Diverse Sezioni si esprimono sul concetto di controllo, sugli obblighi di alienazione e sulle misure correttive a tutela degli equilibri di bilancio.
Il testo che segue riunisce vari contributi di Alessandro Bengini, Marinella Colucci, Francesco Sucameli e Laura d’Ambrosio.
Per le sezioni riunite in sede di controllo (ssrr controllo 11/2019) “possono essere qualificate come società a controllo pubblico quelle in cui “una o più” amministrazioni dispongono della maggioranza dei voti esercitabili in assembla ordinaria (oppure di voti o rapporti contrattuali sufficienti a configurare un’influenza dominante)”. La Sezione ha risposto ad un quesito in cui si chiedeva se, in presenza di quote di più amministrazioni, fosse necessario un patto di sindacato per qualificare il controllo. In base all’art. 2 del TU partecipate (d.lgs 175/2016 cd Testo Unico Madia). In base alla delibera, il concetto di controllo può essere rivisto quando, nonostante la maggioranza pubblica delle quote, siano i soci privati ad avere «un’influenza dominante», che però va «provata» sulla base di «patti parasociali o specifiche clausole statutarie o contrattuali»
La decisione deve essere confrontata con la sentenza adottata a sezioni riunite in speciale composizione, (16/2019 del 22 maggio), che però è stata assunta in sede giurisdizionale e quindi si riferisce a un caso specifico. In quella sede, il collegio aveva stabilito che la maggioranza delle quote detenute da più soggetti pubblici non basta a definire il controllo pubblico, poichè il controllo va verificato in base allo statuto o ai patti parasociali. Le sezioni riunite nella delibera 11 dicono il contrario invertendo l’onere della prova: statuto e patti possono escludere il controllo pubblico indicato dalle quote. Per un commento più ampio a questa sentenza vedi la nota di Vanessa Pinto qui
In materia di partecipate appare di interesse anche la produzione in sede di controllo delle sezioni regionali. Già pubblicato un commento al referto della sezione Lombardia (leggi qui), si ritiene di interesse anche la delibera n. 60/2019 della Sezione controllo per la Liguria che accerta le gravi perdite registrate da due società partecipate dal Comune di Genova (Nuova force srl e SPIM Spa) e le misure correttive proposte dall’ente locale che saranno oggetto di ulteriore monitoraggio per verificarne l’attuazione. La pronuncia è di particolare interesse anche per quanto affermato in materia di derivati e contratto di lease back.
Analogamente si sottolinea quanto deliberato dalla Sezione Campania (delibera 120/2019) con riguardo al piano di razionalizzazione delle partecipate della Regione Campania ove si analizza l’assetto complessivo delle partecipazioni e la necessaria riorganizzazione. Tale controllo si innesca indirettamente nell’ambito di poteri e doveri di cognizione che sono di responsabilità dello stesso ente territoriale e, per quanto concerne la Corte dei conti, per l’esercizio della sua giurisdizione di bilancio, nella forma del controllo (di legittimità-regolarità) e del processo, fornendo elementi istruttori per la valutazione degli equilibri di bilancio.
In particolare, la Sezione riferisce sulla società SMA Campania SPA che ha avuto un intervento di ri-patrimonializzazione da parte della Regione. Il referto stigmatizza diversi aspetti: in primo luogo il disequilibrio finanziario della società è in parte dovuto ai crediti vantati proprio verso la Regione che per altro procede ad una ri-patrimoniaizzazione senza però tentare di risolvere il problema strutturale. La Sezione evidenzia il ritardo nell’attuazione delle misure e la incongruità della previsione dei costi per il personale, in un’ottica di gruppo, nonché, la concentrazione sulla stessa società di importanti servizi di gestione in assenza della risoluzione concreta dei problemi di equilibrio economico-finanziario. Il referto prosegue con riguarda anche altre partecipate tra cui quelle del Polo Sanitario e società per gli aeroporti. Molte partecipate della Regione presentano problemi analoghi di disequilibrio o non approvano i bilanci da diversi anni. Si legga qui la massima della delibera.
Infine, si segnala il tema dell’obbligo di alienazione di quote di società trattato nel parere n. 8/2019/PAR della Sezione regionale di controllo per la Lombardia in merito alla disciplina di cui all’articolo 10 del d.lgs. 175/2016, rubricato “Alienazione di partecipazioni sociali”, con particolare riferimento alle previsioni di cui al comma 2 dell’articolo in parola, secondo cui “L’alienazione delle partecipazioni è effettuata nel rispetto dei principi di pubblicità, trasparenza e non discriminazione. In casi eccezionali, a seguito di deliberazione motivata dell’organo competente ai sensi del comma 1, che dà analiticamente atto della convenienza economica dell’operazione, con particolare riferimento alla congruità del prezzo di vendita, l’alienazione può essere effettuata mediante negoziazione diretta con un singolo acquirente. È fatto salvo il diritto di prelazione dei soci eventualmente previsto dalla legge o dallo statuto”.
In via preliminare, giova evidenziare come la norma citata si inserisce nell’ambito di una disciplina volta a presidiare la tutela della concorrenza per il mercato e la logica della concorsualità, richiamando espressamente i principi di pubblicità, trasparenza e non discriminazione. La previsione legislativa de quo, prevedendo quale regola generale per l’alienazione delle partecipazioni sociali quella del ricorso a procedure di tipo selettivo, relega, di fatto, ai soli casi di eccezionalità, previsti dalla seconda parte del comma 2 dell’articolo 10, le ipotesi di mancato ricorso a tali procedure.
Sebbene la disciplina in parola non faccia esplicito riferimento a procedure ad evidenza pubblica, ma ai principi di pubblicità, trasparenza e non discriminazione, il ricorso alle stesse non può che ritenersi collegato d un principio immanente del nostro ordinamento giuridico, tenuto anche conto della cornice europea di riferimento e dei principi fondamentali del Trattato a tutela della concorrenza e della par condicio, che di tali procedure costituiscono diretto precipitato.
Nel parere, si riporta la giurisprudenza del Consiglio di Stato (vd. sentenza 28 settembre 2016 n. 4140) che ha precisato come il principio generale relativo al confronto competitivo “non può ritenersi limitato al solo momento della costituzione di una società mista, ma deve ritenersi altresì esteso alle ipotesi in cui venga in rilievo l’alienazione di partecipazioni sociali detenute da un’amministrazione pubblica..(posto che) l’obbligo di rispettare la regola dell’evidenza pubblica per l’alienazione delle quote sociali detenute da una società mista risponde ad un principio di ordine pubblico economico (anche di matrice comunitaria) presiedendo al rispetto degli altrettanto generali principi di concorrenza, parità di trattamento e non discriminazione fra i potenziali concorrenti”.
Prescindendo, in definitiva, dal nomen iuris che si utilizza, tutte le volte in cui si intende immettere nel sistema una occasione di guadagno, occorrerà procedere attraverso una procedura selettiva, ispirata ai criteri di imparzialità, non discriminazione e trasparenza.
Circa l’operatività dell’articolo 10 del d.lgs. 175/2016, la stessa non pare limitata alla fattispecie di cui all’articolo 24 “Revisione straordinaria delle partecipazioni” del medesimo decreto legislativo, avendo l’articolo 10 una portata generale ed essendo applicabile ogni qual volta ricorrono le condizioni ivi indicate. Si fa presente, peraltro, che l’art. 1, comma 723, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019, in vigore dal 1 gennaio 2019), ha inserito il comma 5-bis all’articolo 24 del d.lgs. 175/2016, secondo cui “A tutela del patrimonio pubblico e del valore delle quote societarie pubbliche, fino al 31 dicembre 2021 le disposizioni dei commi 4 e 5 non si applicano nel caso in cui le società partecipate abbiano prodotto un risultato medio in utile nel triennio precedente alla ricognizione. L’amministrazione pubblica che detiene le partecipazioni è conseguentemente autorizzata a non procedere all’alienazione”.
Con riferimento, inoltre, al rapporto tra l’articolo 10 e l’articolo 20 del d.lgs. 175/2016, nel parere si legge che la decisione di un ente di alienare le proprie partecipazioni non può che essere il frutto del processo di analisi dell’assetto complessivo delle partecipazioni detenute, fermo restando che i piani di razionalizzazione sono adottati ove ricorrano le condizioni previste dal comma 2, dell’articolo 20 in parola. La decisione di alienare le proprie partecipazioni, pertanto, potrà prescindere dai piani di razionalizzazione, di cui al comma 2, dell’articolo 20, mentre resta ontologicamente connessa all’analisi dell’assetto complessivo delle partecipazioni detenute, da gestire “in maniera efficiente”.
Ciò detto, le ipotesi in cui è ammessa l’alienazione delle partecipazioni mediante negoziazione diretta con un singolo acquirente sono “confinate” a casi eccezionali, collegati ad una convenienza economica dell’operazione, di cui nella delibera si dovrà dare analiticamente atto. Trattandosi di casi eccezionali, gli stessi dovranno essere compiutamente esplicitati della deliberazione dell’organo competente, prevedendo, altresì, il Legislatore che della convenienza dell’operazione economica si debba dare “analiticamente” atto.
La deliberazione sarà, pertanto, assoggettata alla disciplina generale sulla motivazione, di cui alla legge n. 241/1990, e l’indicazione ivi contenuta in merito alla convenienza economica dell’operazione che si intende porre in essere – che giustifica il ricorso ad un’alienazione mediante negoziazione diretta con un singolo acquirente – dovrà essere “analiticamente” evidenziata, mediante approfondite, congrue e comprovate valutazioni in ordine alla situazione economica e patrimoniale della società (supportata da idonea documentazione), anche in chiave prospettica e di vantaggiosità per la comunità di riferimento in termini di resa del servizio, nonché tenendo in debito conto il contesto economico, sociale e territoriale in cui si opera. Occorrerà, altresì, dare atto dell’interesse pubblico da perseguire mediante l’operazione di alienazione, evidenziando, specie laddove lo stesso sia quello di risanamento delle risorse pubbliche, i dati e le informazioni di bilancio utili allo scopo.
In ultima analisi, la disposizione normativa in esame, sia sulla base del dato letterale sia sulla base dei principi più generali del nostro ordinamento giuridico, non può che fare riferimento, quale regola generale per l’alienazione di partecipazioni sociali, a procedure che si conformano ai principi che caratterizzano l’evidenza pubblica, fermi restando casi eccezionali e residuali, adeguatamente e analiticamente motivati, in cui sarà possibile la negoziazione diretta con un singolo acquirente.