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Prime riflessioni sull’ordinanza delle SS.UU. della Corte di cassazione n. 304/2023.*
Premessa.
L’ordinanza 9 gennaio 2023 n. 304 delle SS.UU. della Corte di cassazione si inquadra all’interno del dibattito in ordine alla natura e alla portata della parificazione del rendiconto generale delle Regioni. Si tratta di un tema sul quale si è concentrata l’attenzione degli studiosi in considerazione delle complesse vicende che hanno interessato la parifica del rendiconto della Regione Sicilia per l’anno 2019[1].
In questa sede ci si limita a richiamare sinteticamente i fatti e gli elementi più significativi, a partire dalla decisione delle SS.RR. per la Regione Siciliana n. 6/2021 sulla parifica del rendiconto per l’esercizio finanziario 2019, sui quali sono state chiamate a pronunciarsi, sotto diversi profili, le SS.RR in sede di controllo della Corte dei conti (con la delibera n. 5 del 14.4.2022[2]), la Corte costituzionale (con la sentenza n. 184 del 22.7.2022[3] ) e, da ultimo, le SU della Corte di cassazione con l’ordinanza n. 304 del 9.1.2023 in esame.
La richiamata decisione sulla parifica del rendiconto della Regione Sicilia è stata impugnata dalla Procura generale della Corte dei conti presso la Sezione giurisdizionale della Regione Siciliana attraverso la proposizione di un ricorso innanzi alle SS.RR. in speciale composizione. Nelle more del predetto giudizio la Regione Sicilia ha approvato, con la l.r. n. 26/2021, il rendiconto generale della Regione per l’esercizio finanziario 2019 con il quale sono state accolte e recepite le osservazioni formulate nell’indicata delibera sulla parifica.
Successivamente, la Regione Sicilia ha impugnato, attraverso lo strumento del ricorso per conflitto di attribuzione innanzi alla Corte costituzionale, dapprima il dispositivo e poi il testo della sentenza n. 20/2021/DELC (con la quale le SS.RR. in speciale composizione hanno: i) accertato la necessità di rideterminazione in aumento del fondo crediti di dubbia esigibilità, come accertato dalle SS.RR. per la Regione Siciliana; ii) sollevato, con separata ordinanza, questione di legittimità costituzionale dell’art. 6 della l.r. n. 3/2016 in quanto tale norma consentirebbe di distogliere risorse finanziarie dal Fondo sanitario per destinarle al pagamento di un debito contratto con lo Stato; iii) sospeso il giudizio quanto agli effetti sul saldo determinato dai capitoli di spesa interessati) denunciando la lesione dell’autonomia e delle prerogativa costituzionalmente riconosciute all’Assemblea Regionale Siciliana, per omessa dichiarazione di improcedibilità del giudizio, da parte delle SS.RR in speciale composizione, in ragione dell’intervenuta promulgazione della l.r. n. 26/2021. Sui suddetti ricorsi per conflitto di attribuzione la Corte costituzionale si è pronunciata con la richiamata sentenza n. 184/2022.
Sempre nell’ambito delle descritte vicende sul giudizio di parifica della Regione Sicilia per l’esercizio finanziario 2019, si deve dare atto dell’adozione dell’ordinanza delle SS.RR. della Regione Siciliana n. 1/2022 con la quale è stato richiesto un intervento nomofilattico delle SS.RR. in sede di controllo o della Sezione Autonomie, diretto ad offrire una risposta a tre quesiti. Nel dettaglio, con il primo quesito è stato richiesto se al giudizio di parificazione siano applicabili o meno le disposizioni, contenute nel Codice di giustizia contabile, sui giudizi di conto e se, in caso di risposta affermativa, tale applicazione sia integrale o parziale; ed ancora, nel caso di applicazione integrale è stato altresì richiesto di indicare quali disposizioni del Codice di giustizia contabile siano applicabili anche con riferimento ai poteri istruttori del Giudice e del Pubblico Ministero. Con il secondo quesito è stato chiesto di precisare se tra le norme del Codice di giustizia contabile applicabili al giudizio di parifica rientri anche l’art. 106 relativo alla sospensione necessaria del processo. Con il terzo e ultimo quesito è stato invece richiesto se ricorra un’ipotesi di sospensione necessaria nel caso di proposizione del ricorso per conflitto di attribuzioni da parte della Regione. Sulla richiesta in questione si sono espresse le SS.RR. in sede di controllo con la delibera n. 5/2022.
Il ricorso per motivi inerenti alla giurisdizione e la soluzione prospettata dalle SS.UU.
In via preliminare si evidenzia che al ricorso proposto dalla Regione Sicilia si è affiancato il ricorso proposto dal Procuratore Generale rappresentante il Pubblico Ministero presso la Corte dei conti, parimenti rivolto contro la Procura Generale d’Appello della Corte dei conti per la Regione Sicilia.
Al riguardo, merita sottolineare che secondo la Procura Generale ricorrente la violazione dei limiti esterni della giurisdizione contabile si sarebbe verificata in conseguenza della decisione delle SS.RR. in speciale composizione di giudicare in una materia nella quale, a seguito dell’entrata in vigore della l.r. n. 26/21, le stesse sarebbero state prive di poteri giurisdizionali. Da tale circostanza poteva discendere una pronuncia di inammissibilità del ricorso del Procuratore Generale in quanto proposto “contra sé”.
Nel ricorso della Regione Sicilia l’eccesso di potere giurisdizionale è stato invece ricondotto all’invasione della sfera riservata al legislatore da parte delle SS.RR. in speciale composizione che avrebbero esercitato la funzione giurisdizionale “sottoponendo a verifica non già una deliberazione, ma una legge, specificamente la legge regionale n. 26/2021, di approvazione del rendiconto finanziario 2019, che avrebbe disapplicato, in esito al recepimento delle indicazioni della deliberazione di parificazione del rendiconto finanziario 2019”.
La Corte di cassazione ha respinto entrambe i ricorsi.
Innanzitutto si osserva che la vicenda prospettata innanzi alla Corte di cassazione è diversa rispetto al precedente del 2016 (Cass., SU, n. 22645/16) allorquando il ricorso del Procuratore Regionale presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Liguria avverso la decisione di parificazione del rendiconto generale della Regione Liguria per l’esercizio 2013, era stato dichiarato inammissibile sul presupposto che l’intervenuto riconoscimento dell’impugnabilità della delibera innanzi alla SS.RR. in speciale composizione comporta inevitabilmente “l’impraticabilità del ricorso ex art. 111 Cost., comma 8, atteso che la norma, nel riconoscere, contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, il ricorso in Cassazione per i soli motivi inerenti alla giurisdizione, postula la definitività delle relative decisioni”.
Ciò premesso, l’ordinanza in commento appare particolarmente interessante in quanto si basa su un iter argomentativo e motivazionale che offre importanti spunti di riflessione in ordine al dibattito intorno alla natura della parificazione del rendiconto generale delle Regioni, che vanno a sommarsi a quelli ricavati dalla richiamata sentenza della Corte costituzionale n. 184/2022.
In quest’ottica, appare significativo il richiamo contenuto nella parte iniziale dell’ordinanza all’affermazione delle SS.RR: in speciale composizione secondo cui l’oggetto del giudizio di parificazione è il “ciclo d’informazioni in cui consiste il bilancio, di modo che ad essere impugnato non è l’atto sottoposto a controllo, ma l’effetto giuridico conseguente al riscontro dello stato del bilancio”.
Tale affermazione, da considerare quale parte integrante della progressione motivazionale sviluppata nell’ordinanza, introduce un elemento di novità rispetto a quanto statuito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 184/2022. In quella sede, infatti, è stato precisato che l’oggetto specifico della decisione delle SS.RR. in speciale composizione è la validazione del risultato di amministrazione.
La Corte di cassazione sembra dunque voler chiarire che l’oggetto del giudizio di parifica è un “rapporto” che riguarda un sistema complesso di relazioni in ragione del carattere peculiare del bene della vita che ne è oggetto.
La descritta configurazione dell’oggetto del giudizio di parificazione determina una serie di conseguenze. Innanzitutto sembra trovare conferma la ricostruzione in termini di unico grado da intendersi quale unico processo con due fasi: una fase preliminare e necessaria (con un contraddittorio limitato solo ad alcune parti); una fase ulteriore ed eventuale, che si instaura su ricorso da parte di chi vi abbia interesse, sulla stessa questione di merito risolta dal primo giudice[4].
Ciò premesso, la Corte di cassazione dichiara la permanenza dell’interesse alla definizione del giudizio nonostante l’intervenuta pronuncia della Corte costituzionale. Nell’ordinanza sono significativamente riportati alcuni passaggi della sentenza della Corte costituzionale n. 184/2022 dai quali è possibile trarre alcuni spunti di riflessione.
In tale prospettiva si richiama la parte dell’ordinanza che ripropone l’affermazione della Corte costituzionale secondo cui “la configurazione della decisione di parifica – quale risultato dell’esercizio di una funzione di controllo-garanzia, a esito dicotomico (parifica/non parifica), cui accede l’eventuale impugnativa, in vista dell’obiettivo di assicurare la conformità dei fatti di gestione rappresentati nel rendiconto al diritto del bilancio e, in specie, ai principi della legalità costituzionale in tema di finanza pubblica “ conduce ad escludere che tale decisione non possa essere assunta in ragione dell’intervenuta adozione della legge regionale di approvazione del rendiconto.
L’ordinanza prosegue poi riproponendo il passaggio testuale della sentenza della Consulta in cui si afferma che “le sfere di competenza della Regione e della Corte dei conti si presentano distinte e non confliggenti» (sentenza n. 72 del 2012)”, atteso che “l’una consiste nel controllo politico da parte dell’assemblea legislativa delle scelte finanziarie dell’esecutivo, illustrate nel rendiconto, l’altra nel controllo di legittimità/regolarità (la “validazione”) del risultato di amministrazione e cioè delle «risultanze contabili della gestione finanziaria e patrimoniale dell’ente» (sentenze n. 247 del 2021 e n. 235 del 2015) su cui si basa il rendiconto, alla luce dei principi costituzionali di stabilità finanziaria”. Sempre l’ordinanza ripropone il passaggio della sentenza della Corte costituzionale in cui si afferma che “quest’ultimo controllo, riservato al giudice contabile quale organo di garanzia della legalità nell’utilizzo delle risorse pubbliche, non può arrestarsi per il sopravvenire della legge regionale di approvazione del rendiconto generale, proprio in quanto strumentale ad assicurare il rispetto dei precetti costituzionali sull’equilibrio di bilancio”.
Da quanto sopra esposto si può osservare che la Corte di cassazione utilizza argomenti che non attengono propriamente alle decisioni sui ricorsi per eccesso di potere giurisdizionale. Nel richiamare ed integrare nella progressione motivazionale i suddetti passaggi testuali della sentenza della Consulta, la Corte di cassazione sembra accedere al merito del giudizio di parificazione, attraverso la enucleazione delle attività poste in essere, in tale sede, dai giudici contabili.
In particolare, il richiamo all’esercizio di una funzione qualificata in termini di “controllo-garanzia” appare espressione delle posizioni espresse da quella parte della dottrina[5] che nell’indagare il valore e la portata delle garanzie costituzionali hanno approfondito il tema della nozione giuridica del controllo e dei suoi contenuti giungendo ad affermare che il contenuto del controllo consiste sempre in una attività “incidentale” di riscontro, con funzione di garanzia del diritto o di valori, a carico di un’attività “principale” di un organo, persona, funzione controllata[6].
In conclusione.
Dall’analisi dell’ordinanza della Corte di cassazione si ricavano consistenti argomenti per sostenere che il controllo è il contenuto di una giurisdizione “speciale”, attribuita alla Corte dei conti quale giudice del bilancio, consistente nel riscontrare un fatto (il bilancio come struttura tecnica di informazioni) con il sistema delle fonti del diritto del bilancio; riscontro che conduce ad un giudizio a carattere dicotomico e sillogistico (C. cost. sentt. n. 39 e n. 40/2014) avente ad oggetto i saldi previsti dalla legge[7].
La descritta ricostruzione contrasta con gli approdi cui sono pervenute le SS.RR. in sede di controllo della Corte dei conti con la deliberazione n. 5/2022, con la quale, come noto, è stato affermato che il giudizio di parifica – di cui viene evidenziata la “natura squisitamente funzionale” nei confronti della rappresentanza popolare in quanto rappresenta “una sorta di esame di natura tecnica avente ad oggetto la regolarità delle risultanze, preliminare alla decisione legislativa sul consuntivo da assumersi, quest’ultima, tenendo conto delle statuizioni assunte dalla Magistratura contabile”- si colloca all’interno del “ciclo di bilancio”. Il descritto inquadramento del giudizio di parifica all’interno del “ciclo di bilancio” è individuato dalle SS.RR. in sede di controllo come “una delle più evidenti ragioni” che precludono l’applicazione degli “istituti processuali”, (come quelli afferenti il giudizio di conto) che connotano l’esercizio della funzione giurisdizionale, in quanto quest’ultima, a differenza della funzione di controllo, “non ammette lo stretto condizionamento temporale che qualifica la scansione degli strumenti legislativi della manovra di bilancio”.
Dal contesto sopra delineato, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 184/2022 e dell’ordinanza della Corte di cassazione qui commentata, appare emergere un quadro di maggiore chiarezza in ordine alla natura del giudizio di parificazione dei rendiconti regionali che si rifletterà (auspicabilmente) sul profilo, ad esso strettamente connesso e conseguente, dell’applicazione degli “istituti processuali” che connotano l’esercizio della funzione giurisdizionale.
* in uscita su BCP 1/2023
- Sul giudizio di parificazione, su tutti, si v. F. Sucameli, “Il giudizio di parificazione del rendiconto delle Regioni”, in AA.VV., “La Corte dei conti – Responsabilità, contabilità, controlli”, Giuffré Francis Lefebvre, Milano 2022, pag. 1201 e ss.; M.A. Sandulli, “Il giudizio di parificazione del rendiconto generale delle regioni: note a margine del pensiero di Aldo Carosi”, in Bilancio Comunità Persona, 2022, fasc. 1, pag. 82 e ss.; R. Ursi, “La parifica dei rendiconti regionali: un caso ancora aperto”, in Federalismi, fasc. 28, “I controlli della Corte dei conti e i complessi equilibri del sistema delle autonomie”. ↑
- P. Santoro, “La parificazione dei rendiconti regionali tra controllo e giurisdizione diventa conflittuale”, in Riv. Corte dei conti, n. 2/2022, pag. 5 e ss. ↑
- Su tutti si v. P. Santoro, “Dall’ausiliarietà all’autonomia del giudizio di parifica. Luci e ombre della sentenza costituzionale n. 184/2022 su conflitto di attribuzione”, in Riv. Corte dei conti, n. 4/2022, p. 37 ss.; L. D’ambrosio, “La parifica dei rendiconti regionali: certezza dei saldi”, in Riv. Corte dei conti, n. 4/2022, p. 192 ss.; G. Guida, “Prime note a Corte Costituzionale 184/2022 sul conflitto di attribuzioni sollevato dalla Regione Siciliana”, in Bilancio Comunità Persona. ↑
- F. Sucameli, “Il giudice del bilancio nella Costituzione italiana. Analisi del sistema giurisdizionale a presidio delle Autonomie e dei diritti attraverso l’unico grado”, Editoriale Scientifica, 2022, Napoli, pag. 77 e ss. ↑
- S. Galeotti, “Garanzie costituzionali”, in Enciclopedia del diritto, vol. XVIII, Milano, 1969. L’Autore, oltre ad affermare che l’analisi della garanzia costituzionale si deve concentrare su tre aspetti rappresentati: 1) dall’interesse meritevole di tutela, 2) dal pericolo che grava sull’interesse, e 3) dai congegni di sicurezza atti a prevenirlo, dichiara, quanto al pericolo per l’interesse, che “ogni ordinamento costituzionale può, nella sovranità delle sue determinazioni e secondo le esigenze storiche che di volta in volta prevalgono, non soltanto configurare in modo diverso dagli altri ordinamenti il numero e le figure dei soggetti e delle organizzazioni che si porranno come suoi operatori, ma potrà ancora avvertire in modo diverso rispetto ai singoli operatori il pericolo di lesioni dell’interesse alla regolarità costituzionale”. C. Lavagna, “Istituzioni di diritto pubblico”, Torino, 1986. Secondo l’Autore, le garanzia costituzionali sono quelle poste o comunque ricavabili dalla Costituzione. Quando si parla di “garanzia costituzionale” si intende “una garanzia la cui caratteristica non è di avere ad oggetto la Costituzione, ma di derivare da essa”. Le “garanzie della Costituzione”, invece, “riguardano i vari meccanismi di sicurezza che l’ordinamento costituzionale contiene per garantire se stesso”. ↑
- F. Sucameli, op. cit., che nell’affrontare l’evoluzione della teoria generale dei controlli richiama S. Galeotti, “Garanzie costituzionali”, in Enciclopedia del diritto, vol. XVIII, Milano, 1969 e S. Galeotti, “Introduzione alla teoria dei controlli costituzionali”, Milano, 1963. ↑
- F. Sucameli, op. cit., pag. 158. ↑