La Consulta favorevole all’ampliamento dei parametri normativi costituzionali su cui fondare questioni di illegittimità in sede di parifica. Leggi la decisione 112/2020 qui
I) Premessa
Con la pronuncia in commento il Giudice delle Leggi conferma la recente tendenza ad ammettere un ampliamento dei parametri normativi costituzionali su cui fondare l’incidente di costituzionalità in sede di giudizio di parifica regionale.
Infatti, in punto di parametro normativo invocabile in sede di parifica, l’orientamento della Corte Costituzionale, a partire dalla lontana sentenza n. 121 del 1966, si era sempre limitato ad accogliere questioni di legittimità fondate sulla sola violazione di parametri finanziari desumibili dal precetto di cui all’art. 81 Cost. in tema di equilibrio finanziario di bilancio e di copertura delle leggi di spesa. Cio’ in ragione della funzione riconosciuta alla Corte dei Conti quale organo magistratuale neutrale ed indipendente posto a presidio della legalità finanziaria, soprattutto in zone d’ombra dell’ordinamento costituzionale prive di soggetti direttamente portatori di interessi erariali alla corretta gestione delle risorse pubbliche.
Invece, nel caso sottoposto al presente esame, la Consulta ha ritenuto ammissibile una questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte dei Conti sezione regionale di controllo per la Basilicata, non soltanto con riferimento alla violazione dei parametri finanziari desumibili dagli artt. 81 e 97 primo comma Cost., ma anche con riferimento alla violazione di parametri non finanziari desumibili dall’art. 117 secondo comma, lettera l), e terzo comma Cost.
Affinchè cio’ risulti possibile, diviene tuttavia imprescindibile l’esistenza di una correlazione funzionale del parametro normativo costituzionale violato con gli artt. 81 e 97 primo comma Cost. Pertanto le norme ritenute direttamente lesive del singolo precetto costituzionale devono incidere in senso pregiudizievole anche sugli equilibri di bilancio e sulle regole di corretta gestione finanziaria.
La pronuncia in questione si inserisce così nel solco di quelle recenti pronunce che, a partire dalla fondamentale sentenza n. 196 del 2018, tendono a valorizzare l’importanza del giudizio di parifica come giudizio sugli equilibri economico-finanziari dell’ente regionale. Una simile impostazione finisce infatti per avere riflessi significativi sul piano dinamico degli equilibri prospettici di bilancio, impedendo la validazione di un risultato di amministrazione non corretto in quanto fondato sull’applicazione di leggi regionali invasive della competenza legislativa esclusiva dello Stato.
II) La vicenda
L’oggetto della pronuncia origina da un’ordinanza sollevata, in sede di parifica, dalla sezione regionale di controllo per la Basilicata in ordine alla legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 2 e 6, e dell’art. 6 commi 1 e 2, della legge della Regione Basilicata 9 febbraio 2001, n. 7 (Disciplina delle attività di informazione e comunicazione della Regione Basilicata) per violazione degli artt. 81, 97, primo comma, e 117, commi secondo, lettera l), e terzo, della Costituzione.
Le questioni di legittimità costituzionale sono state sollevate in esito all’avvenuto riscontro del progressivo aumento dell’aggregato di spesa relativo al personale giornalistico assunto negli uffici regionali negli esercizi 2014-2017, nonostante l’invarianza del numero di unità utilizzate.
Giunta e Consiglio Regionale hanno giustificato le maggiori spese sostenute alla luce dell’operatività normativa della legge regionale sopracitata, le cui previsioni avrebbero disposto un trattamento economico, previdenziale ed assistenziale più favorevole rispetto a quello regolamentato dalla contrattazione collettiva nazionale in materia di lavoro pubblico. Quest’ultima infatti, riconducendo nel comparto delle funzioni locali l’area del personale assunto negli uffici stampa regionali, non avrebbe disposto l’erogazione degli aumenti previsti invece dal contratto collettivo nazionale dei giornalisti del settore privato.
Tuttavia, a dire della sezione regionale di controllo, le spese sostenute sarebbero state del tutto illegittime in quanto fondate su di una legge regionale in grado di invadere la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, con conseguente violazione degli artt. 81, 97, primo comma, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, della Costituzione.
Analizzando nel dettaglio la normativa regionale si evidenzia in particolare come l’art. 2 comma 2 della sopracitata legge regionale abbia previsto l’applicazione, al personale degli uffici stampa regionali, del contratto collettivo nazionale di lavoro giornalistico del settore privato; come il comma 6 dello stesso articolo abbia demandanto ad una specifica area di contrattazione a livello regionale la regolamentazione dei profili professionali all’interno degli uffici stampa; come l’art. 6 comma 1 abbia disposto la possibilità per il personale giornalistico pubblico regionale, iscritto all’ordine con contratto a tempo indeterminato, di modificare il relativo contratto di lavoro attraverso l’applicazione del contratto nazionale di lavoro giornalistico di natura privatistica; infine come l’art. 6 comma 2 abbia previsto che, nel caso di opzione per il contratto giornalistico privatistico, ai soli fini dell’anzianità di servizio, gli anni prestati presso gli uffici stampa regionali fossero valutati al cinquanta per cento e che la Regione garantisse, a richiesta e dalla data dell’opzione, la contribuzione previdenziale ed assistenziale prevista per i giornalisti privati.
Secondo il Collegio remittente il vulnus di costituzionalità sarebbe stato originato proprio dalla violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. Infatti, le previsioni normative regionali sopracitate, avrebbero determinato un’indebita invasione nella competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, in tal modo ponendosi in contrasto con gli artt. 2 commi 2 e 3, 45 commi 1 e 3 del d.lgs n.165/2001 (che definiscono lo statuto giuridico ed economico del rapporto di lavoro pubblico) e con l’art. 9 comma 5 della legge n. 150/2000 (che affida alla contrattazione collettiva nell’ambito di una specifica area, l’individuazione e la regolamentazione degli specifici profili professionali all’interno degli uffici stampa). Tali disposizioni avrebbero infatti demandato alla contrattazione collettiva nazionale la disciplina del personale pubblico, inclusa quella del personale giornalistico addetto agli uffici stampa regionali.
Inoltre la normativa regionale oggetto di censura avrebbe pure violato l’art. 117, terzo comma, Cost., così determinando un’invasione nella competenza statale che regola i principi di coordinamento della finanza pubblica tesi al contenimento della spesa corrente.
Peraltro, continua ad argomentare la sezione controllo, una simile invasione di competenze, comportando un incremento della spesa pubblica per il personale, avrebbe presentato un’indubbia correlazione funzionale con la violazione delle norme costituzionali in materia di tutela del bilancio e degli equilibri finanziari di cui agli artt. 81 e 97 Cost. Ed è proprio la suddetta correlazione funzionale che legittimerebbe la Corte dei Conti a sollevare questione di legittimità in riferimento a tutti i parametri evocati.
In definitiva, poiché al di fuori degli strumenti previsti dalla normativa statale non vi sarebbero altre legittime modalità di disciplina del rapporto di lavoro del personale giornalistico assunto dalle pubbliche amministrazioni, la Corte rimettente ha ritenuto di sollevare questione di illegittimità costituzionale degli artt. 2, commi 2 e 6, e 6, commi 1 e 2, della legge regionale Basilicata n. 7 del 2001.
III) Il merito della decisione
Preliminarmente la Corte Costituzionale ha riconosciuto la legittimazione del Collegio remittente a sollevare questione di legittimità costituzionale.
Cio’ in ragione della difficoltà di validare un rendiconto regionale fondato su spese del personale giornalistico illegittime, in quanto derivanti da una normativa regionale invasiva della competenza legislativa esclusiva dello Stato. L’incremento di spesa sarebbe infatti avvenuto senza alcun fondamento normativo e, quindi, senza valida copertura finanziaria, mancandone i presupposti legittimanti, con conseguente incidenza sull’equilibrio finanziario dell’ente. Stante la vigenza della legge regionale, l’incidente di costituzionalità si sarebbe pertanto posto come unica strada per evitare la validazione di un risulato di amministrazione violativo degli equilibri di bilancio.
Nel merito poi la Consulta ha ritenuto fondate le questioni di illegittimità sollevate dalla sezione Regionale di Controllo per la Basilicata. Il Giudice delle Leggi ha infatti confermato che la posizione degli addetti agli uffici stampa regionali va esaminata alla luce della normativa statale e segnatamente delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e nella legge 7 giugno 2000, n. 150.
Al riguardo mentre il d.lgs. n. 165 del 2001 demanda la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti pubblici alla contrattazione collettiva, secondo le modalità dettate dall’art. 40; l’art. 9, comma 2, della legge n. 150 del 2000 prevede, con riferimento ai dipendenti pubblici che siano altresì giornalisti, che gli uffici stampa siano costituti da personale iscritto all’albo nazionale dei giornalisti e, il successivo comma 5, che negli uffici stampa l’individuazione e la regolamentazione dei profili professionali siano affidati alla contrattazione collettiva pubblicistica nell’ambito di una speciale area di contrattazione, con l’intervento delle organizzazioni rappresentative della categoria dei giornalisti.
Tali disposizioni normative, ribadisce la Corte, rientrano nell’ambito di operatività dell’ordinamento civile di competenza esclusiva del legislatore statale (art. 117 secondo comma, lett. l) Cost.). In particolare la disciplina dei giornalisti addetti agli uffici stampa regionali troverebbe la propria fonte nel contratto collettivo del settore pubblico relativo al personale del comparto funzioni locali (negoziato dall’ARAN e dalle organizzazioni sindacali del comparto).
In aderenza all’impostazione fornita dall’organo collegiale remittente, viene inoltre confermato come l’invasione di competenza della legge regionale risulti funzionalmente correlata alla violazione degli artt. 81 e 97, primo comma, Cost., avendo determinato un incremento delle poste passive del bilancio senza un valido presupposto normativo. La legge regionale avrebbe così inciso indirettamente sugli equilibri di bilancio e sulle regole di copertura di sana gestione finanziaria. E cio’ non solo con riferimento alle previsioni di cui all’art. 2 commi 2 e 6 ma anche con riferimento alle disposizioni normative di ordine previdenziale contenute nell’art. 6 commi 1 e 2, essendo queste ultime conseguenziali alla disciplina lavoristica.
Ne deriva l’evidente illegittimità della normativa regionale volta a privilegiare l’applicazione dei contratti collettivi nazionali rientranti nel settore privato e negoziati dalle organizzazioni datoriali degli editori e dalla Federazione nazionale della stampa italiana. Infatti, la definizione di un trattamento economico operato dalla legge regionale mediante la tecnica del rinvio ad un contratto collettivo nazionale del settore privato, quale quello dei giornalisti, non solo integrerebbe una fonte di disciplina diversa dalla contrattazione collettiva del pubblico impiego regolata dal d.lgs. n. 165 del 2001, ma comporterebbe pure un aumento della spesa corrente illegittimo in quanto esorbitante dalle risorse entro cui si muove la stessa contrattazione collettiva pubblica.
In conclusione, dalle criticità normative sopraevidenziate, la Consulta tende a rimarcare l’esigenza di affrontare nelle sedi negoziali opportune tutte le problematiche connesse alla peculiare posizione dei giornalisti che siano pubblici dipendenti. Ciò potrà avvenire attraverso l’attivazione di procedure di confronto rientranti nella competenza statale e previste dalla contrattazione collettiva di settore. In tale sede, difatti, potranno essere adottate le soluzioni più idonee attraverso un adeguato confronto con le relative associazioni sindacali. L’auspicio è che da una simile fase di dialogo possa trovare compiuta regolamentazione una disciplina in grado di contemperare le oggettive esigenze e peculiarità dell’attività giornalistica con l’assetto organizzativo della pubblica amministrazione.
La sentenza 112/2020 per esteso qui