Responsabilità e obbligo di restituzione dei contributi ai gruppi consiliari regionali

La Sezione giurisdizionale Piemonte interviene sulle responsabilità eventualmente collegate alla mancata restituzione di contributi dei gruppi consiliari a seguito di delibera del controllo

sentenza Sezione Piemonte 37/2017 si trova in calce o qui

 

Il sistema di verifica delle spese rendicontate dai gruppi consiliari risulta congeniato su un duplice piano: quello diretto al recupero delle somme relative alle spese dichiarate irregolari, che fa carico al consiglio regionale ed ha come destinatario il gruppo consiliare beneficiario dei contributi, e quello (ulteriore) giudiziario che può colpire l’agente pubblico che si sia reso responsabile dell’effettuazione con dolo o colpa grave delle spese irregolari, secondo il regime proprio della responsabilità amministrativa.

Sotto il primo aspetto il controllo di regolarità affidato alla Sezione di controllo, ove si traduca in un accertamento definitivo di irregolarità, fa nascere ex lege un obbligo restitutorio che comporta a carico del presidente del consiglio regionale un dovere di attivazione per il recupero delle somme dovute.

E’ una forzatura connotare il mero inadempimento dell’obbligo legale di restituzione da parte del presidente del gruppo consiliare (nella sua qualità di rappresentante legale del gruppo) come condotta ex se rilevante ai fini della affermazione di una responsabilità amministrativa. Detto obbligo di restituzione, deve infatti essere puntualmente garantito secondo i principi civilistici, a prescindere dall’accertamento dello stato soggettivo del debitore.

L’accertamento della irregolarità (che in origine comportava anche l’applicazione di una sanzione quale la decadenza, per l’anno in corso, dal diritto alla erogazione di risorse da parte del consiglio regionale, giusta la previsione dell’art. 1, comma 11 D.L. n. 174/2012 cit., poi dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale con sentenza n. 39/2014) rende doverosa l’attivazione delle iniziative di recupero delle somme dovute e ciò a prescindere dai profili (di specifica pertinenza del PR) concernenti l’illecita utilizzazione dei fondi rispetto ai fini istituzionali.

In altri termini, ove inadempiuto l’obbligo di restituzione delle somme dovute, il soggetto legittimato può attivare, ove ne abbia interesse, al solo fine dell’ottenimento di un titolo esecutivo giudiziale, un giudizio ad istanza di parte ex art. 172 lett. d) CGC innanzi alla competente Sezione giurisdizionale regionale, mentre il PR può configurare l’erogazione della spesa già riconosciuta irregolare (anche) come danno erariale risarcibile imputabile a titolo di dolo o colpa grave a coloro che l’hanno disposta sulla base della disciplina della responsabilità amministrativa.

In base allo specifico petitum ed alla causa petendi, si dichiara l’inammissibilità dell’azione intrapresa per difetto di legittimazione attiva del Procuratore Regionale, restando impregiudicate le diverse (eventuali) iniziative giudiziali di spettanza del medesimo in relazione a profili di danno erariale collegati alla fattispecie de qua.

 

                         REPUBBLICA ITALIANA       SENT. N. 37/17

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE

PER LA REGIONE PIEMONTE

composta dai seguenti Sigg. Magistrati:

Cinthia PINOTTI                Presidente

Tommaso PARISI               Consigliere

Walter BERRUTI                Consigliere relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 19997/R instaurato con atto di citazione del Procuratore regionale del 24 marzo 2016, depositato l’8 aprile 2016, nei confronti di 

omissis

Uditi alla pubblica udienza del giorno 16 marzo 2017, con l’assistenza del Segretario Sig. Renzo PIASCO, il relatore Consigliere Dott. Walter BERRUTI, il Pubblico Ministero nella persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Ivano MALPESI e l’Avv. omissis per il convenuto.

Esaminati gli atti.

Rilevato in

FATTO

Con atto di citazione notificato in data 9 maggio 2016 il Procuratore Regionale espone che la locale Sezione di controllo della Corte con le deliberazioni del 17 aprile 2014 n. 79 e del 21 aprile 2015 n. 61 ha dichiarato, ai sensi dell’art. 1, commi 10 del D.L. n. 174/2012 conv. in L. n. 213/2012, l’irregolarità dei rendiconti di esercizio del gruppo consiliare regionale Progett’Azione rispettivamente per il 2013 e per il 2014.  Il conseguente obbligo di restituire le somme ricevute a carico del bilancio del consiglio regionale e non regolarmente rendicontate, sancito dai commi 11 e 12 del citato D.L., per un ammontare totale di euro € 26.841,50, non è stato tuttavia adempiuto. 

Per il pagamento di tale importo è stato quindi convenuto nel presente giudizio il presidente del gruppo suddetto. Come di evince dalla delibera l’irregolare rendicontazione trae origine, per il 2013, da una serie di spese di ristorazione non collegate all’attività istituzionale del gruppo e, per il 2014, oltre che dalla mancata restituzione dell’importo già dichiarato irregolare per il 2013, dalla spesa per un incarico di consulenza finalizzato all’elaborazione di una proposta di legge, ritenuto irregolare in quanto affidato dopo l’annullamento delle elezioni regionali da parte del giudice amministrativo, dunque in un regime di prorogatio che avrebbe consentito  i soli atti di ordinaria amministrazione e quelli indifferibili ed urgenti.

Tali irregolarità, e il conseguente obbligo restitutorio, secondo la Procura, sono divenuti incontrovertibili non avendo il gruppo impugnato la predetta deliberazione della Sezione di controllo, ne’ avanti le SS.RR con lo speciale procedimento introdotto dall’art.  33 comma 2 del D. L. 24 giugno 2014 n. 91 conv. in L. 11 agosto 2014 n. 116 (che ha modificato il comma 12 del citato art. 1 del D.L. n. 174/2012), nè con altri mezzi di tutela giurisdizionale.

Ravvisata l’intenzionalità dell’inadempimento dell’obbligo restitutorio, e quindi la ricorrenza dell’elemento soggettivo del dolo, ovvero in subordine della colpa grave, in capo al convenuto, quale presidente del gruppo consiliare interessato e titolare di rapporto di servizio con il Consiglio regionale per la gestione dei fondi pubblici destinati al funzionamento dei gruppi consiliari, parte attrice ne chiede la condanna al pagamento delle somme non restituite, maggiorate degli accessori.

Il convenuto si è ritualmente e tempestivamente costituito chiedendo il rigetto della domanda. In sintesi, come meglio e più ampiamente descritto nella comparsa di costituzione, non viene contestata la definitività delle deliberazioni della Sezione di controllo e quindi dell’accertamento circa la irregolarità delle spese quanto la ricorrenza dell’elemento soggettivo, sia del dolo che della colpa grave, in capo al presidente del gruppo in ordine alle spese dichiarate irregolari, disposte in buona fede e nella presunzione della loro legittimità e ciò sia con riferimento alle spese di ristorazione che a quelle inerenti l’affidamento della consulenza.

Rileva che, comunque, l’importo erogato non potrebbe considerarsi danno erariale solo perché ritenuto irregolare, dovendosi tenere conto dei vantaggi conseguiti dall’Ente, che ha utilizzato la consulenza nella legislatura successiva per la presentazione di un progetto di legge rileva inoltre che si dovrebbe scomputare dal danno addebitabile al convenuto la quota riconducibile al concorso causale degli altri componenti il gruppo consiliare. Conclude quindi per l’assoluzione e, in subordine, per la riduzione dell’addebito.

All’esito dell’udienza di discussione del 15 dicembre 2016 il Collegio ha adottato ordinanza ex art. 101 c.p.c., così come richiamato dagli artt. 7, comma 2 e 91, comma 5 del c.g.c., in ordine a questione, rilevata d’ufficio. In particolare è stato concesso alle parti un termine per note al fine di chiarire, anche all’esito della discussione intervenuta in dibattimento, se la domanda del PR sia stata fondata solo sul mancato adempimento di obbligazioni nascenti ex lege, ovvero si configuri come ordinaria azione responsabilità amministrativa fondata sulla assunzione gravemente colposa da parte del convenuto di una spesa ritenuta illegittima (rectius: irregolare) in sede di controllo sui rendiconti.

Le parti, pubblica e privata, hanno depositato memorie in data 23 febbraio 2017. Entrambe sostengono l’esistenza della giurisdizione della Corte dei conti sulla domanda così come proposta, nonché l’ammissibilità di questa.

La Procura richiama la pronuncia della Corte costituzionale n. 39/2014 sull’afferenza alla contabilità pubblica dell’obbligo di regolarizzazione del rendiconto del gruppo consiliare dichiarato irregolare dalla Sezione di controllo nonché quella delle Sezioni riunite della Corte dei conti n. 54/2014 che ha affermato la giurisdizione contabile sulla impugnazione delle deliberazioni di irregolarità delle Sezioni regionali di controllo: da queste pronunce si evincerebbe l’intento del legislatore di collegare strettamente la funzione di controllo con quella giurisdizionale.  Osserva il PR che la finalità restitutoria non è estranea alla responsabilità amministrativo-contabile, di cui conosce sicuramente la Corte dei conti quale giudice naturale, anzi ne condivide lo scopo di ripristino e salvaguardia degli equilibri di finanza pubblica. Per fondare la giurisdizione contabile è infatti sufficiente allegare una fattispecie riconducibile allo schema del rapporto di servizio del suo preteso autore, ciò che si verifica, ad esempio, per i privati destinatari di contributi pubblici per la realizzazione di finalità legalmente definite. Un rapporto di servizio è senz’altro ravvisabile in capo al presidente del gruppo consiliare, che, anche se sottratto alla giurisdizione di conto, resta assoggettato alla responsabilità amministrativa, così come chiarito da Corte cost. n. 107/2015 e da SS. RR. n. 30/2014. La fattispecie all’esame, in sostanza, basa la responsabilità amministrativa non sulla irregolarità della spesa ma solo ed esclusivamente sull’inadempimento all’obbligo di restituzione delle partite del rendiconto già vagliate e dichiarate irregolari dalla Sezione di controllo della Corte. A conforto di tale configurazione milita la sentenza della Sezione Friuli V.G. n. 52/2015, che, in analoga fattispecie, ha ritenuto la propria giurisdizione ravvisando l’esigenza, di cui sarebbero espressione diverse recenti fattispecie legislative di responsabilità amministrativa c.d. tipizzata, di rafforzare i profili sanzionatori, di deterrenza e restitutori dell’attività di controllo svolta dalle Sezioni regionali, esigenza che si realizzerebbe appieno solo attribuendo alla Corte dei conti anche la fase di attuazione, in via autoritativa, delle delibere adottate in sede di controllo.  Infine parte pubblica ha precisato che la domanda proposta ha ad oggetto l’accertamento dell’inadempimento di un obbligo normativo, discendente dall’art. 1, comma 11 del D.L. n. 174/2012 e costituente obbligo di servizio del convenuto, ed implica la verifica degli elementi costitutivi della responsabilità amministrativa, tra cui, in particolare, l’elemento soggettivo, verifica che sarebbe connaturata anche all’azione da inadempimento contrattuale ex artt. 1218 e 1176 cod. civ.

La difesa, dal canto suo, ha rimarcato innanzitutto che la prospettazione accusatoria comporta dubbi sulla effettiva esistenza di un potere giurisdizionale e decisionale della Corte. La giurisdizione contabile sarebbe peraltro sussistente, essendo la materia dei rendiconti annuali di esercizio dei gruppi consiliari indubbiamente afferente la contabilità pubblica, così come confermato dalla Corte costituzionale (n. 39/2014); difetterebbe tuttavia la fondatezza dell’azione che non dovrebbe porre a base solo un inadempimento (colpevole) all’obbligo restitutorio, ma dovrebbe muovere dall’accertamento dell’elemento soggettivo e del danno effettivo in ordine alla erogazione della spesa, da valutarsi alla luce dei peculiari istituti della compensatio lucri cum damno e del potere riduttivo e con riferimento ad ogni singola fattispecie di spesa.

Nella discussione orale il P.M. e la difesa hanno ampiamente illustrato le reciproche posizioni e confermato le conclusioni contenute in atti.

La causa è stata quindi trattenuta a decisione.

Considerato in

DIRITTO

In via pregiudiziale, il Collegio ritiene doversi pronunciare sulla questione attinente la sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti nella controversia in esame, questione rilevata d’ufficio e sulla quale è stato provocato e si è svolto il contraddittorio delle parti ai sensi dell’art. 101 c.p.c.

Il Collegio, esaminate le articolate argomentazioni fornite dalle parti, entrambe a sostegno dell’esistenza della giurisdizione contabile nella materia de qua, ritiene di poterle condividere e conseguentemente di dover affermare che le controversie afferenti la mancata restituzione dei contributi erogati ai gruppi consiliari a carico del bilancio del consiglio regionale, la cui rendicontazione è stata dichiarata non regolare con una deliberazione della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti ai sensi dell’art. 1, comma 12 del D.L. n. 174/2012, vanno ritenute devolute alla giurisdizione della stessa Corte.

A sostegno di tale conclusione depongono le seguenti considerazioni.

Con il richiamato D.L., convertito in L. n. 213/2012, è stata attribuita alle Sezioni regionali di controllo (art. 1, commi 10 – 12) la verifica della regolarità dei rendiconti annuali di esercizio dei gruppi consiliari costituiti presso i consigli regionali. L’originario impianto normativo è stato in parte modificato per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 39/2014, che ha dichiarato la parziale incostituzionalità dei commi 10, 11 e 12 dell’art. 1 del D.L. n. 174/2012. Per quanto qui interessa, nei casi in cui la Sezione regionale di controllo accerti la non regolarità del rendiconto di un gruppo consiliare, non è più prevista la decadenza del diritto all’erogazione delle risorse da parte del consiglio regionale, ma unicamente l’obbligo di restituzione delle somme ricevute a carico del bilancio regionale ex art. 1, co. 11 del D.L. cit.  

La ratio delle disposizioni introdotte dall’art. 1 del D.L. n. 174/2012, per quanto si desume dalla stessa formulazione del comma 1 della norma citata, è quella di adeguare, ai sensi degli artt. 28, 81, 97, 100 e 119 Cost., il controllo della Corte dei conti sulla gestione finanziaria delle regioni ad un maggiore e più incisivo coordinamento della finanza pubblica, in particolare tra i livelli di governo statale e regionale, e di garantire il rispetto dei vincoli finanziari derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea.

In tale quadro si inserisce il nuovo controllo di cui all’art. 1, commi 10 – 12 cit. sul rendiconto di ciascun gruppo dei consigli regionali, che costituisce parte necessaria del rendiconto regionale, nella misura in cui le somme da tali gruppi acquisite e quelle restituite devono essere conciliate con le risultanze del bilancio regionale (cfr. Corte cost. sent. n. 39/2014).   

Tale disciplina appare pertanto logicamente connaturata alle “materie di contabilità pubblica” di cui all’art. 103, comma secondo Cost. (cfr. SS.RR. n. 29/2014), tanto che anche l’impugnazione delle deliberazioni delle Sezioni regionali di controllo dichiarative della non regolarità dei rendiconti in parola, ancor prima che l’art. 33, comma 2, lett. a), n. 3 del D.L. n. 91/2014, conv. in L.  n. 116/2014, provvedesse alla formale attribuzione, è stata ritenuta appartenente alla giurisdizione contabile (cfr. SS.RR. n. 54/2014).

Nell’ambito di tale materia, proprio in considerazione della sua specialità, vanno ricomprese anche le questioni afferenti gli effetti ripristinatori e restitutori che conseguono, ai sensi della normativa citata, alla dichiarazione di irregolarità del rendiconto. Il legislatore infatti ha espressamente previsto che la delibera di non regolarità del rendiconto da parte della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti comporti “l’obbligo di restituire le somme ricevute a carico del bilancio del consiglio regionale e non rendicontate” (art.1, commi 11 e 12 D.L. n. 174 cit.), nell’evidente perseguimento della comune finalità di garanzia dell’integrità del bilancio pubblico (cfr. Sez. Friuli V.G. n. 52/2015).

Affermata la giurisdizione il Collegio ritiene altresì che la domanda, per come prospettata, rientra appieno nell’ambito del potere di cognizione del giudice contabile, che in relazione alla condizione soggettiva del convenuto è preclusa solo nelle ipotesi di responsabilità strettamente contabile, atteso che per i presidenti dei gruppi consiliari regionali è stata esclusa, quanto alla gestione dei contributi pubblici, la loro qualificabilità come agenti contabili e la loro assoggettabilità al giudizio di conto (C. cost. nn. 107 e 235/2015; SS.RR. n. 30/2014) ferma restando la loro assoggettabilità ad un giudizio di responsabilità amministrativa.

Tuttavia è proprio la configurabilità della fattispecie de qua in termini di responsabilità amministrativa il fatto di cui la Sezione ha motivatamente ragione di dubitare, atteso che appaiono ben distinti gli effetti giuridici (certi) che derivano dall’accertamento della irregolarità delle spese rispetto alle valutazioni (eventuali) rimesse al PR e poi al Giudice circa la configurabilità di una responsabilità amministrativa derivante dalla illegittima assunzione della spesa.

Di ciò vi è del resto piena consapevolezza nelle motivazioni delle deliberazioni della Sezione regionale di controllo del Piemonte del 17 aprile 2014 n. 79 e del 21 aprile 2015 n. 61, che hanno dichiarato, ai sensi dell’art. 1, commi 10 del D.L. n. 174/2012 conv. in L. n. 213/2012, l’irregolarità dei rendiconti di esercizio del gruppo consiliare regionale Progett’Azione rispettivamente per il 2013 e per il 2014, che espressamente dispongono “la trasmissione della presente delibera, corredata delle relative schede, al Presidente del Consiglio Regionale per il recupero delle somme relative alle spese dichiarate irregolari, ed alla Procura Regionale in sede per le valutazioni di competenza in ordine alla economicità e ragionevolezza delle spese”.

Il sistema risulta dunque congeniato su un duplice piano: quello diretto al recupero delle somme relative alle spese dichiarate irregolari, che fa carico al consiglio regionale ed ha come destinatario il gruppo consiliare beneficiario dei contributi, e quello (ulteriore) giudiziario che può colpire l’agente pubblico che si sia reso responsabile dell’effettuazione con dolo o colpa grave delle spese irregolari, secondo il regime proprio della responsabilità amministrativa.

Sotto il primo aspetto il controllo di regolarità affidato alla Sezione di controllo, ove si traduca in un accertamento definitivo di irregolarità, fa nascere ex lege un obbligo restitutorio che comporta a carico del presidente del consiglio regionale un dovere di attivazione per il recupero delle somme dovute.

Tuttavia è da osservare che così come la dichiarazione di regolarità non vale di per sé ad escludere che possano sussistere responsabilità amministrative, rimesse alla valutazione del Procuratore contabile, altrettanto è da rilevare per la pronuncia di irregolarità (che potrebbe essere dichiarata anche per aspetti solo formali) delle singole spese, la quale non determina automaticamente una responsabilità amministrativa per la loro erogazione in assenza dei presupposti che qualifichino (anche) come illecita la condotta. In altri termini gli esiti degli accertamenti compiuti dalla Sezione del controllo non si riverberano in modo diretto ed automatico nel giudizio di responsabilità amministrativa.

Ciò del resto è ben presente nelle stesse motivazioni delle delibere della Sezione di controllo nn. 17/2014 e 61/2015 che sul punto rilevano: “… la Sezione non può esimersi dal rilevare che la natura del controllo sui rendiconti così come strutturato dalla legge n. 213/2012, ed ii conseguente limitato perimetro dei compiti della Sezione di controllo, non necessariamente coincidono con i limiti del sindacato sulla discrezionalità amministrativa, in particolare sotto i profili della ragionevolezza e dell’arbitrarietà delle spese, propri delle Procure contabili. Ogni valutazione di regolarità effettuata nella presente procedura, pertanto, deve intendersi riferita entro parametri meramente documentali e contabili, questi costituendo la latitudine oggettiva del controllo sui rendiconti consiliari attribuito, in questa fase, alla magistratura contabile”.

Il che è coerente con il fatto che “il sindacato della Corte dei conti assume come parametro, la conformità del rendiconto al modello predisposto in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome, e deve pertanto ritenersi documentale, non potendo addentrarsi nel merito delle scelte discrezionali rimesse all’autonomia politica dei gruppi nei limiti del mandato istituzionale ” (cfr. C. cost. nn. 39 e 130/2014).

Ricostruiti in questi termini gli effetti che scaturiscono dalla pronuncia della Sezione del controllo pare al Collegio che l’inadempimento all’obbligo di restituzione non possa essere configurato come condotta concretizzante un danno erariale risarcibile imputabile a titolo di dolo o colpa grave in capo al debitore (presidente del gruppo consiliare). Detta configurazione è del tutto estranea alla logica della responsabilità amministrativa nell’ambito della quale non possono essere ricomprese tutte le condotte configuranti meri inadempimenti ad obblighi derivanti dalla legge o da altre fonti (contratto, convenzione etc.) tra soggetti pubblici. Per di più, paradossalmente, detta configurazione porterebbe a risultati meno vantaggiosi per il creditore che ha ex lege diritto alla restituzione dell’intera somma dichiarata irregolare maggiorata degli interessi dovuti per le obbligazioni pecuniarie, e non alla restituzione della (eventualmente diversa e minore) somma accertata in sede di giudizio di responsabilità come “danno erariale risarcibile”.

In definitiva sembra al Collegio una forzatura connotare il mero inadempimento dell’obbligo legale di restituzione da parte del presidente del gruppo consiliare (nella sua qualità di rappresentante legale del gruppo) come condotta ex se rilevante ai fini della affermazione di una responsabilità amministrativa.

Detto obbligo di restituzione, deve infatti essere puntualmente garantito secondo i principi civilistici, a prescindere dall’accertamento dello stato soggettivo del debitore, che è presunto salva la prova liberatoria ex art. 1218 cod. civ. (peraltro, secondo l’orientamento maggioritario, nemmeno configurabile per le obbligazioni pecuniarie), avente ad oggetto il fatto che l’impossibilità della prestazione è derivata da causa non imputabile al debitore. Il mero inadempimento di un’obbligazione infatti non determina ex se una ipotesi danno erariale (cfr. Cass. n. 19072/2016), dovendo le deroghe al principio essere previste espressamente dal legislatore (come è avvenuto con l’introduzione del comma   7 bis nell’art. 53 del D.lgs. n. 165/2001 per l’inadempimento dell’obbligo del dipendente pubblico di riversare il compenso ricevuto per incarichi non autorizzati, cfr. Cass. n. 25769/2015).

Al contrario una responsabilità amministrativa potrebbe essere, semmai, collegata alla mancata attivazione da parte del creditore (nella specie il consiglio regionale) delle iniziative giudiziali e stragiudiziali volte al recupero (doveroso) di un credito certo, liquido ed esigibile.

Si impone dunque una rigorosa distinzione tra ambiti, esiti ed effetti del procedimento di controllo circa la regolarità del rendiconto rispetto alle possibili iniziative che, all’esito del controllo stesso, possono spettare al PM contabile, iniziative che sono molteplici sul piano della responsabilità amministrativa e non necessariamente collegate agli esiti del controllo esterno di regolarità.

Alla luce di quanto sopra, appare evidente che la fattispecie portata all’esame del Collegio presenta una specificità che la distingue da altre fattispecie già scrutinate dalle Sezione ed afferenti varie ipotesi di illecito utilizzo dei fondi assegnati ai gruppi consiliari con deviazione dai fini istituzionali, in quanto concerne esclusivamente l’inadempimento all’obbligo restitutorio conseguente ad una previsione di legge (ex D.L. n. 174/2012 cit.).

Proprio in base a detta specificità e configurazione della domanda (petitum sostanziale) il Collegio, pur ritenendo sussistere la giurisdizione della Corte dei conti, non ritiene sussistere la legittimazione attiva del PM, che nella specie, in sostanza in base alla causa petendi, ha agito non tanto per far accertare la sussistenza di un danno erariale, quanto per consentire in via giudiziale attraverso la sentenza di condanna l’incameramento da parte del consiglio regionale di un credito restitutorio già certo, liquido ed esigibile ex lege.

Ed invero l’accertamento della irregolarità (che in origine comportava anche l’applicazione di una sanzione quale la decadenza, per l’anno in corso, dal diritto alla erogazione di risorse da parte del consiglio regionale, giusta la previsione dell’art. 1, comma 11 D.L. n. 174/2012 cit., poi dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale con sentenza n. 39/2014) non poteva (e può) che rendere doverosa l’attivazione delle iniziative di recupero delle somme dovute e ciò a prescindere dai profili (di specifica pertinenza del PR) concernenti l’illecita utilizzazione dei fondi rispetto ai fini istituzionali.

In definitiva la peculiare natura dell’obbligazione restitutoria che nasce ex lege dalla pronuncia della Sezione del controllo tra presidente del consiglio regionale e gruppo consiliare (nella persona del suo rappresentante p.t.) assume, a giudizio del Collegio, una connotazione estranea alla logica della responsabilità amministrativa (conclusione questa cui di recente è giunta la sentenza della Sez. Calabria n. 86/2017), ma tuttavia non estranea alla materia della contabilità pubblica devoluta alla Corte dei conti ai sensi dell’art. 103 della Costituzione.

In altri termini, ove inadempiuto l’obbligo di restituzione delle somme dovute, il soggetto legittimato può attivare, ove ne abbia interesse, al solo fine dell’ottenimento di un titolo esecutivo giudiziale, un giudizio ad istanza di parte ex art. 172 lett. d) CGC innanzi alla competente Sezione giurisdizionale regionale, mentre il PR può configurare l’erogazione della spesa già riconosciuta irregolare (anche) come danno erariale risarcibile imputabile a titolo di dolo o colpa grave a coloro che l’hanno disposta sulla base della disciplina della responsabilità amministrativa.

Consegue da quanto detto che deve dichiararsi in limine, in base allo specifico petitum ed alla causa petendi, l’inammissibilità dell’azione intrapresa per difetto di legittimazione attiva del Procuratore Regionale, restando impregiudicate le diverse (eventuali) iniziative giudiziali di spettanza del medesimo in relazione a profili di danno erariale collegati alla fattispecie de qua.

La assoluta novità della questione e la sua oggettiva complessità giustificano la integrale compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la regione Piemonte, definitivamente pronunciando,

DICHIARA

inammissibile la domanda, così come proposta, per le ragioni di cui in motivazione.

Spese compensate.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 16 marzo e del 5 aprile 2017 con l’intervento dei magistrati:

Cinthia Pinotti, Presidente

Tommaso Parisi, Consigliere

Walter Berruti, Consigliere Estensore

 

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