo l’art. 40, 1° comma, D.lgs. 165/2001 (per come modificato dall’art. 54, 1° comma, D.Lgs. 150/2009) sono disapplicate le disposizioni della contrattazione collettiva che demandano alla sede di contrattazione integrativa gli istituti inerenti l’organizzazione del lavoro e la gestione del relativo rapporto.
Più specificamente, secondo l’art. 23, 1° comma, D. Lgs. 150/2009 la fonte di legittimazione per l’attribuzione delle PEO resta sempre la contrattazione collettiva nazionale e integrativa. Spetta, di conseguenza, alla contrattazione decentrata integrativa disciplinare i criteri per la ripartizione e destinazione delle risorse finanziarie inerenti alle suddette “risorse per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività” ex art. 17 CCNL 1/4/1999 Regioni-Enti locali (art. 4, 2° comma, lett. a) del suddetto CCNL, trasfuso nell’art. 7, comma 4°, lett. c) CCNL 21/5/2018, comparto funzioni locali). Cionondimeno, L’art. 40, comma 3 quinquies, 4° periodo, D.Lgs. 165/2001 vieta l’introduzione nei contratti integrativi decentrati di disposizioni in contrasto con norme imperative di legge o con il contratto collettivo nazionale (13). La disposizione riproduce parzialmente l’art. 4, comma 5°, CCNL 1/4/1999 che limita l’obbligo di conformità della contrattazione collettiva decentrata integrativa ai vincoli rivenienti dalla contrattazione nazionale. L’art. 40 bis, comma 3°, 2° periodo, D.Lgs. 165/2001 stabilisce che l’informativa sui costi della contrattazione collettiva è volta ad “accertare, oltre il rispetto dei vincoli finanziari in ordine sia alla consistenza delle risorse assegnate ai fondi per la contrattazione integrativa sia all’evoluzione della consistenza dei fondi e della spesa derivante dall’applicazione dei contratti integrativi applicati, anche la concreta definizione ed applicazione dei criteri improntati alla premialità, al riconoscimento del merito ed alla valorizzazione dell’impegno e della qualità della performance individuale, con riguardo ai diversi istituti finanziati dalla contrattazione integrativa, nonché a parametri di selettività, con particolare riferimento alle progressioni economiche”.
In senso inverso alla delegificazione favorevole al contratto collettivo, è il legislatore a stabilire direttamente che “le amministrazioni pubbliche non possono erogare trattamenti economici accessori che non corrispondano alle prestazioni effettivamente rese” (art. 7, 5° comma, D.Lgs. 165/2001). Più specificamente, è il legislatore a stabilire che “Le amministrazioni pubbliche riconoscono selettivamente le progressioni economiche (…) sulla base di quanto previsto dai contratti collettivi nazionali e integrativi di lavoro nei limiti delle risorse disponibili” (art. 23, 1° comma, D.Lgs. 150/2009). Alla predetta selettività corrisponde, per volontà del legislatore, “una quota limitata di dipendenti, in relazione allo sviluppo delle competenze professionali e ai risultati individuali e collettivi rilevati dal sistema di valutazione” (art. 23, 2° comma, D.Lgs. 150/2009).
3) Problematiche
La problematica che si intende affrontare riguarda i criteri quantitativi di erogazione del fondo PEO, sulla base degli indirizzi delineati dal legislatore. In altri termini, si tratta di capire quale sia l’importo percentuale erogabile del fondo PEO, atteso che il legislatore si attesta su principi certamente limitativi ma generali, astratti e non specifici. La proporzione opererà, ragionevolmente, rispetto al numero degli aventi diritto ossia il complesso dei dipendenti che, all’esito di una preliminare selezione, abbiano i titoli per l’erogazione derivante dal fondo PEO.
In base al delineato contesto normativo, il margine di finanziamento del fondo PEO, ossia la relativa entità finanziaria, deve rispondere ad oggettivi parametri di proporzionalità e non arbitrarietà. Infatti, tale entità, dianzi qualificata come risorsa stabile, non può costituire titolo per incrementi retributivi a pioggia né può compromettere ulteriori spese fisse o ricorrenti, parimenti vincolate, in materia di risorse umane e produttività (14). Per converso, le risorse variabili, proprio perchè hanno carattere di fungibilità solo interna, non possono essere utilizzate per il finanziamento di istituti del trattamento economico accessorio che richiedono solo risorse stabili (progressioni economiche, posizioni organizzative) (15). Sia la contrattazione collettiva (nazionale e decentrata) sia la legislazione ordinaria disciplinano le modalità di finanziamento del fondo PEO ponendo un limite implicito all’importo del fondo stesso (16)
Le richiamate limitazioni all’erogazione del fondo PEO derivano da norme imperative perché valoriali e di assetto costituenti un vincolo precettivo per la contrattazione collettiva che quest’ultima è giuridicamente tenuta a recepire (art. 29 D.Lgs. 150/2009 cit.) (17). Tali norme imperative subordinano l’erogazione del fondo PEO alla preventiva determinazione di criteri di selezione: in tal modo, esse pongono un limite assiologico all’entità finanziaria del fondo stesso, limite volto al privilegio del merito quanto al contenimento e alla razionalizzazione della spesa pubblica che trova titolo nel principio di proporzionalità. La violazione di siffatte norme imperative determina la nullità degli eventuali atti erogativi e può essere delibata in via incidentale anche dal Giudice contabile (18) del tutto a prescindere da accertamenti di nullità in via principale, peraltro qui inconfigurabili perché in generale limitati alla violazione od elusione del giudicato (art. 133, comma 1, n° 5, CPA) (19). La ratio delle stesse è applicativa del principio di buon andamento dell’azione amministrativa ex art. 97 Cost. ove al 1° comma è specificato che le pubbliche amministrazioni assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico. Ne sono corollario l’efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa ex art. 1, 1 comma, L. 241/90.
Si tratta, per quanto premesso, di norme elastiche perché di contenuto precettivo ampio e polivalente (es. diciture a formulazione lata quali: “selettivamente”; “secondo principi di selettività”). Si ritiene vertersi in ambito di clausole generali. Infatti, per un verso, esse presuppongono “una ricostruzione complessiva del sistema” proprio perché espressione di norme imperative. Per altro verso, esse sono indicative “di un criterio di giustizia” ma prive “di alcuna regola, delegando all’interprete la funzione di elaborarla” (20). In altri termini, debbono essere progressivamente precisate fino alla formazione del diritto vivente mediante puntualizzazioni della giurisprudenza.
4) Soluzioni interpretative
Come riferito, l’importo del fondo è determinato in sede di contrattazione collettiva decentrata (art. 4, comma 2, lett. a), CCNL 1/4/1999 Regioni-Enti locali, trasfuso nell’art. 7, comma 4°, lett. c) CCNL 21/5/2018, comparto funzioni locali). Spetta, quindi, alla contrattazione decentrata l’onere per cui il fondo PEO risponda ai parametri di proporzionalità (e non arbitrarietà) declinati dalla contrattazione collettiva nazionale e, in senso più stringente, dalle norme imperative della legge ordinaria. L’inosservanza delle norme imperative determina la nullità degli eventuali atti erogativi (arg. ex art. 29 D.Lgs. 150/2009).
Giova richiamare, in proposito, la giurisprudenza secondo cui “l’accertata irregolarità delle progressioni economiche, attuate in violazione delle previsioni contrattuali nazionali che impongono l’adozione di criteri selettivi, si traduce in danno economicamente apprezzabile nella misura della “disutilità” degli apporti lavorati recati da personale non selezionato secondo criteri e parametri voluti dalla regolamentazione pattizia per assicurare e garantire retribuzioni più elevate in favore dei più meritevoli”. Il rispetto delle disposizioni (contrattuali e normative) a presidio della selettività determina un risparmio di spesa che consente “nel prosieguo dell’azione amministrativa tesa alla valorizzazione delle risorse umane impiegate, di destinare siffatte risorse vincolate alla remunerazione delle professionalità in divenire, sì da consentire la possibilità di apprezzare nel tempo il costante sviluppo delle predette professionalità”. (21).
Il principio di proporzionalità, richiamato quale parametro di rilevanza contabile per stabilire l’entità necessaria al finanziamento del fondo PEO, è di matrice comunitaria (art. 5, 4° comma, Trattato CE) ed opera in termini di rinvio formale non recettizio nell’ordinamento interno per effetto dell’art. 117, 1° comma, Cost. per cui “la potestà legislativa è esercitata (…) nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario”. Nella medesima prospettiva dispone il legislatore ordinario per cui l’attività amministrativa è retta, tra l’altro, dai principi dell’ordinamento comunitario (art. 1, comma 1°, L. 241/90). Per effetto del principio di proporzionalità, l’azione amministrativa non deve travalicare quanto necessario per il raggiungimento dell’obiettivo impostole dalla legge: l’art. 5, 4° comma, Trattato CE, stabilisce che “in virtù del principio di proporzionalità, il contenuto e la forma dell’azione dell’Unione si limitano a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei trattati”. Nello specifico, quando si pongano degli obiettivi agli operatori economici ed essi dispongano di una pluralità di misure appropriate per il raggiungimento degli obiettivi prefissati, l’operatore dovrà attingere alla meno impegnativa assicurandosi che gli oneri sostenuti siano proporzionati agli obiettivi. Peraltro, opera la clausola generale in materia contabile che garantisce l’esatto impiego delle risorse stanziate per specifiche finalità di legge (22) al pari dei principi contabili di “congruità” e “coerenza” ex D.Lgs. 2011 n° 118, All. 1.
Nel delineato contesto, l’assenza di un margine percentuale alla disponibilità del fondo PEO, proprio perché non espressamente previsto dalla legge che contempla solo clausole generali, renderebbe di fatto aperta tale disponibilità vanificando o quanto meno eludendo l’imperatività delle norme di riferimento. Pertanto, diviene prerogativa essenziale della giurisprudenza dare contenuto definitorio a tali norme imperative proprio perché di natura elastica, data l’anzidetta formulazione lata, a guisa di clausole generali. In tal caso, l’interprete svolge una vera e propria funzione integrativa del sistema che si colora di profili senza dubbio creativi, talchè la giustizia del caso singolo non si identifica mai con la quella dell’interprete bensì con quella del sistema mediata attraverso l’opera dell’interprete (23). In generale, il parametro operativo è offerto dall’analogia legis o iuris (rispettivamente: primo e secondo periodo, comma 2, art. 12 Preleggi).
Si riporta, in proposito, l’opzione interpretativa della giurisprudenza contabile (24) “Condivisibile appare la decurtazione di una quota di danno effettuata dalla Procura, sulla base della verosimile sussistenza di una quota di progressioni economiche orizzontali che devono ritenersi, comunque, legittime, quantificate dalla Procura medesima, in una quota pari al 35% del totale.- Il Collegio ritiene di non potersi discostare da questa quota stante la sussistenza di una pluralità di fattori, quali la natura premiante dell’istituto che, in quanto tale, deve rimanere confinato ad una quota ristretta di beneficiari nonché la necessità di erogare le progressioni economiche nei limiti delle risorse disponibili nel fondo di cui all’art. 14, comma 3, CCNL 31 marzo 1999, così come indicato dall’art. 5 del CCNL del 31 marzo 1999.- Occorre precisare che l’art. 14, comma 3, del CCNL 31 marzo 1999 prevede espressamente che le progressioni economiche all’interno di categoria, al momento dell’entrata in vigore, dovranno essere finanziate, con l’insieme delle “risorse già destinate alla corresponsione, al personale in servizio alla stessa data, del livello economico differenziato”., ricordando che, con riferimento al livello economico differenziato, il legislatore espressamente ha indicato, come detto poc’anzi, all’art. 35 del D.P.R. 333/1990, le quota di livelli economici concedibili per ciascuna categoria, che in media, sia aggirano attorno al 35% del numero totale dei dipendenti. Occorre considerare, inoltre, la circostanza data dal fatto che, al fine di assicurare la copertura del numero totale di progressioni economiche concesse, il comune di Firenze, per anni, ha dovuto inserire nei fondi destinati al salario accessorio, delle voci non dovute. Ciò significa, quindi, che le risorse disponibili nei cui limiti le progressioni potevano essere riconosciute, a mente dell’art. 5 del CCNL 31 marzo 1999, erano notevolmente inferiori e, quindi, pienamente in linea con la quantificazione effettuata dalla Procura che, come noto, ha ritenuto di poter considerare legittima una quota di progressioni pari al 35% del totale, decurtando il presunto danno per la suddetta quota”.
La fissazione di un margine percentuale più ampio alla disponibilità del fondo PEO potrebbe ipotizzarsi nel non superamento del 50 % sempre degli aventi diritto del personale in servizio presso l’Ente. In tal senso si è espresso il Dipartimento della funzione pubblica (25) quanto la Ragioneria Generale dello Stato (26). Tale margine può trarsi, oltre che dal principio in sé di proporzionalità (quindi ragionevolezza e logica giuridica), anche da quello stabilito dall’art. 5, 1° comma, D.P.R. 3/57 (“Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civico dello Stato”) (“… le riserve di posti previsti da leggi speciali in favore di particolari categorie di cittadini non possono complessivamente superare la metà dei posti messi a concorso”) quale limite generale a situazioni di vantaggio in ambiti selettivi (27). Si veda anche quale margine di contenimento di spesa pubblica (sempre corrispondente al 50 %) l’art. 6, comma 13, primo periodo, D.L. 78/2010, conv. con L. 122/2010. In tal senso, la giurisprudenza sottolinea la regola fortemente voluta dal legislatore consistente nel “porre un limite alla crescita dei fondi della contrattazione integrativa destinati alla generalità dei dipendenti dell’ente pubblico” valorizzando le risorse “destinate e remunerare prestazioni professionali tipiche di soggetti individuati e individuabili” (28).
NOTE.
- Cfr. Corte conti, sez. controllo, Lombardia 378/2014/PAR del 19/12/2014 in riferimento al trattamento economico accessorio.
- Circolare MEF 19/7/2012 n° 25, Schemi di Relazione illustrativa e Relazione tecnico-finanziaria ai contratti integrativi, III.1-Modulo 1, III.1.1, sezione I; cfr. ARAN RAL 1830, 3/3/2016 Orientamenti applicativi.
- Circolare MEF 19/7/2012 n° 25, cit.
- Cfr. Corte conti, sez. controllo Molise, Delib. n. 15/2018 PAR; sez. controllo Veneto , Delib. n. 263/2016/PAR. Al riguardo l’ARAN (“Possibili contenuti di un contratto decentrato integrativo. Indice ragionato. Comparto Regioni e Autonomie locali-personale non dirigente”. Marzo 2013”), stabilendo “Criteri per la ripartizione e destinazione delle risorse finanziarie stabili e delle risorse decentrate variabili”, afferma che: “E’ la principale materia di contrattazione integrativa e comporta la fissazione delle regole di carattere generale per ripartire le risorse finanziarie disponibili tra le diverse destinazioni possibili; è in questa sede, ad esempio, che si stabilisce, nel rispetto dei vincoli contrattuali, se destinare più risorse alla produttività collettiva o alla progressioni economiche”.
- Corte dei conti, Sez. della Autonomie, Delib. 18/10/2018 n° 19.
- Corte dei conti, sez. controllo Friuli V.G., Delib. 3/4/2017 n° 11
- Circolare MEF 25/2012 cit.
- Secondo la dottrina, i concetti di economia di bilancio ed economia di spesa non sono né sinonimi né alternativi ma progressivi nel senso che l’economia di spesa del singolo stanziamento determina un’economia di bilancio e contribuisce al risultato complessivo (P. SANTORO, Contabilità e finanza pubblica, 2015, 393 ss.).
- Ved., in generale, sulla componente vincolata del risultato di amministrazione degli enti locali Corte dei conti, Sez. Autonomie, Delib. N. 31/SAZAUT/2015/INPR; Sez. controllo Liguria, Delib. N. 63/2021/PRSP.
- Corte conti, sez. controllo Molise, Delib. n. 15/2018, cit.
- Corte conti Molise 15/2018/PAR cit.; cfr. parere MEF 24/1/2013.
- Corte cost. sent. 17/10/2013 n° 241 e 19/7/2012 n° 192.
- Cfr. Corte dei conti, I sez. giurisd. centr. d’Appello 175/2017.
- Cfr. Corte dei conti, sez. giur. Basilicata, 13/5/2010 n° 123; sez. controllo Lombardia, Delib. 249/2017 PAR.
- Cfr. ARAN RAL 1830/2016.
- Cfr. Corte dei conti, sez. controllo Molise, Delib. 218/2015/PAR.
- Cfr. Circolare Dipartimento per la Funzione pubblica 7/2010.
- Corte dei conti, sez. giur. Sardegna, sent. n. 2/2015.
- Ex plurimis: Cass. civ. ord. S.U. 17/5/2013 n° 12110.
- F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, 1992, 48 ss. Intorno al rapporto tra concetti giuridici indeterminati e clausole generali ved. F. DI MARZIO, “Ringiovanire il diritto? Spunti su concetti indeterminati e clausole generali”, in Giustizia Civile, n. 2/2014 per il quale “Si osserva, a tal riguardo, che nel caso dei concetti indeterminati l’indeterminatezza rimane ad un livello meramente esteriore e dipende semplicemente della circostanza che il termine valutativo evoca con una forma generale un insieme di casi già ben individuabili attraverso la interpretazione sistematica (si fa l’esempio del motivo legittimo che autorizza, ai sensi dell’art. 1206 c.c., il creditore a rifiutare l’adempimento, evidenziando come si tratti di una formula che sintetizza l’insieme delle regole legali in materia di adempimento la cui disattenzione integra il motivo legittimo in parola). Invece, nel caso delle clausole generali, l’indeterminatezza investe il contenuto del concetto medesimo, integrato nel caso che si presenta dalla valutazione non del legislatore ma del giudice, che prescindendo dalla ricostruzione sistematica delle valutazioni giuridiche già effettuate dal legislatore, e dunque prescindendo da valutazioni legali e invece ponendo in essere valutazioni extra-legali integra il contenuto della disposizione inclusiva della clausola generale”. Ved. Cass. civ. sent. 25 agosto 2016, n. 17335; più in generale, Cass. civ. 8/1/2018 sent. n° 214.
- Corte conti, sez. giur. Basilicata, sent. 13/5/2010 n° 123, cit.
- Corte cost. sent. 70/2012; 89/2017.
- Cfr. GAZZONI, op. cit., 48 ss.; A. TRABUCCHI, Istituzioni di diritto civile, 1985, 47 ss.; E. FERRARO, Concetti giuridici indeterminati e poteri discrezionali delle Amministrazioni, in Diritto e processo amministrativo, n. 3/2014, 759 ss.
- Corte dei conti, sez. giur. Toscana, sent. n. 288/2020.
- Dipartimento per la Funzione Pubblica, nota prot. 44366/2019.
- Ragioneria Generale dello Stato, Allegato a Circolare n. 18/2021.
- Ved., più in generale, Corte conti, sez. giur. Sicilia, 590/2017 cit.; Cons. St., sez. IV, sent. 5345/2000; TAR Calabria, sez. II, sent. 567/2002.
- Corte dei conti, sez. controllo Veneto, parere 20/7/2017 n° 425.