Sezione Giurisdizionale Regionale per la Sardegna – Sentenza 16 gennaio 2019, n.15 – Pres. Silveri – Est. d’Ambrosio
Non è possibile identificare nel giudizio penale, ancorché inerente all’accertamento degli stessi fatti oggetto del giudizio di responsabilità amministrativa, una causa pregiudiziale che imponga la sospensione del giudizio di responsabilità, atteso che la controversia penale non è pregiudiziale in senso tecnico, non costituendo l’antecedente da cui dipende la definizione del giudizio contabile.
Le ipotesi di incertezza e indeterminatezza della domanda determinano la nullità della citazione solo allorquando, per grave imprecisione dell’atto, il convenuto non è posto in condizione di conoscere gli esatti termini della domanda giudiziale e non può, quindi, validamente resistere alle pretese attoree, ovvero quando sia assolutamente impossibile l’identificazione del petitum e della causa petendi del giudizio.
Considerate le particolari modalità di rendicontazione delle spese effettuate dai Gruppi consiliari, che rendevano, in concreto, estremamente ridotta la possibilità di individuare gli illeciti anche per l’organo deputato alla verifica della legittimità di tali spese, trova applicazione la regola che il decorso del termine prescrizionale non possa operare prima che gli illeciti in questione siano emersi pienamente, ovvero solo a seguito della complessa attività investigativa, sfociata nella richiesta di rinvio a giudizio in sede penale. Il momento di decorrenza del termine prescrizionale deve, quindi, essere individuato nella conoscenza da parte della Procura contabile della richiesta di rinvio a giudizio in sede penale.
Sussiste la responsabilità erariale del capogruppo di un gruppo consiliare che abbia utilizzato i fondi pubblici ricevuti per esigenze personali proprie o di altri membri del gruppo (acquisto di libri rari e di vari beni di lusso), per attività di propaganda elettorale personale e del partito politico di appartenenza, per retribuzione a vario titolo di personale impiegato per esigenze private, nonché per asserite spese di rappresentanza (regali ai consiglieri regionali, ai dipendenti del gruppo, al personale del servizio di guardiania del Consiglio regionale e a soggetti non conoscibili) in quanto dette spese, per essere giustificate e non determinare danno all’erario, devono porsi in relazione ad eventi connotati da rilevanza ed ufficialità, atti a promuovere all’esterno l’immagine dell’Ente o dell’organismo interessato.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SARDEGNA,
composta dai seguenti magistrati:
Angela SILVERI Presidente
Lucia d’AMBROSIO Consigliere relatore
Valeria MOTZO Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di responsabilità instaurato ad istanza del Procuratore regionale della Corte dei conti per la Regione Sardegna nei confronti di Mario DIANA (C.F.: DNIMRA47E09I742J), nato a Simala il 9 maggio 1947, rappresentato e difeso dall’Avvocato Giovanni Luigi MACHIAVELLI, elettivamente domiciliato presso lo studio del medesimo in Cagliari, via Pontano n. 3.
Visto l’atto di citazione del 13 agosto 2018, iscritto al n. 24220 del registro di Segreteria.
Uditi, nella pubblica udienza del 6 dicembre 2018, il relatore Consigliere Lucia d’Ambrosio, il Pubblico ministero nella persona del vice Procuratore generale Mauro Murtas e l’Avvocato Giovanni Luigi Machiavelli.
Esaminati gli atti e i documenti tutti della causa.
Ritenuto in
FATTO
Con atto di citazione del 13 agosto 2018 il Procuratore regionale della Corte dei conti per la Regione Sardegna ha convenuto in giudizio il signor Mario DIANA per vederlo condannare al risarcimento, in favore dell’Erario, e segnatamente della Regione Autonoma della Sardegna, del danno di euro 771.758,77, o di quello diverso che risulterà all’esito del giudizio, oltre alle somme dovute per rivalutazione monetaria, interessi e spese di giustizia.
La Parte attrice ha così ricostruito i fatti posti a fondamento della pretesa erariale.
In data 3 febbraio 2014 la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari ha comunicato di aver esercitato nei confronti del signor DIANA l’azione penale, con richiesta di giudizio immediato, per i reati di peculato e falso (art. 314 e 479 c.p.), sulla base degli esiti delle indagini svolte dalla Polizia giudiziaria sulla gestione dei fondi assegnati ai Gruppi del Consiglio Regionale della Sardegna.
Dette indagini avrebbero rivelato molteplici anomalie nella gestione del denaro proveniente dal bilancio regionale e assegnato ai Gruppi consiliari di cui aveva fatto parte il DIANA nella XIII e XIV consiliatura (rispettivamente Alleanza Nazionale e Popolo della Libertà), che sarebbe stato destinato a coprire spese per finalità estranee a quelle politico istituzionali consentite, e personalmente trattenuto, in assenza di qualsiasi giustificazione di spesa.
Il Procuratore Regionale rappresenta che, con sentenza del 13 luglio 2018, il Tribunale di Cagliari ha dichiarato il DIANA colpevole dei reati contestati – ad eccezione di quelli rubricati al capo A lettere c), j) e h) – e, per l’effetto, lo ha condannato alla pena di 5 anni e sei mesi di reclusione. Ha applicato le pene accessorie dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici e dell’interdizione legale durante l’esecuzione della pena.
Alla luce della ricostruzione documentale effettuata, la Procura afferma che sarebbe evidente il doloso sviamento degli atti compiuti dal DIANA rispetto ai più elementari criteri di liceità, e che il convenuto deve essere chiamato a restituire all’ente danneggiato le somme spese, visibilmente impiegate per soddisfare le esigenze proprie o della famiglia e, comunque, del tutto estranee agli interessi affidatigli.
Il danno erariale è stato quantificato dalla Procura in euro 771.758,77.
Il signor Mario Diana si è costituito in giudizio con il ministero dell’Avvocato Giovanni Luigi Machiavelli depositando memoria difensiva in data 16 novembre 2018, con la quale, in via preliminare, chiede la sospensione del giudizio in attesa del deposito delle motivazioni del Giudice Penale (sentenza del Tribunale Penale di Cagliari del 13 luglio 2018), ovvero della definitiva definizione di quel giudizio all’esito dei suoi vari gradi.
In via pregiudiziale eccepisce la nullità dell’atto di citazione sotto diversi profili.
- Nullità generale dell’invito a dedurre per incongruenze tra la somma delle singole voci indicate e l’ammontare complessivo indicato dal P.M. e conseguente nullità generale dell’atto di citazione.
- Nullità generale dell’atto di citazione per incongruenze tra la somma delle singole voci indicate e l’ammontare complessivo indicato dal P.M., che determinerebbero incertezza sulla individuazione e quantificazione del danno, oltre che dei criteri per la sua determinazione, circostanze che, ai sensi dell’art. 86 del d.lgs. n. 174/2016 determinano la nullità della citazione.
- Nullità parziale dell’atto di citazione con riguardo
- alla voce di danno n. 1, per somme asseritamente spese senza nessuna documentazione giustificativa, tra il 1° marzo 2009 ed il 31 luglio 2012 (€ 179, 318,07), per indeterminatezza dell’addebito,
- alla voce di danno n. 9, per somme percepite da DIANA nel corso della XIII legislatura a mezzo di assegni tratti sul c/c n. 70007528 (€ 135.642,86), precisamente individuate solo a seguito di deposito di copia degli assegni da parte della Procura, successivamente all’invito a dedurre, con il riferimento agli assegni tratti sul c/c intestato al Gruppo di Alleanza Nazionale in favore del DIANA, il cui riepilogo è contenuto nel foglio 1076 del fascicolo penale.
Per quanto concerne il merito del ricorso, la difesa del Diana, preliminarmente richiama la disciplina che regolava i contributi ai Gruppi consiliari della Sardegna ed il panorama giurisprudenziale esistente al momento in cui si sono svolti i fatti oggetto del giudizio, affermando che le spese sostenute con i fondi dei gruppi consiliari potevano non essere documentate e che la loro pertinenza non era sindacabile se non nei limiti della manifesta ed irragionevole “non rispondenza ai fini istituzionali”.
Ricostruisce, inoltre, il procedimento con cui venivano liquidate le spese sostenute da tutto il Gruppo, così come risulta dagli atti del giudizio penale: il segretario e dipendente del Gruppo, signor P., intratteneva tutti i rapporti con i fornitori, sulla base delle specifiche richieste formulate direttamente dai consiglieri interessati; realizzata la prestazione, la fattura di acquisto veniva gestita dal medesimo signor P., che la consegnava a Mario Diana, insieme all’assegno già precompilato, che doveva solamente essere firmato; Mario Diana verificava la corrispondenza degli importi e dell’intestatario dell’assegno, sottoscrivendolo e apponendo sulla matrice o sull’originale della fattura il riferimento al consigliere che aveva richiesto la spesa; il segretario consegnava gli assegni per il pagamento ai fornitori.
La difesa eccepisce, inoltre, la prescrizione dell’intero credito erariale azionato dalla Procura, poiché tutti i fatti che, ad avviso del Procuratore, avrebbero generato una responsabilità erariale del signor Mario DIANA si sono verificati prima del mese di giugno 2012, data in cui il medesimo Mario Diana è cessato dalla carica di Capogruppo consiliare. La posticipazione del termine di decorrenza della prescrizione è, infatti, costantemente ancorata all’occultamento doloso del danno o della condotta che lo ha causato e tale occultamento non sussiste nel caso di specie.
Chiede, pertanto, di dichiarare inammissibili, improcedibili, ovvero rigettare perché infondate tutte le domande della Procura Regionale, con ogni consequenziale pronunzia come per legge.
Per quanto riguarda in dettaglio le singole voci di danno, queste sono state vagliate, sia dalla Procura nell’atto di citazione che dalla difesa del DIANA nella memoria di costituzione, riproducendo l’elencazione svolta nell’ordinanza di questa Sezione n. 65/2018, confermativa (con riduzione del quantum) del sequestro ante causam autorizzato con decreto presidenziale n. 8/PRES/2018.
Appare opportuno, pertanto, illustrare per ciascuna voce di danno, congiuntamente, le prospettazioni della Procura e quelle della difesa.
Capo I. Somme percepite tra il 1° marzo 2009 ed il 31 luglio 2012 senza giustificazioni di impegno di spesa (danno contestato per € 179.318,07).
La Procura rappresenta che il DIANA, nel periodo in cui è stato Capogruppo del PDL durante la XIV legislatura, ha effettuato spese (dal 1° marzo 2009 al 31 luglio 2012) per una somma complessiva di euro 3.008.602,79, come è risultato dagli estratti del c/c bancario intestato al Gruppo. Dalla documentazione raccolta nel corso delle indagini penali, sono risultate giustificate (in termini puramente documentali) spese per euro 2.737.453,00, talché sono residuate come non giustificate spese per euro 271.149,79.
Poiché le indagini di Polizia Giudiziaria hanno consentito di ricostruire la destinazione di ulteriori spese, sarebbero rimaste senza alcuna giustificazione spese per complessivi euro 179.318,07, somma che, ad avviso della Procura, deve ritenersi erogazione di denaro pubblico priva di dimostrata riconducibilità alle esigenze funzionali dell’organo consiliare e dunque voce di danno erariale imputabile al DIANA.
La Procura afferma la sussistenza in capo al percettore del contributo pubblico dell’obbligo di dare conto non solo dell’an della spesa sostenuta, ma anche del quomodo in termini di rispondenza della causale dell’esborso alle finalità connesse al mandato consiliare e sostiene, pertanto, che non spetti alla Procura attrice individuare quali siano le spese in questione nel coacervo di tutte quelle sostenute nell’arco di tempo considerato.
La difesa eccepisce, per detta voce di danno, la nullità dell’invito a dedurre, perché eccessivamente generico, e dell’atto di citazione, perché non preceduto da idoneo invito a dedurre e per indeterminatezza del suo contenuto. Segnala che, nell’ambito del giudizio penale, sarebbero stati forniti i documenti contabili del Gruppo consiliare del Popolo della Libertà relativi al periodo in contestazione, dai quali è possibile ricostruire tutti i pagamenti ed i movimenti di denaro, trovando anche il riscontro delle spese in questione.
Capo 2. Acquisto di libri in edizione artistica presso “ART’E” con sede a Bologna (danno euro 46.950,82).
Ad avviso della Procura, la spesa in questione è estranea alle finalità di funzionamento del gruppo consiliare ed orientata ad ottenere vantaggi personali. È pertanto illegittima e per essa il DIANA deve essere chiamato a risarcire l’erario.
La difesa rappresenta che tutti i libri acquistati sono stati sottoposti a sequestro dal Giudice penale e che la sentenza emessa dal Tribunale di Cagliari ne ha disposto la confisca e la restituzione alla Regione Sardegna. Il patrimonio dell’Amministrazione sarebbe stato, quindi, integralmente ristorato della voce di danno in questione, per la quale non residuerebbe più nessuna responsabilità del convenuto.
Capo 3. Pagamento fatture Tiscali (danno euro 756,90).
Il P.M. afferma che la spesa in questione, relativa a servizi di telefonia, pagata con i fondi del Gruppo consiliare, sarebbe riferita all’utenza telefonica privata del DIANA, in quanto le fatture indicano come recapito quello dell’abitazione privata del DIANA in Oristano.
La difesa segnala che il Tribunale di Cagliari ha assolto Mario DIANA dal capo di imputazione relativo a questa voce di danno (capo A, lett. c), perché “il fatto non sussiste”. Sottolinea che la contestazione si fonda sul fatto che è stato scambiato l’indirizzo di fatturazione (Oristano, presso l’abitazione del signor Diana) con quello dell’utenza servita (a Cagliari, in via Roma, presso la sede del Consiglio Regionale) e che le fatture erano relative ad una linea ADSL per traffico internet, che faceva riferimento all’indirizzo digitale “gruppopdl@tiscali.it”.
Capo 4. Acquisto di penne di pregio e da collezione (danno euro 20.373,00) e di un portafoglio Mont Blanc (danno euro 150,00).
Ad avviso del P.M., la spesa in questione rientrerebbe nel novero di quelle destinate ad utilità e vantaggio personale del DIANA e deve, pertanto, ritenersi voce di danno erariale di cui il convenuto deve essere chiamato a rispondere.
La difesa afferma che l’acquisto di penne, seppure di pregio, era da considerarsi una spesa ammissibile ai sensi della deliberazione dell’Ufficio di Presidenza n. 292/1993, quali spese per l’amministrazione del Gruppo o di rappresentanza.
Per quanto concerne le 31 penne Mont Blanc Stilo UNICEF, per le quali viene contestata la spesa complessiva di € 13.218,00, è emerso nel giudizio penale che tali penne erano destinate ai 31 consiglieri del Gruppo e sono state acquistate in quanto una parte del ricavato sarebbe stato destinato all’UNICEF; si tratterebbe pertanto di spese che fornivano ai consiglieri uno strumento di lavoro e contestualmente costituivano una “spesa di rappresentanza”, poiché rappresentavano l’adesione del gruppo consiliare ad una campagna di beneficienza indetta dal produttore. In ogni caso, le penne in questione sono state tutte rese dai singoli consiglieri, quindi il patrimonio dell’amministrazione sarebbe stato integralmente reintegrato.
Per quanto concerne le penne di vari modelli acquistate in momenti diversi, la difesa afferma che erano acquistate a scopo di rappresentanza, per relatori di particolare prestigio partecipanti, a titolo gratuito, ai convegni organizzati dai singoli consiglieri o dal Gruppo.
Ad avviso della Procura, il pregio delle penne acquistate rende inverosimile che le stesse, per la parte destinata ai Consiglieri regionali, avesse la funzione di assicurare a costoro uno strumento di lavoro, e che, per la parte asseritamente destinata a relatori invitati a convegni promossi dal Gruppo, non è possibile individuare quali siano state le occasioni nelle quali l’omaggio di rappresentanza è stato fatto e le persone dei destinatari.
Capo 5. Acquisto di due orologi “Rolex” presso la “Paoletti orologi” (danno contestato per € 6.000,00) e false fatture emesse dalla “Riko service” e dalla “Simba turismo” legalmente rappresentate da Cogoni Riccardo (danno contestato per € 101.898,44).
La Procura riferisce che le indagini hanno consentito di appurare che alle fatture in questione, apparentemente emesse per prestazioni realizzate in favore del Gruppo consiliare, non corrisponde in realtà alcuna prestazione. Gli elementi di prova raccolti, ad avviso della Procura, offrirebbero sufficiente dimostrazione dell’illecito erariale, che non sarebbe stato, peraltro, espressamente contestato dalla difesa.
La Procura afferma che la spesa è comunque riconducibile ad una condotta quanto meno gravemente colposa del presunto responsabile, avendo il DIANA emesso assegni sul conto del Gruppo senza verificare quale fosse la reale destinazione delle somme erogate.
La difesa asserisce che si sarebbe trattato di raggiri di cui DIANA è la vittima. Con specifico riguardo all’acquisto di due orologi Rolex presso la Paoletti Orologi, la difesa sottolinea che nel giudizio penale è emerso che l’assegno incassato per l’acquisto di questi due orologi è stato falsificato, cancellandone e modificandone l’intestazione. Richiama il procedimento con cui venivano liquidate le spese del Gruppo, affermando che eventuali inesattezze nella compilazione degli assegni o spese fatte per prestazioni in realtà non eseguite non erano imputabili a Mario DIANA, in quanto il capogruppo non poteva contestare la spesa (a meno che non apparisse palesemente illogica, e tutte le spese contestate riguardano agende, organizzazione di convegni, hardware e simili), né aveva la possibilità di pretendere la prova dell’avvenuta esecuzione della prestazione.
In ogni caso, ad avviso della difesa, se la prestazione non è stata eseguita, il relativo pagamento dovrebbe essere imputato al soggetto che ne ha dichiarato l’esecuzione, chiedendo che venisse liquidata la relativa spesa, in quanto, per come era strutturato, il sistema della liquidazione delle spese non consentiva al capogruppo nessun potere di controllo efficace sulla esatta ed effettiva esecuzione della prestazione pagata.
Capo 6. Pagamenti in favore dell’associazione politico-culturale IdealMENTE (danno euro 27.000,00).
La Procura inquadra dette spese nella categoria di quelle estranee alle finalità del Gruppo, in quanto pagate sulla base di fatture emesse dalla suddetta associazione a fronte dell’asserita organizzazione di una serie di incontri di formazione politico-culturale o di attività convegnistica, il cui effettivo svolgimento non è risultato in alcun modo documentato, e richiama le considerazioni svolte in relazione alla voce di danno precedente.
La difesa rappresenta che il capogruppo poteva solo verificare che le spese per le quali gli veniva chiesto di effettuare il pagamento non si riferissero ad attività palesemente irragionevoli ed estranee alle finalità del Gruppo e tali non erano quelle di “organizzazione di incontri su formazione politico-culturale”, a cui si riferivano le fatture che gli sono state presentate dal segretario del Gruppo.
Sostiene che, in ogni caso, se la prestazione non è stata eseguita, il relativo pagamento dovrebbe essere imputato al soggetto che ne ha dichiarato l’esecuzione, chiedendo che venisse liquidata la relativa spesa.
Capo 7. Somme ottenute attraverso ricevute e fatture per prestazioni mai eseguite o diverse da quelle effettive.
La Procura riferisce che, nel relativo capo di imputazione penale era addebitato al DIANA di essersi appropriato, tra il 19 marzo 2009 e l’11 giugno 2012, di una somma pari almeno a euro 90.000,00, richiedendo e ottenendo, direttamente o con il contributo di altri consiglieri del Gruppo ricevute e fatture per prestazioni in realtà non eseguite, ovvero per prestazioni diverse (per qualità, quantità e costo) da quelle effettive, così occultando l’appropriazione.
Precisa che, sulla base dei calcoli da essa effettuati, il danno erariale ammonta a euro 82.000,00.
Le contestazioni del P.M. contabile sono esplicitate nelle sotto-voci in cui si articola il capo 7:
Voce 7.1. Prestazioni occasionali.
A) MOTTURA Maria Giulia e ONNIS Ettore (danno euro 68.000,00).
La Procura afferma che le spese in questione sarebbero state sviate dalla loro destinazione, andando a sostenere costi non riferibili all’attività del Gruppo consiliare, bensì a quella dell’ufficio politico personale del DIANA in Oristano.
Trattasi di somme spese per il pagamento di prestazioni varie rese da due coniugi (MOTTURA Maria Giulia e ONNIS Ettore), residenti in Oristano, i quali avevano con il DIANA un consolidato rapporto di conoscenza e frequentazione, risalente a data anteriore al 2005.
La MOTTURA ha dichiarato, in sede di sommarie informazioni alla P.G., che il rapporto intrattenuto col DIANA non era regolato da alcun contratto e che le somme corrispostele erano determinate discrezionalmente dallo stesso consigliere. L’ONNIS ha dichiarato di aver emesso le fatture indicando la prestazione resa come “servizio di segreteria”, ma di aver in realtà svolto, in favore e su richiesta del DIANA, in prevalenza attività di facchinaggio e piccole ristrutturazioni di un immobile destinato a sede temporanea del partito, presso una proprietà dell’Arcivescovado, a Oristano. Anche per l’ONNIS non esisteva contratto di collaborazione.
Inoltre, l’ONNIS ha riferito che, in alcune circostanze, il DIANA, avendo necessità di contanti e non potendo recarsi personalmente presso la banca, emetteva, sul conto del Gruppo, assegni intestati alla MOTTURA e, talvolta, a lui stesso; i due coniugi cambiavano i titoli presso la filiale del Banco di Sassari di Oristano, consegnando il contante al DIANA.
Ad avviso del P.M., dovrebbe ritenersi che il DIANA si avvalesse della collaborazione dei due coniugi per mansioni del tutto estranee all’attività politico istituzionale del Gruppo, ottenendo, tra l’altro, con il loro contributo, di cambiare i titoli e disporre di denaro contante.
La difesa rappresenta che i coniugi MOTTURA e ONNIS collaboravano costantemente nell’attività dell’ufficio politico di Mario DIANA in Oristano, e che le spese per tale collaborazione sarebbero sicuramente ammissibili ai sensi della delibera dell’Ufficio di Presidenza n. 293/1993.
Sottolinea che gli assegni che i due coniugi cambiavano presso la filiale del Banco di Sassari di Oristano, consegnando il contante al DIANA, erano tratti sul conto corrente personale di Mario Diana e non su quello del Gruppo.
Afferma che le osservazioni svolte in citazione sulla irregolarità di tali spese perché apparentemente volte a sovvenzionare l’ufficio del partito politico del convenuto sono destituite di fondamento, in quanto l’attività svolta da Mario Diana nel suo ufficio era riconducibile al suo ruolo di capogruppo consiliare e non già di esponente di un singolo partito.
B) GASBARRI Alessandra (danno euro 14.000,00).
La GASBARRI, parente della coniuge del Consigliere SANJUST, ha ottenuto, tramite l’interessamento di quest’ultimo, di svolgere, secondo quanto da essa dichiarato alla P.G., tra il 2009 e il 2011, attività di ricerca di materiali di supporto per proposte di legge che eventualmente avrebbero formato oggetto di iniziativa da parte del Gruppo PDL. A fronte di tali prestazioni, l’interessata ha percepito un compenso complessivo di euro 14.000,00. Le attività investigative avrebbero consentito di accertare l’inesistenza di qualsivoglia traccia documentale di detto lavoro. Pertanto, la Procura afferma che anche la GASBARRI forniva prestazioni diverse da quelle documentate e riferibili al Gruppo.
La difesa afferma che dette spese sono sicuramente ammissibili poiché previste nella delibera dell’Ufficio di Presidenza e che, anche per queste spese, non era consentito al capogruppo pretendere la documentazione attestante l’effettiva prestazione. Rappresenta che l’attività di mera consulenza e ricerca, essendo attività intellettuale, non è sempre suscettibile di essere comprovata documentalmente.
In ogni caso, se la prestazione non è stata eseguita, il relativo pagamento dovrebbe essere imputato al soggetto che ne ha dichiarato l’esecuzione, chiedendo che venisse liquidata la relativa spesa, per i motivi già illustrati.
Con riguardo alle prospettazioni della difesa, la Procura osserva che l’art. 4 della l.r. n. 37/1995, all’epoca vigente, prevedeva che “i Gruppi consiliari non possono stipulare contratti per prestazioni d’opera, fatta eccezione per il conferimento di incarichi libero-professionali per oggetti determinati, da adottarsi con contratti aventi forma scritta e la cui durata non può superare quella della legislatura nella quale detti contratti sono sottoscritti” e che nessun contratto risulta stipulato tra il Gruppo PDL e la GASBARRI, quindi viene a mancare un elemento fondamentale per accertare che le prestazioni indicate, ammesso che siano state effettivamente rese, fossero effettuate a beneficio del Gruppo.
Voce 7.2. Convegni ed eventi (danno euro 156.147,50).
Si tratta delle spese effettuate per svolgimento di convegni presso l’Hotel Orlando Resort di Villagrande Strisaili (spesa complessiva euro 43.450,00 + 41.247,50 = 84.697,50), il ristorante ZURITO di Villacidro (spesa complessiva euro 4.200,00), in Villasalto (euro 800,00), eventi non meglio indicati e altre prestazioni offerte, indicate genericamente, dall’associazione culturale SA IA di Cagliari (spesa complessiva euro 60.900,00), fattura del ristorante pizzeria Lo Spiedo Sardo per “utilizzo sala e somministrazione pasti a prezzo fisso” (euro 2.000,00), fattura della trattoria Ci Pensa Cannas per fornitura n. 20 pasti (euro 550,00), fattura del ristorante pizzeria Lo Spiedo Sardo per “Giornata di studio con organizzazione venatoria rif. Legge sulla Caccia – rinfresco per 60 persone a euro 50,00 a pasto” (euro 3.000,00). Il P.M. afferma che per nessuna delle prestazioni indicate nelle varie fatture è stata fornita o è stata rinvenuta documentazione comprovante l’effettivo svolgimento dell’evento corrispondente. Per le fatture emesse dall’Hotel Orlando Resort sono, inoltre, emerse alcune anomalie, quali contraddizioni tra numerazione delle fatture e data delle stesse e discordanza tra fatture esibite dal DIANA e quelle emesse dalla struttura (che sono risultate di numero superiore).
La difesa rappresenta che nel giudizio penale sarebbe emerso l’effettivo svolgimento di gran parte di questi eventi, che si trattava di spese sicuramente ammissibili in base alla deliberazione dell’Ufficio di Presidenza e che, non essendo richiesta nessuna documentazione giustificativa, il capogruppo era tenuto a liquidarle dietro richiesta del consigliere organizzatore. Afferma che, anche in questo caso, se la prestazione non è stata eseguita, il relativo pagamento dovrebbe essere imputato al soggetto che ne ha dichiarato l’esecuzione, chiedendo che venisse liquidata la relativa spesa.
Voce 7.3. Consulenze (danno euro 12.000,00).
Il P.M. sottolinea che le ricerche svolte dalla Polizia giudiziaria riguardanti la documentazione relativa alle consulenze effettuate da “GruppoMISTO Comunicazione” nel 2010 in relazione a due proposte di legge (rotatorie e taxi Rosa) non hanno dato alcun esito, pertanto deve ritenersi che dette prestazioni non siano state in realtà effettuate.
La difesa afferma che mere consulenze sulla comunicazione possono essere state espletate senza che ne sia stata conservata la relativa documentazione, soprattutto se, come è avvenuto nel caso di specie, si tratta di consulenze esplorative che, poi, non hanno avuto seguito.
Sostiene che, in ogni caso, anche se volesse ritenersi che le prestazioni non siano state eseguite, la disciplina che regolava la liquidazione ed il controllo delle spese non consentiva all’odierno convenuto un adeguato controllo sulla effettiva esecuzione delle prestazioni pagate, ma solamente sulla congruità della denominazione formale della spesa rispetto all’elenco di spese ammissibili.
Capo 8. Acquisti vini, formaggi, riso (danno euro 3.525,18).
Al DIANA è contestato di essersi appropriato di detta somma nel dicembre 2009, destinandola all’acquisto di 136,500 Kg di formaggio, confezionato in 105 scatole natalizie, 25 confezioni di vini e 162 Kg di riso “carnaroli” confezionato in 162 sacchetti da 1 Kg ciascuno.
La spesa, secondo il P.M., rientrerebbe tra quelle destinate ad utilità e vantaggio personale del presunto responsabile.
La difesa afferma che si tratterebbe di comuni spese di rappresentanza, sicuramente ammissibili, e che non può escludersi l’ammissibilità di tali spese solo perché non è documentata l’identità del destinatario. Si tratta, infatti, di minuti doni natalizi, di modico valore, per i quali, all’evidenza, non vi era necessità, né possibilità di adeguata prova dell’avvenuta consegna.
Capo 9. Somme percepite da DIANA Mario nel corso della XIII legislatura a mezzo di assegni tratti sul c/c n. 70007528 (danno contestato per euro 135.642,86).
La Procura afferma che la documentazione prodotta non consente di ritenere che le spese in questione rientrino tra quelle ammissibili.
Per quanto concerne le spese per l’affitto dell’ufficio politico di Oristano e dei collaboratori di tale ufficio (i coniugi ONNIS), la Procura ribadisce la non utilizzabilità dei contributi assegnati ai Gruppi consiliari per sostenere spese afferenti al partito o a suoi esponenti, sottolineando che il contratto di affitto della sede risulta stipulato con il DIANA senza che sia indicato che egli interviene in qualità di rappresentante del Gruppo.
Relativamente ai compensi corrisposti ad un giornalista per attività di addetto stampa, la Procura sottolinea che le ricevute prodotte sono emesse nei confronti del DIANA (e non del Gruppo) e che la specifica delle prestazioni indicate non consente di comprendere se i comunicati stampa et similia fossero riferiti alle attività del Gruppo o del singolo Consigliere.
Con riguardo alla spesa per un “referente politico per il territorio e collaboratore del partito”, la Procura sottolinea che mancano contratti scritti che consentano di capire quale fosse l’oggetto del rapporto e se esso intercorresse con il Gruppo, ovvero con il partito o con lo stesso Mario DIANA.
Per quanto concerne, infine, l’assegno emesso nei confronti di Mario PILI, la Procura osserva che non v’è alcun elemento che consenta di verificare se la spesa in questione sia davvero riferita alla causale indicata in memoria.
La difesa afferma che la contestazione contenuta nell’invito a dedurre era talmente generica da impedire qualsiasi utile e consapevole controdeduzione e richiama l’eccezione di nullità della citazione.
Sostiene che, in ogni caso, le deduzioni del Procuratore contenute nell’atto di citazione introduttivo sono infondate, in quanto le spese sostenute per i compensi maturati dai coniugi Onnis e Mottura e per l’affitto dell’ufficio politico in Oristano, erano riconducibili all’incarico di capogruppo e che le spese per consulenze e per l’attività di addetto stampa sono sicuramente spese ammissibili.
La causa è stata discussa all’udienza del 6 dicembre 2018, nella quale le parti hanno confermato le conclusioni in atti con le seguenti precisazioni.
Il rappresentante del Pubblico Ministero ha chiesto il rigetto della richiesta di sospensione del giudizio, delle eccezioni di nullità dell’invito a dedurre e dell’atto di citazione e dell’eccezione di prescrizione.
In particolare, ha evidenziato che non sussisterebbe alcuna incertezza in merito alle somme contestate e che l’importo complessivo della citazione sarebbe frutto di un miglior calcolo aritmetico delle diverse voci.
Ha sottolineato che per l’esordio del termine prescrizionale è necessario che la Procura abbia cognizione del danno in tutti i suoi elementi e che la Procura ha avuto piena conoscenza della notitia damni solo a seguito della formulazione della richiesta di rinvio a giudizio in sede penale.
Ha chiesto la condanna per tutte le voci di danno ad esclusione di quella relativa alle fatture Tiscali in quanto dall’esame delle copie prodotte risulta provata l’intestazione al Gruppo consiliare.
L’Avvocato Machiavelli ha insistito per la richiesta di sospensione in attesa del giudicato penale (o, in subordine, di rinvio in attesa del deposito della motivazione della sentenza di I grado); ha eccepito la nullità dell’invito a dedurre e dell’atto di citazione nel suo complesso e con riguardo alle voci di danno n. 1 e n. 9; ha eccepito la prescrizione dell’azione di danno.
Nel merito ha sottolineato che il DIANA è stato assolto con riguardo alle spese telefoniche e all’acquisto dei Rolex e ha chiesto il rigetto della domanda della Procura per infondatezza.
Considerato in
DIRITTO
- Delle questioni pregiudiziali e preliminari.
- Sospensione del giudizio.
La richiesta di sospensione del giudizio in attesa del deposito delle motivazioni del Giudice Penale, ovvero della definitiva definizione di quel giudizio all’esito dei suoi vari gradi, non può essere accolta.
Ai sensi dell’art. 106, comma 1, del codice della giustizia contabile, approvato con d.lgs. n. 174/2016, “Il giudice ordina la sospensione del processo quando la previa definizione di altra controversia civile, penale o amministrativa, pendente davanti a sé o ad altro giudice, costituisca, per il suo carattere pregiudiziale, il necessario antecedente dal quale dipenda la decisione della causa pregiudicata ed il cui accertamento sia richiesto con efficacia di giudicato”.
Come evidenziato dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr., ex plurimis, SS.RR. ordinanze n. 1/2017, n. 6/2018 e n. 9/2018), nel nostro ordinamento vige il principio della reciproca indipendenza dell’azione penale e dell’azione di responsabilità per danni, anche in sede civile (così anche Cass. SS.UU. n. 1768 del 2011). Non è, quindi, possibile identificare nel giudizio penale, ancorché inerente all’accertamento degli stessi fatti oggetto del giudizio di responsabilità amministrativa, una causa pregiudiziale che imponga la sospensione del giudizio di responsabilità, a norma dell’art. 106 del codice della giustizia contabile, atteso che la controversia penale non è pregiudiziale in senso tecnico, non costituendo l’antecedente da cui dipende la definizione del giudizio contabile.
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- Nullità generale dell’atto di citazione
L’eccezione di nullità generale dell’invito a dedurre e conseguente nullità generale dell’atto di citazione, in relazione al fatto che sia nell’invito a dedurre che nell’atto di citazione introduttivo del presente giudizio la somma delle diverse voci di danno lamentate dal Procuratore sarebbe diversa dall’intero ammontare richiesto nelle sue conclusioni, determinando incertezza sulla individuazione e quantificazione del danno, oltre che dei criteri per la sua determinazione, non è fondata.
Ai sensi del d.lgs. n. 174/2016 “L’atto di citazione contiene … l’esposizione dei fatti, della qualità nella quale sono stati compiuti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda (art. 86, comma 2, lettera e) … l’individuazione e quantificazione del danno o l’indicazione dei criteri per la sua determinazione (art. 86, comma 2, lettera f) … La citazione è nulla se è omessa o risulta assolutamente incerta l’identificazione del convenuto … o la sottoscrizione del pubblico ministero” (art. 86, comma 2). “La citazione è altresì nulla qualora non sussista corrispondenza tra i fatti di cui all’art. 86, comma 2, lettera e) e gli elementi essenziali del fatto esplicitati nell’invito a dedurre, tenuto conto degli ulteriori elementi di conoscenza acquisiti a seguito delle controdeduzioni” (art. 87).
Le ipotesi di incertezza e indeterminatezza della domanda determinano la nullità della citazione solo allorquando, per grave imprecisione dell’atto, il convenuto non è posto in condizione di conoscere gli esatti termini della domanda giudiziale e non può, quindi, validamente resistere alle pretese attoree.
L’atto di citazione può essere caducato, per consolidata giurisprudenza (cfr., ex plurimis, C.d.c., Sez. II App., n. 760/2016, Sezione I^ App., nn. 259/2016, 117/2017 e 361/2018), solamente quando sia assolutamente impossibile l’identificazione del petitum e della causa petendi del giudizio, con conseguente negativo riflesso sulla difesa della controparte.
Circostanze insussistenti nella fattispecie all’esame, nella quale semplicemente si riscontrano nell’invito a dedurre minime imprecisioni nel calcolo aritmetico di alcune voci, rettificate e corrette in sede di atto di citazione.
L’eccezione va, pertanto, respinta.
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- Nullità parziale dell’atto di citazione.
- L’eccezione di nullità dell’atto di citazione con riguardo alla voce di danno n. 1 (per somme asseritamente spese senza nessuna documentazione giustificativa, tra il 1° marzo 2009 ed il 31 luglio 2012, per € 179.318,07) per indeterminatezza dell’addebito, non è fondata.
- Nullità parziale dell’atto di citazione.
La circostanza che dall’esame degli atti del fascicolo penale non sia possibile individuare quali siano le spese in questione nell’ambito di tutte quelle sostenute nel lungo arco di tempo considerato, non implica che il convenuto non sia stato posto in condizione di conoscere gli esatti termini della domanda giudiziale e di resistere validamente alle pretese attoree.
La Procura ha contestato il danno corrispondente all’imputazione di cui al capo A, lett. a, pari ad € 179.318,07 (per somme spese senza nessuna documentazione giustificativa, tra il 1° marzo 2009 ed il 31 luglio 2012), con riguardo al quale il DIANA è stato condannato in sede penale.
Il convenuto è stato posto in condizione di conoscere gli esatti termini della domanda giudiziale (ovvero le spese per le quali la procura penale non ha avuto riscontro di alcuna documentazione giustificativa, tra quelle complessivamente sostenute tra il 1° marzo 2009 ed il 31 luglio 2012) e di resistere alle pretese attoree individuando le spese sostenute con dette somme e dimostrando la rispondenza della causale dell’esborso alle finalità connesse al mandato consiliare.
L’eccezione va, pertanto, respinta.
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- L’eccezione di nullità dell’atto di citazione nella parte in cui la Procura contesta la voce di danno n. 9, sanando la carenza iniziale dell’invito a dedurre, senza attribuire al convenuto un nuovo termine ex art. 67 del d.lgs. n. 174/2016, per poter controdedurre compiutamente, non può essere accolta.
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L’atto di citazione contiene, infatti, l’individuazione e quantificazione di detta voce di danno, in quanto, a seguito di deposito di copia degli assegni da parte della Procura, le somme in questione risultano precisamente individuate con il riferimento agli assegni tratti sul c/c intestato al Gruppo di Alleanza Nazionale in favore del DIANA, il cui elenco è contenuto nel foglio 1076 del fascicolo penale.
Il convenuto è stato posto in condizione di conoscere gli esatti termini della domanda giudiziale e di resistere alle pretese attoree.
L’eccezione va, quindi, respinta.
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- Eccezione di prescrizione
L’eccezione di prescrizione dell’azione di responsabilità amministrativo-contabile formulata dalla difesa, che ha affermato che il termine per l’utile esercizio dell’azione risarcitoria ad iniziativa della Procura contabile risulterebbe ampiamente decorso, essendosi il fatto dannoso verificato dal 1° marzo 2009 al 31 luglio 2012, non può essere accolta.
Il P.M., in udienza, ha rappresentato che la Procura ha avuto piena conoscenza della notitia damni solo a seguito della formulazione della richiesta di rinvio a giudizio in sede penale, sottolineando che per l’esordio del termine prescrizionale è necessario che la Procura abbia conoscenza del danno in tutti i suoi elementi attraverso l’esame degli esiti delle indagini.
Dall’esame della documentazione in atti emerge che gli illeciti in questione sono emersi pienamente solo a seguito di una complessa attività investigativa, sfociata nella richiesta di rinvio a giudizio in sede penale.
Le particolari modalità di rendicontazione delle spese effettuate dai Gruppi consiliari, confermano che, in concreto, la possibilità di individuare gli illeciti era estremamente ridotta anche per l’organo deputato alla verifica della legittimità di tali spese (l’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale), non essendo prevista la produzione della relativa documentazione.
Il momento di decorrenza del termine prescrizionale deve, quindi, essere correttamente individuato nella conoscenza da parte della Procura contabile della richiesta di rinvio a giudizio in sede penale del signor Mario DIANA, in quanto solo in quel momento detta Procura ha avuto notizia del danno.
L’eccezione va, pertanto, respinta.
- Del merito della causa.
Per quanto concerne il merito del ricorso, dall’esame degli atti di causa emerge, in via generale ovvero con riguardo all’insieme delle voci di danno contestate, la fondatezza delle prospettazioni della Procura, secondo la quale sarebbe evidente l’impiego delle somme spese dal signor Mario DIANA per finalità del tutto estranee alla cura degli interessi pubblici affidatigli e il doloso sviamento degli atti da lui compiuti rispetto ai più elementari criteri di liceità.
La giurisprudenza di questa Corte è, infatti, univoca in merito alla configurabilità, in astratto, di tale fattispecie di danno erariale e alla perseguibilità delle relative responsabilità amministrativo-contabili.
Pacifica è l’affermazione della natura pubblica dei contributi assegnati ai Gruppi consiliari, nonché della sussistenza di un vincolo di destinazione impresso agli stessi dalla legge regionale.
La giurisprudenza di questa Corte richiede che, oltre all’inerenza con l’attività istituzionale del Gruppo consiliare, sia garantita la legittimità intrinseca della spesa, intesa come rispetto della normativa sostanziale comunque applicabile alla concreta modalità di impiego del contributo scelta dal Gruppo, restando, invece, sottratta al sindacato del giudice contabile ogni valutazione in ordine a utilità, proficuità od economicità delle spese o comunque al merito delle stesse, ove si tratti di spese riconducibili alle esigenze funzionali dell’organo consiliare e, dunque, rientranti nella sfera di autonomia che a questo deve essere garantita.
È stato, inoltre, affermato da questa Sezione che “i contributi assegnati ai gruppi consiliari non possono essere utilizzati, neanche parzialmente, per finanziare, direttamente o indirettamente le spese di funzionamento degli organi centrali e periferici dei partiti o di movimenti politici e delle loro articolazioni politiche o amministrative o di altri rappresentanti interni ai partiti o ai movimenti medesimi o, ancora, ai candidati a qualunque tipo di elezione amministrativa o politica”, precisando che “il contributo per le spese di funzionamento non può essere utilizzato per spese sostenute dal consigliere nell’espletamento del mandato e per altre spese personali del consigliere …” (Sezione giurisdizionale Sardegna n. 229/2014).
Priva di pregio appare l’affermazione della difesa secondo cui il Capogruppo consiliare non era tenuto (anzi gli era addirittura vietato) accertare la veridicità della documentazione di spesa sottopostagli, dovendosi limitare ad un riscontro formale.
La circostanza che la rendicontazione delle spese del Gruppo all’Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale non dovesse essere corredata dalla documentazione giustificativa non implica, infatti, l’inesistenza di obblighi di verifica e controllo in capo il capogruppo.
Anche la giurisprudenza della Suprema Corte ha statuito che il capogruppo consiliare riveste la qualità di pubblico ufficiale esercitando una pubblica funzione che lo rende, tra l’altro, partecipe diretto della procedura di controllo del vincolo di destinazione dei contributi erogati al Gruppo consiliare dall’ente regionale con l’obbligo di rendicontazione e risponde penalmente per peculato per l’utilizzazione dei fondi per finalità estranee a tale vincolo (Cass. Penale Sez. VI n. 1053/2013).
Alla luce della documentazione in atti deve affermarsi, in via generale, che il convenuto ha utilizzato contributi erogati al Gruppo consiliare dalla Regione Autonoma della Sardegna, di sicura pertinenza pubblica e connotati da vincolo di destinazione, per finalità estranee all’attività istituzionale del Gruppo medesimo.
In applicazione della normativa e della giurisprudenza richiamata, i contributi pubblici utilizzati per finalità estranee all’attività istituzionale vanno considerati indebitamente spesi e costituiscono danno erariale.
Tale pregiudizio non può che essere causalmente ricondotto ai comportamenti attivi e omissivi del DIANA, posti in essere nella piena consapevolezza di utilizzare i fondi pubblici ricevuti per finalità ed esigenze personali proprie o di altri consiglieri regionali, oppure a vantaggio del partito politico di appartenenza.
Né sussistono dubbi sul fatto che la condotta complessiva del signor DIANA debba qualificarsi come dolosa, anche in considerazione della circostanza che le somme ricevute sono state utilizzate senza minimamente curarsi della necessità di produrre una documentazione attestante l’uso delle pubbliche risorse (o di richiederla – ove necessario – agli altri consiglieri).
Il dolo c.d. “erariale” va, infatti, inteso come stato soggettivo caratterizzato dalla consapevolezza e volontà dell’azione o omissione contra legem, con specifico riguardo alla violazione delle norme giuridiche che regolano e disciplinano l’esercizio delle funzioni amministrative svolte ed alle conseguenze dannose per le finanze pubbliche.
Nel caso di specie il DIANA aveva sicuramente la consapevolezza di gestire fondi pubblici e dell’obbligo conseguente di rendere conto della gestione delle risorse destinate e vincolate a pubbliche finalità ed ha agito in assoluta noncuranza delle conseguenze pregiudizievoli per le finanze regionali dei comportamenti propri e degli altri consiglieri regionali del Gruppo.
Peraltro, per giurisprudenza costante, il mantenimento di una prassi illegittima non costituisce un’esimente, bensì comporta un aggravio della responsabilità, qualora la peculiare posizione del soggetto agente avrebbe potuto consentire di porre rimedio ad una situazione foriera di grave pregiudizio per le finanze pubbliche (cfr. C.d.C., Sez. II App., n. 539/2013; id. Sez. III App. n. 177/2006).
Dall’esame del fascicolo penale emerge la convinzione del DIANA che fosse assolutamente normale gestire i finanziamenti ricevuti come se si trattasse di fondi propri, utilizzando le somme in questione per esigenze personali proprie o di altri membri del Gruppo, per attività di propaganda elettorale del partito politico di appartenenza o per regali ai consiglieri regionali, ai dipendenti del Gruppo e al personale del servizio di guardiania del Consiglio regionale, al di fuori di ogni previsione normativa e nella totale noncuranza del vincolo di destinazione delle somme medesime.
Lo stesso DIANA ha, infatti, dichiarato, nel corso delle varie udienze penali, che “essendo il Gruppo consiliare una emanazione diretta di un gruppo politico, quindi di un partito, doveva fronteggiare anche le difficoltà nelle quali i partiti si sono trovati a seguito dell’abolizione dei fondi”; che la finalità principale delle risorse era che il Gruppo, in quanto emanazione diretta del partito politico, mantenesse una presenza continua e costante con gli elettori nelle sezioni sparse per il territorio; che le penne erano un “regalo” che tutti i componenti del Gruppo avevano deciso di farsi per la fine dell’anno (circostanza, peraltro, smentita da altri consiglieri sentiti come testimoni, che hanno affermato di non essere stati previamente consultati); che non c’era una giustificazione politica, né tanto meno istituzionale, per l’acquisto dei libri d’arte, se non il fatto che lui era un “collezionista istituzionale”, che doveva “completare il ciclo di pubblicazioni” e che addebitarle al gruppo era un modo per fare “tutto alla luce del sole” (cfr. verbali delle udienze penali del 5 febbraio 2016, del 15 febbraio 2017 e del 17 febbraio 2017).
Con particolare riguardo all’acquisto di libri d’arte, emerge un atteggiamento intenzionalmente volto – senza ombra di dubbio – ad ottenere un arricchimento personale, traendo vantaggio dalla scarsa efficacia dei controlli effettuati dall’organo preposto alla vigilanza sulle spese dei Gruppi, della quale il DIANA era assolutamente consapevole.
Inoltre, poiché l’onere di dimostrare che l’utilizzo delle risorse pubbliche sia avvenuto nel rispetto della legge ed in coerenza con le finalità proprie del contributo erogato è posto dall’ordinamento a carico del percettore delle risorse medesime, l’assenza – con riguardo a numerose voci di danno – di elementi che possano consentire una valutazione della rispondenza in concreto ai fini pubblici degli impieghi posti in essere, impedisce che possa essere riconosciuta l’inerenza alle finalità istituzionali di gran parte delle spese illustrate in dettaglio nell’atto di citazione.
Affermata in via generale la responsabilità a titolo di dolo del signor Mario DIANA, vanno esaminate partitamente nel merito le singole voci di danno azionate dalla Procura seguendo – per ragioni pratiche – la numerazione contenuta nell’atto di citazione.
Capo 1. Spese per complessivi euro 179.318,07 sul c/c bancario intestato al Gruppo prive di dimostrata riconducibilità alle esigenze funzionali dell’organo consiliare.
Dall’esame degli atti del fascicolo penale non è possibile trovare riscontro delle spese in questione.
Priva di pregio risulta la tesi difensiva secondo la quale sarebbe spettato alla Procura attrice individuare quali fossero le spese in questione nel coacervo di tutte quelle sostenute nell’arco di tempo considerato.
Poiché – come si è detto – l’onere di dimostrare che l’utilizzo delle risorse pubbliche sia avvenuto nel rispetto della legge ed in coerenza con le finalità proprie del contributo erogato è posto dall’ordinamento a carico del percettore delle risorse medesime, l’assenza di dimostrazione documentale delle spese effettivamente sostenute, che avrebbe consentito una valutazione della rispondenza in concreto ai fini pubblici degli impieghi posti in essere, impedisce che possa essere riconosciuta l’inerenza alle finalità istituzionali del Gruppo delle spese in questione.
Tale voce di danno è, pertanto, sicuramente ascrivibile alla condotta dolosa del DIANA.
Capo 2. Acquisto di libri in edizione artistica presso “ART’E” con sede a Bologna (danno euro 46.950,82).
La spesa in questione è sicuramente estranea alle finalità di funzionamento del gruppo consiliare ed orientata ad ottenere vantaggi personali.
Dall’esame del fascicolo penale emerge che i libri sono stati acquistati con addebito sul conto corrente del Gruppo per 41.150,82 euro (oltre acconti per 5.800 euro) e che erano nella esclusiva disponibilità del DIANA.
Infatti, otto volumi sono stati rinvenuti dalla Polizia giudiziaria presso un’abitazione di proprietà della moglie del DIANA e un altro è stato consegnato successivamente dall’indagato stesso.
Il DIANA, come si è detto, ha dichiarato, nel corso delle udienze penali, che non c’era una giustificazione politica, né tanto meno istituzionale, per l’acquisto dei libri d’arte.
La circostanza che i libri acquistati siano stati sottoposti a sequestro dal Giudice penale non implica affatto il ristoro del patrimonio dell’Amministrazione.
La difesa non ha fornito alcuna prova che la sentenza emessa dal Tribunale di Cagliari ne abbia disposto la confisca e la restituzione alla Regione Sardegna. Peraltro, anche se i libri acquistati fossero stati effettivamente consegnati alla Regione Sardegna, questo non determinerebbe il venir meno del danno all’erario trattandosi di acquisti assolutamente non inerenti all’esigenze del Gruppo consiliare e della Regione.
Anche tale voce di danno è, pertanto, sicuramente ascrivibile alla condotta dolosa del DIANA.
Capo 3. Pagamento fatture Tiscali (danno euro 756,90).
Il P.M. in udienza ha preso atto che dall’esame delle fatture (riferite agli anni 2011 e 2012) risulta l’indicazione della sede legale del “Gruppo Popolo della Libertà”, via Roma n. 25 Cagliari, e della relativa partita IVA e che si trattava di una linea dati intestata a “gruppopdl@tiscali.it”.
Peraltro, il signor DIANA è stato assolto in sede penale dal reato contestato al capo A, lettera c, relativo alle fatture in questione, perché il fatto non sussiste.
Non appare, quindi, ravvisabile, per la voce in questione, una responsabilità del signor DIANA.
Capo 4. Acquisto di penne di pregio e da collezione e di portafoglio (danno euro 20.523,00).
La spesa è sicuramente estranea alle finalità di funzionamento del gruppo consiliare ed orientata ad ottenere vantaggi personali.
Per quanto concerne le penne acquistate per farne omaggio a relatori invitati a convegni promossi dal Gruppo, si tratta di spese di rappresentanza che, per essere giustificate e non determinare danno all’erario, devono porsi in relazione ad eventi connotati da rilevanza ed ufficialità, atti a promuovere all’esterno l’immagine dell’Ente o dell’organismo interessato; circostanze, queste, che non risultano in alcun modo documentate.
Analoghe considerazioni devono farsi per il portafoglio.
Come già ricordato da questa Sezione (sentenza 229/2014) la giurisprudenza della Corte “ha da sempre considerato onere imprescindibile a carico del soggetto che disponga una spesa di rappresentanza, l’allegazione di “un’adeguata esternazione delle circostanze e dei motivi che hanno giustificato l’esborso in relazione all’esigenza dell’ente di manifestarsi all’esterno, nonché una puntuale dimostrazione documentale degli aspetti soggettivi, temporali e modali della spesa stessa, tale da consentire una valutazione della rispondenza ai fini pubblici, non potendosi pertanto ritenere sufficiente una mera esposizione della spesa in forma generica o globale” (C.d.C., Sez. Veneto n. 456/1996), richiedendo nel contempo, una rigorosa giustificazione delle spese di rappresentanza (e anche di quelle di funzionamento) con analitica indicazione, per ciascuna di esse, delle finalità istituzionali perseguite, del rapporto di pertinenza tra attività dell’ente e spesa, della qualificazione del soggetto destinatario rispetto alla spesa, della sua natura e della sua legittima misura”.
Dall’esame degli atti non è possibile individuare quali siano state le persone dei destinatari e le occasioni nelle quali l’omaggio è stato fatto.
Per quanto concerne le penne destinate ai 31 Consiglieri del Gruppo, si tratta di oggetti di pregio, che non rientrano certamente tra gli ordinari strumenti di lavoro, né tra le spese di rappresentanza ammissibili ai sensi della citata giurisprudenza. Lo stesso DIANA ha dichiarato – come si è detto – che le penne erano un “regalo” che i Consiglieri appartenenti al Gruppo avevano deciso di farsi per la fine dell’anno.
La circostanza che dette penne siano state restituite al capogruppo pro-tempore non implica il venir meno del danno all’erario, sia in quanto la restituzione non è a vantaggio dell’amministrazione regionale, sia perché si tratta in ogni caso di acquisti non ammissibili in quanto non inerenti all’esigenze del Gruppo consiliare e della Regione.
Anche per tale voce di danno deve affermarsi, pertanto, la sussistenza di un danno all’erario ascrivibile alla condotta dolosa del DIANA.
Capo 5. Acquisto di due orologi “Rolex” presso la “Paoletti orologi” (danno contestato per € 6.000,00) e false fatture emesse dalla “Riko service” e dalla “Simba turismo” legalmente rappresentate da Cogoni Riccardo (danno contestato per € 101.898,44).
Dall’esame degli atti di causa appare provato che alle fatture in questione non corrisponde in realtà alcuna prestazione.
Per quanto concerne l’acquisto dei Rolex, dall’esame degli atti del fascicolo penale (in particolare dalla perizia grafologica) emerge che l’assegno utilizzato è stato compilato da altro soggetto, firmato dal convenuto e successivamente falsificato, con sostituzione del nominativo del beneficiario (da “Riko service” a “Paoletti orologi”).
Risulta, inoltre, che il signor Mario DIANA è stato assolto in sede penale dal relativo capo di imputazione per non aver commesso il fatto. Pertanto, pur emergendo, dalla ricostruzione della vicenda, una condotta certamente negligente del convenuto, per tale voce deve escludersi la sussistenza di un danno all’erario addebitabile al convenuto medesimo sia pure a titolo di colpa grave.
Per quanto riguarda le fatture emesse dalla “Riko service” e dalla “Simba turismo”, che sono risultate false, non può dirsi provato che le relative spese siano state effettuate dal DIANA con la consapevolezza della falsità delle fatture prodotte dalle società.
Poiché – come si è detto – l’onere di dimostrare che l’utilizzo delle risorse pubbliche sia avvenuto nel rispetto della legge ed in coerenza con le finalità proprie del contributo erogato è posto dall’ordinamento a carico del percettore delle risorse medesime, l’assenza di elementi documentali che possano consentire una valutazione della rispondenza in concreto ai fini pubblici degli impieghi realmente posti in essere impedisce che possa essere riconosciuta una inerenza alle finalità istituzionali delle spese in questione.
Priva di pregio risulta la tesi difensiva secondo la quale il Capogruppo non fosse tenuto ad accertare la veridicità della documentazione di spesa sottopostagli (anzi gli fosse vietato farlo), dovendosi limitare ad un mero riscontro formale (corrispondenza della cifra e del nominativo del beneficiario indicati nella fattura con quelli riportati nell’assegno predisposto dalla Segreteria del Gruppo), in quanto proprio al DIANA facevano capo le ineludibili responsabilità che competono a coloro che gestiscono fondi pubblici a destinazione vincolata.
Peraltro, per alcune delle fatture in questione, l’importo della spesa appare spropositato e assolutamente inverosimile avuto riguardo all’oggetto della fornitura (si vedano, per esempio, le fatture per biglietti augurali del dicembre 2009 per un importo complessivo di 26.400 euro).
Come si è detto, la circostanza che la rendicontazione delle spese del Gruppo all’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale non dovesse essere corredata della documentazione giustificativa, non implica certamente una implicita autorizzazione all’uso imprudente e sconsiderato del denaro pubblico.
Anche per la voce di danno relativa alle false fatture emesse dalla “Riko service” e dalla “Simba turismo” (per euro 101.898,44) deve affermarsi, pertanto, la sussistenza di un danno all’erario ascrivibile alla condotta dolosa del DIANA.
Capo 6. Pagamenti in favore dell’associazione politico-culturale IdealMENTE (danno euro 27.000,00).
La spesa in questione è sicuramente estranea alle finalità di funzionamento del gruppo consiliare ed orientata ad ottenere vantaggi personali, in quanto si tratta di somme pagate sulla base di fatture emesse dalla suddetta associazione a fronte dell’asserita organizzazione di una serie di incontri di formazione politico-culturale o di attività convegnistica, il cui effettivo svolgimento non è risultato in alcun modo documentato.
L’ordinamento pone a carico del percettore delle risorse pubbliche l’onere di dimostrare che l’utilizzo delle risorse medesime sia avvenuto nel rispetto della legge ed in coerenza con le finalità proprie del contributo erogato. Orbene, con riguardo ai pagamenti in questione, non può dirsi in alcun modo provata l’inerenza della spesa alle finalità istituzionali del gruppo, in quanto l’assenza di dimostrazione documentale delle spese effettivamente sostenute non consente una valutazione della rispondenza in concreto ai fini pubblici degli impieghi posti in essere.
Anche per tale imputazione deve affermarsi, pertanto, ai sensi della giurisprudenza già richiamata, la sussistenza di un danno all’erario ascrivibile alla condotta dolosa del DIANA.
Capo 7. Somme ottenute attraverso ricevute e fatture per prestazioni mai eseguite o diverse da quelle effettive.
Come si è detto, la Procura contesta al DIANA di essersi appropriato, tra il 19 marzo 2009 e l’11 giugno 2012, di una somma di euro 82.000,00, richiedendo e ottenendo, direttamente o con il contributo di altri consiglieri del Gruppo, ricevute e fatture per prestazioni in realtà non eseguite, ovvero per prestazioni diverse (per qualità, quantità e costo) da quelle effettive. Le contestazioni del P.M. contabile sono esplicitate nelle sotto-voci in cui si articola il capo 7:
Voce 7.1. Prestazioni occasionali.
A) MOTTURA Maria Giulia e ONNIS Ettore (danno euro 68.000,00).
Dall’esame del fascicolo penale (in particolare dei verbali delle testimonianze rese dagli interessati nel corso delle udienze) emerge incontestabilmente che i coniugi ONNIS, residenti in Oristano, avevano con il DIANA un consolidato rapporto – non regolato da alcun contratto – per servizi di segreteria, facchinaggio e piccole ristrutturazioni di un immobile destinato a sede temporanea del partito, presso una proprietà dell’Arcivescovado, a Oristano, per il quale percepivano circa 700 euro al mese.
Risulta provato che il DIANA si avvaleva della collaborazione dei due coniugi per le esigenze del proprio ufficio politico personale in Oristano, ovvero per attività estranee all’attività politico istituzionale del Gruppo e legate, invece, per sua espressa ammissione, all’attività politica e di campagna elettorale personale e del partito politico di riferimento per le elezioni politiche, amministrative, regionali e comunali (cfr. verbale dell’udienza penale del 15 febbraio 2017).
Senonché, come si è detto, “i contributi assegnati ai gruppi consiliari non possono essere utilizzati, neanche parzialmente, per finanziare, direttamente o indirettamente le spese di funzionamento degli organi centrali e periferici dei partiti o di movimenti politici e delle loro articolazioni politiche o amministrative o di altri rappresentanti interni ai partiti o ai movimenti medesimi o, ancora, ai candidati a qualunque tipo di elezione amministrativa o politica.” (Sezione giurisdizionale Sardegna n. 229/2014).
Anche per tale voce deve affermarsi, pertanto, la sussistenza di un danno all’erario ascrivibile alla condotta dolosa del DIANA.
B) GASBARRI Alessandra (danno euro 14.000,00).
Dall’esame degli atti emerge che la GASBARRI ha percepito un compenso complessivo di euro 14.000,00 per una attività di ricerca di materiali di supporto per proposte di legge che eventualmente avrebbero formato oggetto di iniziativa da parte del Gruppo PDL.
Con riguardo a detta attività risulta provata la carenza di qualsivoglia traccia documentale, nonostante la natura stessa delle consulenze in oggetto presupponga la predisposizione di testi e documentazione di supporto.
Risulta, in merito, che tra il Gruppo PDL e la GASBARRI non è stato stipulato alcun contratto (mentre, ai sensi l’art. 4 della legge regionale n. 37/1995, la consulenza avrebbe dovuto adottarsi con contratti aventi forma scritta).
Non è, pertanto, possibile accertare se le prestazioni indicate, ammesso che siano state effettivamente rese, fossero realmente effettuate a beneficio del Gruppo consiliare.
Anche per tale imputazione deve affermarsi, pertanto, la sussistenza di un danno all’erario ascrivibile alla condotta dolosa del DIANA.
Voce 7.2. Convegni ed eventi (danno euro 156.147,50).
La difesa non ha fornito alcuna prova dell’asserito effettivo svolgimento degli eventi e dei convegni ai quali si riferirebbero le contestate fatture di alberghi e ristoranti. Non risulta, pertanto, possibile accertare se le prestazioni rese e/o fatturate siano state effettivamente effettuate a beneficio del Gruppo consiliare.
L’onere di dimostrare che l’utilizzo delle risorse pubbliche è avvenuto nel rispetto della legge ed in coerenza con le finalità proprie del contributo erogato è posto dall’ordinamento a carico del percettore delle risorse medesime. Pertanto, la carenza di dimostrazioni documentali delle spese effettivamente sostenute e la conseguente impossibilità di una valutazione della rispondenza in concreto ai fini pubblici degli impieghi posti in essere impediscono che possa essere riconosciuta l’inerenza alle finalità istituzionali delle spese in questione.
Il danno all’erario, pertanto, sussiste ed è ascrivibile alla condotta dolosa del DIANA.
Voce 7.3. Consulenze (danno euro 12.000,00).
Dall’esame degli atti emerge che le ricerche svolte dalla Polizia giudiziaria riguardanti la documentazione relativa alle consulenze effettuate da “GruppoMISTO Comunicazione” nel 2010 in relazione a due proposte di legge (rotatorie e taxi Rosa) non hanno dato alcun esito.
Considerato che la natura stessa delle consulenze in oggetto presuppone la predisposizione di testi e documentazione di supporto, deve ritenersi che dette prestazioni non siano state in realtà effettuate.
Anche per tale voce deve affermarsi, pertanto, per le motivazioni precedentemente illustrate, la sussistenza di un danno all’erario ascrivibile alla condotta dolosa del DIANA.
Capo 8. Acquisti vini, formaggi, riso (danno euro 3.525,18).
La spesa in questione è sicuramente estranea alle finalità di funzionamento del gruppo consiliare ed orientata ad ottenere vantaggi personali, in quanto si tratta di somme pagate per omaggi effettuati a vantaggio di destinatari sconosciuti per scopi sicuramente esulanti dai compiti del gruppo medesimo.
Priva di pregio appare la prospettazione della difesa secondo la quale dette elargizioni rientrerebbero tra le spese di rappresentanza e, trattandosi di omaggi natalizi di modico valore, non era realisticamente possibile ottenere ricevute dai destinatari.
Come si è detto, per consolidata giurisprudenza, costituisce onere imprescindibile a carico del soggetto che disponga una spesa di rappresentanza, l’allegazione di un’adeguata esternazione delle circostanze e dei motivi che hanno giustificato l’esborso in relazione all’esigenza dell’ente di manifestarsi all’esterno, nonché una puntuale dimostrazione documentale degli aspetti soggettivi, temporali e modali della spesa stessa, tale da consentire una valutazione della rispondenza ai fini pubblici.
Anche per tale imputazione deve affermarsi, pertanto, la sussistenza di un danno all’erario ascrivibile alla condotta dolosa del DIANA.
Capo 9. Somme percepite da DIANA Mario nel corso della XIII legislatura a mezzo di assegni tratti sul c/c n. 70007528 (danno euro 135.642,86).
Dall’esame degli atti emerge che si tratta di spese – sostenute con assegni tratti sul conto corrente personale del DIANA, il quale poi ne disponeva il rimborso sul conto corrente intestato al Gruppo – certamente non rientranti tra quelle ammissibili, in quanto estranee alle finalità di funzionamento del Gruppo consiliare ed orientate ad ottenere vantaggi personali.
Per quanto concerne le spese per l’affitto dell’ufficio politico di Oristano e per la retribuzione dei collaboratori di tale ufficio (i coniugi ONNIS), risulta provato che il contratto di affitto della sede è stato stipulato con il DIANA e che presso detto ufficio si svolgeva attività politica e di campagna elettorale a favore del DIANA e del partito politico di riferimento.
Con riguardo ai compensi corrisposti ad un giornalista per attività di addetto stampa, risulta che le ricevute prodotte sono emesse nei confronti del DIANA (e non del Gruppo) e non ci sono elementi che consentano di ricondurre i comunicati stampa et similia alle attività del Gruppo o del singolo Consigliere.
Per quanto concerne la spesa per un “referente politico per il territorio e collaboratore del partito”, manca un contratto scritto che consenta di capire quale fosse l’oggetto del rapporto e se esso intercorresse con il Gruppo ovvero con il partito o con lo stesso DIANA.
Si tratta, quindi, di spese che verosimilmente sono state sostenute a vantaggio non del Gruppo consiliare, bensì del partito politico di appartenenza e per le quali il DIANA non ha prodotto dimostrazione che l’utilizzo delle risorse pubbliche sia avvenuto nel rispetto della legge ed in coerenza con le finalità proprie del contributo erogato.
Anche per tale voce deve affermarsi, pertanto, la sussistenza di un danno all’erario ascrivibile alla condotta dolosa del DIANA.
3. Il danno complessivamente ascrivibile alla condotta dolosa del convenuto è quindi così composto:
- Spese sul c/c bancario intestato al Gruppo prive di dimostrata riconducibilità alle esigenze funzionali dell’organo consiliare (euro 179.318,07),
- Acquisto di libri in edizione artistica presso “ART’E” con sede a Bologna (euro 46.950,82),
- Acquisto di penne di pregio e da collezione (euro 20.523,00),
- False fatture emesse dalla “Riko service” e dalla “Simba turismo” legalmente rappresentate da Cogoni Riccardo (euro 101.898,44),
- Pagamenti in favore dell’associazione politico-culturale IdealMENTE (euro 27.000,00),
- Somme ottenute attraverso ricevute e fatture per prestazioni mai eseguite o diverse da quelle effettive:
- Prestazioni occasionali:
A) MOTTURA Maria Giulia e ONNIS Ettore (euro 68.000,00),
B) GASBARRI Alessandra (euro 14.000,00),
- Convegni ed eventi (euro 156.147,50),
- Consulenze (euro 12.000,00),
- Acquisti vini, formaggi, riso (euro 3.525,18),
- Somme percepite da DIANA Mario nel corso della XIII legislatura a mezzo di assegni tratti sul c/c n. 70007528 (euro 135.642,86),
per un totale complessivo di euro 765.005,87.
Conclusivamente, il danno erariale va ascritto al convenuto, signor Mario DIANA, a titolo di dolo, e va emessa pronuncia di condanna a favore del pubblico erario creditore, per il definitivo importo di 765.005,87 euro.
Su detta somma, per la quale va pronunciata condanna, è altresì dovuta, in conformità al prevalente indirizzo di questa Corte, la rivalutazione monetaria, da calcolarsi secondo indici ISTAT a decorrere, per ragioni eminentemente pratiche (stante la difficoltà di ricostruire in dettaglio la data dei singoli pagamenti), dal 31 luglio 2012 (data di cessazione del DIANA dall’incarico di capogruppo) e fino alla pubblicazione della presente sentenza.
Dalla data di detta pubblicazione e sino al soddisfacimento del credito sono altresì dovuti, sulla somma come sopra rivalutata, gli interessi nella misura del saggio legale fino all’effettivo pagamento.
Le spese seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 31, comma 1, del codice della giustizia contabile approvato con D.lgs. n. 174 del 2016.
PER QUESTI MOTIVI
la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna, definitivamente pronunciando, condanna il signor Mario DIANA al pagamento, a favore del pubblico erario e segnatamente della Regione Autonoma della Sardegna, della somma complessiva di 765.005,87 euro (diconsi euro settecentosessantacinquemilaecinque/87) oltre rivalutazione monetaria e interessi legali da calcolarsi nel modo e con le decorrenze precisati in motivazione;
condanna il convenuto al pagamento delle spese processuali che si liquidano in in €. 2.812,90 (duemilaottocentododici/90).
Così deciso in Cagliari, nella camera di consiglio del 6 dicembre 2018.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Lucia d’Ambrosio Angela Silveri
Depositata in Segreteria il 16 gennaio 2019