Bilancio Comunità Persona
NEWS & ANTICIPAZIONI
L’insufficienza della giurisdizione di legittimità sugli atti amministrativi per la tutela dei beni-valori della contabilità pubblica.
[1].
Brevi note a commento della sentenza n. 325/2022 della Sezione Prima del TAR Abruzzo, Sezione Staccata di Pescara
di Fulvio Maria Longavita
La sentenza n.325/2022 della Sezione Prima del Tribunale amministrativo Regionale per l’Abruzzo, Sezione staccata di Pescara, pubblicata il 29 luglio 2022, merita un’attenta lettura per le varie peculiarità che la contraddistinguono, rapportabili (tutte) all’affermata giurisdizione del Giudice Amministrativo sulla legittimità della deliberazione consiliare n.44 del 30 luglio 2021, dichiarativa del dissesto del comune di Guardiagrele, impugnata da alcuni cittadini ed ex amministratori, “attuali Consiglieri in carica”, unitamente a “tutti gli altri atti e/o provvedimenti prodromici, connessi o conseguenziali“, ivi comprendendo la deliberazione di approvazione del rendiconto comunale 2020 (e annessa relazione dell’Organo di Revisione) e, ancora più a monte, gli atti di accertamento dei residui.
I ricorrenti, con i motivi di gravame, nella sostanza delle cose, avevano messo in discussione l’esistenza stessa dei presupposti del dichiarato dissesto finanziario[2], declinandone l’essenza in termini di “eccesso di potere” e “difetto di motivazione“, per un’ampiezza valutativa tale da investire – a ritroso – tutte le pregresse attività contabili dell’Ente, fino alle istruttorie per l’accertamento dei residui.
In estrema sintesi, gli istanti sono giunti a prospettare l’ipotesi che la “neoeletta compagine di governo” avesse deliberatamente voluto rappresentare uno stato di decozione economico-finanziaria dell’Ente, in concreto inesistente, comunque lamentando (al più) il mancato ricorso al piano pluriennale di riequilibrio (ex art. 243-bis TUEL), in alternativa al dichiarato dissesto.
Il TAR ha dunque affermato la propria giurisdizione su una domanda a contenuto palesemente giuscontabile, di pertinenza della Corte dei conti, in quanto attinente alla corretta determinazione dei dati di Bilancio di un comune, al di là della veste formale delle doglianze dei ricorrenti, quale materia riservata alla Corte medesima, per espressa codifica costituzionale, ex art 100, c. 2, Cost.[3] e 103, c. 2, Cost. .
Con la decisione in rassegna, pertanto, il TAR si è impegnato a conoscere della correttezza dei procedimenti contabili di determinazione dei dati di Bilancio del Comune di Guardiagrele, fino ad esprimersi (con l’effetto proprio del giudicato) sull’attendibilità, veridicità e consistenza dei relativi saldi, nell’ottica anche di un possibile ricorso al piano di riequilibrio pluriennale, alternativo al dissesto.
Trattasi di impegno considerevole, che comporta anche la verifica delle operazioni di accertamento dei residui attivi e passivi, e quindi anche (necessariamente) della corretta determinazione del Fondo Crediti di Dubbia Esigibilità e del Fondo Pluriennale Vincolato (ex art. 3 d.lgs. 23 giugno 2022, n.118 e § 3.3 e § 5.4 del principio contabile applicato alla Contabilità Finanziaria 4/2, allegato al medesimo testo normativo).
Come emerge dalla sentenza in commento, il TAR ha affermato la propria giurisdizione, invece di declinarla a favore della Corte dei conti, in base ad una reductio della deliberazione dichiarativa di dissesto ad un ordinario atto amministrativo, trascurandone la sua maggiore valenza e pregnanza giuscontabile, in rapporto anche alle “conseguenze” giuridiche che discendono dal dissesto stesso, sia per l’Ente che per i suoi creditori ed amministratori (ex art. 248 TUEL).
Si ricorda, quanto a questi ultimi, che sono state previste sanzioni, pecuniarie e di stato, pure molto gravi, per “gli amministratori che la Corte dei conti ha riconosciuto, anche in primo grado [soltanto], responsabili di aver contribuito […] al dissesto” (v. art. 248, c. 5, TUEL). Una simile norma, chiaramente attributiva di competenze giurisdizionali altamente specifiche e tecniche, presuppone che sia la medesima Magistratura (contabile) a verificare, preliminarmente, la sussistenza delle effettive condizioni del dissesto, date le altrettanto elevate competenze (specifiche e tecniche) che un siffatto accertamento richiede, in rapporto anche alla complessità delle norme giuscontabili che governano la materia[4].
Per vero, la reductio della deliberazione dichiarativa di dissesto ad un ordinario atto amministrativo, da parte del TAR, nel caso di specie si è basata sul fatto che essa è stata adottata autonomamente dal Comune, al di fuori di interventi della Corte dei conti, nel procedimento di controllo della gestione del Bilancio.
L’adito TAR, dunque, ha affermato la propria giurisdizione in materia di dissesto, in ragione della mancanza, nel caso, di una deliberazione di controllo da impugnare innanzi alle Sezioni Riunite in Speciale Composizione (ex art. 11, c. 6, c.g.c.).
A tal fine, ha richiamato anche alcune pronunce della Corte Regolatrice, intervenute “prima dell’entrata in vigore del Codice di Giustizia Contabile” (c.g.c.)[5], ed ha ritenuto che la giurisdizione esclusiva delle Sezioni Riunite medesime vada rapportata al “manifesto intento del legislatore di collegare strettamente, in questa materia, la funzione di controllo della Corte dei conti a quella giurisdizionale ad essa attribuita dall’art. 103 Cost.”.[6]
Di qui la prima e più rilevante peculiarità della pronuncia in disamina, laddove incardina la giurisdizione del TAR e della Corte dei conti, nella materia del Bilancio inerente al dissesto, basandosi sul fatto (del tutto estrinseco, formale ed occasionale) della presenza o meno, nel procedimento del dissesto stesso, di una deliberazione di Controllo della Corte dei conti, da impugnare innanzi alle Sezioni Riunite in Speciale Composizione.
E’ però evidente che, se così davvero fosse, la giurisdizione delle Sezioni Riunite in Speciale Composizione verterebbe sulle deliberazioni delle Sezioni Regionali di Controllo della Corte dei conti e non già sulle “materie” su cui esse vengono rese, ex art. 11, c. 6, c.g.c. .
Peraltro, seguendo la linea ragionativa del TAR, bisognerebbe anche necessariamente ammettere che gli organi di due diversi plessi giurisdizionali (Giudice Amministrativo e Giudice del Bilancio), ben caratterizzati dallo loro differente tradizione e ispirazione valutativa, avrebbero entrambi la stessa capacità di conoscere e definire le controversie concernenti la medesima materia del dissesto, a seconda che il dissesto stesso sia dichiarato autonomamente dall’Amministrazione o a seguito del procedimento di controllo della Corte dei conti. È però evidente come tutto ciò potrebbe finire per aprire nuovi spazi per ben più numerose e consistenti asimmetrie valutative, con fatale incremento dei possibili contrasti giurisprudenziali, peraltro di difficile composizione, stante anche l’assenza di un organo di nomofilachia comune ai cennati due plessi giurisdizionali.
Intuitive, in un siffatto “sistema” di competenze giurisdizionali, le negative ricadute in termini di giustizia e di capacità di riordino delle numerose e non sempre ben coordinate disposizioni giuscontabili, notoriamente soggette a frequenti e disorganiche modifiche normative.
Il TAR, nella sentenza in commento, d’altronde, ha esaminato (e non poteva che esaminare) i motivi di gravame dei ricorrenti secondo i consueti punti di rilevanza ermeneutica del Giudice Amministrativo, ispirati alle categorie logiche dei vizi generali degli atti e dei provvedimenti amministrativi. Soltanto in poche occasioni ha richiamato qualche pronuncia della Sezione Regionale di Controllo della Corte dei conti Abruzzo, che negli anni aveva rilevato criticità di gestione del Bilancio del Comune di Guardiagrele, a fini tuttavia essenzialmente argomentativi, a conforto delle soluzioni giuridico-amministrative adottate.
In tal senso, il denunciato vizio di “eccesso di potere“, correlato – a dire degli istanti – alla “volontà politica […] della compagine neo eletta […] di porre in discussione la correttezza dell’operato dei precedenti amministratori”, è stato respinto dal TAR, osservando che “le risultanze degli accertamenti contabili compiuti [autonomamente dall’Ente] sono stati conseguenti ad una serie di irregolarità riscontrate nelle gestioni pregresse e già oggetto di rilievo, da parte della Corte dei conti nei precedenti esercizi“[7].
Sul piano generale, è da rilevare come l’angolazione speculativa del TAR (legata ai vizi dell’atto amministrativo), alquanto diversa da quella imposta dalla materia trattata (legata alla attendibilità e veridicità dei dati di Bilancio), abbia comportato una consistente divaricazione tra la soluzione (sostanziale) attesa dai ricorrenti, circa la reale sussistenza dei presupposti del dichiarato dissesto, e quella (formale) concretamente resa dal Giudice, sulla mera legittimità degli atti impugnati.
Da questo punto di vista, è da considerare come le doglianze degli istanti:
a) sugli accertamenti dei residui, siano stati respinti, anche sulla base degli interventi della magistratura contabile, evidenziando che essi sono stati oggetto “di rilievi da parte della Corte dei conti, con delibera n. 68/2019/VSGF”, per i rendiconti 2015-2017[8], senza tuttavia meglio indagarne la effettiva sussistenza e consistenza;
b) sulla errata determinazione del FCDE, invece, le doglianze stesse siano state dichiarate addirittura inammissibili, per “travalica[mento dei] limiti del sindacato di legittimità”.
In particolare, ha chiarito il TAR su tale ultimo aspetto: “il giudizio dell’amministrazione [sul FCDE] sfugge al sindacato del giudice amministrativo in sede di legittimità, laddove non vengano in rilievo indici sintomatici del non corretto esercizio del potere, sub specie di difetto di motivazione, illogicità manifesta, erroneità dei presupposti di fatto e di incoerenza della procedura“, così che, ha ulteriormente puntualizzato, “il giudice amministrativo non può sovrapporre la propria valutazione a quella della pubblica amministrazione o a quella dell’organo di revisione contabile, deputato ad operare il controllo“[9].
Il gravame è stato invece accolto per i soli profili attinenti al vizio del “difetto di motivazione […] circa la impercorribilità della procedura di riequilibrio finanziario, ex art. 234-bis d.lgs. n. 267/2000“[10], ma con scarsa incidenza di tutela per i ricorrenti (v. oltre).
L’adito TAR, nel presupposto che “il dissesto rimane la misura ultima e residuale“, ha rilevato come “negli atti impugnati non [fosse] rinvenibile una motivazione circostanziata [sulle] ragioni poste a base della scelta di optare per il dissesto, senza ritenere esperibile la procedura di cui all’art. 234-bis citato, dal momento che le asserzioni ostative contenute negli atti impugnati risultano meramente assertive e non danno conto dell’impraticabilità di tale soluzione“.
Di qui l’annullamento degli atti impugnati, “ai soli fini del riesame“, da parte del Comune di Guardiagrele (v. dispositivo della sentenza in commento), senza nulla meglio specificare, da parte dello stesso TAR, circa la reale sussistenza dei presupposti sostanziali del dissesto, dichiarato con l’impugnata deliberazione consiliare n. 44/2021 del predetto Comune, vero oggetto d’interesse dei ricorrenti e della loro domanda giudiziale. In sostanza, la sussistenza o meno delle condizioni del dissesto, desumibile direttamente e matematicamente dai dati di bilancio, da parte di un Giudice terzo e neutrale, e finito per essere semplicemente oggetto di riesame e di nuova motivazione da parte della stessa compagine amministrativa che il dissesto stesso aveva già dichiarato.
A ben altra conclusione si sarebbe giunti se l’adito TAR avesse invece declinato la giurisdizione, in conformità all’eccezione in tal senso sollevata dal Comune di Guardiagrele, per quella propria della Corte dei conti, in rapporto alle norme costituzionali (art. 100, c.2, e art. 103, c.2, Cost.) e ordinarie (art. 11, c. 6, c.g.c.) che la prevedono, in aderenza ai suoi intrinseci, peculiari e storicamente radicati caratteri di specialità e di expertise che la contraddistinguono, rispetto ad ogni altra sfera di competenza giurisdizionale (ex VI disp. trans. e fin. Cost.).
Il giudizio della Corte dei conti sul Bilancio, espressione della sua giurisdizione per materia (piena ed esclusiva), invero, non investe mai l’atto in sé, ma i fatti che esprime. Su di essi la Corte dei conti non incontra limiti valutativi di sorta, per conformità all’ordinamento e ai valori della contabilità pubblica, primi fra tutti quelli correlati alla clausola generale degli equilibri di bilancio (ex art. 81 Cost.).
Nella loro più intrinseca consistenza, tali giudizi si traducono in accertamenti diretti e dicotomici (vero/falso) che riguardano sia, retrospettivamente, la gestione già realizzata (certificandone la correttezza, nonché l’effettività, veridicità e congruenza dei dati), sia, prospetticamente, l’incidenza sulle successive gestioni, nella continua e inarrestabile ciclicità del Bilancio stesso.
Come efficacemente indicato in dottrina, il Giudice del Bilancio non è mai giudice dell’atto o del fatto in sé, ma sempre del “faciendum“[11]. L’oggetto del giudizio, infatti, come emerge anche dalla recente sentenza della Corte costituzionale n. 184 del 22 luglio 2022, non è l’atto veicolante l’informazione sul bilancio, ma l’informazione stessa, espressa, in modo “sintetico” e “trasparente” dal saldo (cfr. C. cost. sent. n. 184 del 20 luglio 2016), che esprime lo stato dell’equilibrio e a cui, la legge, ordinaria e costituzionale, riconducono precisi effetti in termini di obblighi correttivi (cfr. C. cost. sent. n. 250 del 25 ottobre 2013).
Nel recente conflitto di attribuzione definito con la richiamata sent. n.184/2022, sviluppatosi in ordine all’esito del giudizio di parificazione della Regione siciliana, quest’ultima lamentava un eccesso di potere giurisdizionale[12] di tono costituzionale (tant’è che ha presentato un parallelo ricorso per Cassazione, ancora pendente), affermando che il sindacato sull’atto, nel frattempo approvato con legge regionale (novandone la forma), aveva determinato una invasione di competenza costituzionale, a danno dell’autonomia politica della Regione, sindacabile solo davanti al Giudice delle leggi.
La Consulta ha rammentato che l’oggetto del giudizio non è l’atto, bensì, il risultato di amministrazione, ossia il saldo che esprime l’equilibrio e che la Corte dei conti è chiamata a “validare”.
In buona sostanza, vale incidentalmente rilevarlo, il Giudice delle leggi, con la precitata sent. n.184/2022, ha anche fornito le coordinate per il regolamento di giurisdizione, di cui la Cassazione non potrà che prendere atto, per quel che concerne non solo il rapporto tra giurisdizione e amministrazione, ma anche il riparto interno della cognizione tra i giudizi del nostro ordinamento.
Al giudice contabile, dunque, spetta la potestas decidendi sulla legittimità-regolarità del saldo e sulle conseguenze di legge, assorbendo, per materia, atti e situazioni giuridiche collegate.
Del resto, a differenza del Giudice Amministrativo, il Giudice del Bilancio non ha cognizione delle specifiche posizioni giuridiche soggettive dei singoli (diritti soggettivi – interessi legittimi), ma degli interessi finanziari adespoti della intera comunità territoriale, in sé ed ancor più nel loro combinarsi con “l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili” per la comunità stessa, ex art. 244 TUEL. Anche se non è escluso che tali intresi legittimi e diritti possano impingere sul Bilancio, nella misura in cui la legge ricolleghi al saldo conseguenze dirette nella loro sfera giudica. A ciò, tuttavia, sovviene il carattere esclusivo della giurisdizione contabile (ex art. 2 c.g.c.).
Del resto, i valori della contabilità pubblica, a presidio dei quali è prevista anche la responsabilità erariale sanzionatoria, particolarmente rilevante nel dissesto (v. art. 248, commi 5 e 5-bis, TUEL), sono quelli che si sintetizzano nelle istanze di fondo delle regole economiche, ancora prima che giuridiche, nel loro intrecciarsi con le altrettanto basilari esigenze del pluralismo e della democrazia, nel concreto radicarsi nel tessuto sociale e politico del Paese e dunque nel sentimento di appartenenza del Popolo al Territorio (art. 1 Cost.) [13]. Sono, in sostanza, i valori che la Costituzione riconosce ed esprime nel Bilancio, da riguardare ormai non più come un semplice documento ragionieristico-contabile, ma come “bene pubblico” primario dello Stato Comunità: come “bene”, cioè, che si pone alla base dei principi democratici di partecipazione e di uguaglianza in senso sostanziale (art. 3, c. 2, cost.), che ispirano la c.d. “Contabilità di Mandato“, nella sua idoneità a “sintetizzare e rendere certe le scelte dell’ente […] sia in ordine all’acquisizione delle entrate, sia all’individuazione degli interventi attuativi delle politiche pubbliche, [quale] onere inderogabile per chi è chiamato ad amministrare e a sottoporsi al giudizio finale, afferente al confronto tra il programmato e il realizzato” (ex Corte cost. sent. n.184/2016)[14].
D’altronde, com’è stato correttamente osservato in dottrina, il Bilancio è un “bene pubblico” anche per la sua fondamentale funzione di “dare copertura a spese che sono essenziali non solo per il funzionamento [dell’apparato pubblico], ma anche per il soddisfacimento concreto di interessi legittimi e diritti soggettivi [finanziariamente condizionati], che altrimenti rischierebbero di rimanere flatus vocis”[15].
Il Bilancio, dunque, è il fondamento di tutta la contabilità pubblica (macrosistema generale), al quale si rapportano le singole “materie di contabilità”, ex art. 103, c. 2, Cost. (microsistemi specifici di contabilità), tra le quali anzitutto il Controllo della Corte dei conti, ex art. 100, c. 2, Cost., da annoverare anch’essa tra le “materie di contabilità“.
Come primo e più rilevante “bene pubblico”, il Bilancio si conforma al fondamentale precetto dell’ “equilibrio” (ex artt. 81, 97, 117 e 119 Cost.), che impone l’ “armonico e simmetrico bilanciamento tra risorse disponibili e spese necessarie per il perseguimento delle finalità pubbliche” (Corte Cost., sent. n. 250/2013), quale espressione più concreta della sana gestione, e costituisce indispensabile premessa del Buon Andamento amministrativo (ex art. 97, c. 1 e c. 2, Cost.) [16].
I valori ai quali si ispira il Bilancio, ed i correlati principi di “sana e trasparente gestione”, di “sostenibilità della spesa”, di “veridicità ed equilibrio” delle relative poste, da un lato, ed il “coordinamento della finanza pubblica” (cfr. ancora art. 117 Cost.), dall’altro, in funzione degli ancora più generali principi di solidarietà (ex art. 2 Cost.), di pluralismo ed autonomia (art. 5 Cost.) e di concorso al sostegno della spesa pubblica (ex art. 53 Cost.), oltre che di uguaglianza (ex art. 3, c. 1, Cost.) e partecipazione (ex art. 3, c. 2, Cost.), dunque, costituiscono – sul piano concettuale – il nucleo centrale delle “materie di contabilità pubblica”, e richiedono, per la loro effettiva salvaguardia un “organo speciale di giurisdizione” (ex VI disp. tran. e fin. Cost., già citata), in quanto dotato di una speciale competenza e perizia, oltre che di una speciale sensibilità, che gli consente di pervenire esso stesso, direttamente e senza l’ausilio di altri, all’accertamento delle verità giuscontabili, in fattispecie altamente tecniche e complesse, come quelle oggetto del giudizio definito con la sentenza in rassegna.
Il Giudice del Bilancio, invero, non solo accerta la veridicità e l’effettiva consistenza dei residui, oltre che della loro corretta reimputazione, ma verifica anche la congruità del FCDE e, in definitiva dei saldi nel loro complesso, nonché – ai fini della sua approvazione – della possibile riuscita del Piano Pluriennale di Riequilibrio (art. 243-bis TUEL), che possa davvero, per le caratteristiche economico-patrimoniali dell’Ente, escludere il dissesto, sia esso “guidato” (ex art. 6, c. 2, del d.lgs. n.149/2011) che “di diritto” (ex art. 243 – quater, c.7, TUEL)[17].
Il contesto valoriale a presidio del quale interviene la Corte dei conti, dunque, è tale da escludere per essa i limiti di intervento del Giudice Amministrativo, ben evidenziati nella sentenza in commento, ai quali il TAR di Pescara ha dovuto attenersi.
La Magistratura contabile con i propri atti esprime valutazioni ed accertamenti che si sovrappongono a quelli dell’Ente, con effetti conformativi per l’Ente stesso. E ciò senza ledere in alcun modo l’autonomia dell’Amministrazione, attesa la diversità dei piani su cui operano, rispettivamente, la Corte dei conti e l’Amministrazione stessa.
Come recentemente affermato anche dalla Consulta per il giudizio di parificazione (ma con accenti suscettibili di coerente generalizzazione), ex richiamata sent. n.184/2022, [18] gli interventi della Corte dei conti in materia di Bilancio “non determina[no mai] alcuna sovrapposizione tra l’esito del [suo] giudizio […], inerente alla legittimità/correttezza degli specifici dati contabili, e [gli atti] di approvazione del rendiconto [dell’Ente], da intendersi quale adempimento essenziale, in relazione alla responsabilità nei confronti degli elettori e degli altri portatori di interessi (sentenze n. 246 del 2021 e n. 49 del 2018)”. Adempimento che, ha ulteriormente precisato la Corte Costituzionale (ribadendo precedenti arresti), “costituisce presupposto fondamentale del circuito democratico rappresentativo, in quanto assicura ai membri della collettività la cognizione delle modalità di impiego delle risorse e dei risultati conseguiti da chi è titolare del mandato elettorale (sentenza n. 184 del 2016 [e] sentenza n. 18 del 2019)” [19].
In estrema sintesi, le valutazioni della Corte dei conti, a differenza di quelle del Giudice Amministrativo, possono riguardare qualsiasi aspetto della contabilità dell’Ente territoriale, penetrandoli ad ogni livello, in quanto non sussiste alcuna “riserva di amministrazione” da rispettare, con l’unico limite della salvaguardia dei profili inerenti la “Contabilità di mandato“, che opera su un piano del tutto diverso, in quanto espressione del potere politico dell’Ente medesimo di allocare e graduare – in piena autonomia – le risorse pubbliche a favore dei cittadini, in rapporto al concreto grado di soddisfazione dei “diritti inviolabili” (ex art. 2 Cost.) che intende assicurare, mediante “l’assolvimento delle [corrispondenti] funzioni e servizi indispensabili” (ex art. 244 TUEL), nel rispetto dei LEP, ossia dei “Livelli Essenziali delle Prestazioni concernenti i diritti civili e sociali” dei cittadini medesimi (ex art. 120, c. 2, Cost.).
Così descritto l’assetto valoriale della contabilità pubblica, incentrato sul Bilancio, e i corrispondenti poteri cognitivi e decisori della Magistratura contabile, quale Giudice del Bilancio, è evidente che ben altra soluzione avrebbe potuto avere il ricorso definito con la sentenza in commento, se su di esso si fosse potuta pronunciare la Corte dei conti, in base ad un’attenta lettura dell’ “oggetto della domanda” dei ricorrenti (ex art. 386 cpc).
Sull’affermata giurisdizione TAR ha pesato una non appagante interpretazione delle norme sulla giurisdizione delle Sezioni Riunite in Speciale Composizione, di cui all’ art. 11, c. 6, c.g.c., a sua volta condizionata da una non adeguata visione, per ampiezza ed articolazione, delle relazioni di integrazione delle funzioni di controllo e giurisdizionali della Corte dei conti.
Sotto quest’ultimo profilo, è da notare come tali relazioni non si risolvano affatto nella riserva, a favore delle Sezioni Riunite in Speciale Composizione, delle sole controversie sulle “deliberazioni” delle Sezioni Regionali di controllo della Corte dei conti, come ha mostrato di ritenere l’adito TAR Abruzzo. Al contrario, esse si inseriscono in un’impostazione di sistema, a carattere generale e di più ampio respiro, molto più articolata e complessa, ispirata ad una sorta di “parallelismo processuale tra [le] competenze di controllo [di legittimità/regolarità finanziaria] e [la] cognizione delle Sezioni Riunite“[20]. Alla luce delle nuove disposizioni, introdotte dalla l. cost. n.1/2012, in realtà deve ormai riconoscersi che laddove sono le prime (funzioni di controllo di regolarità/legittimità finanziaria), non può che esservi anche la seconda[21].
Le appena richiamate disposizioni della l. n.1/2022, invero, hanno rilanciato la correlazione funzionale tra le competenze di controllo (ex art. 100, c. 2, Cost.) e quelle giurisdizionali (ex art. 103, c.2, Cost.), in una sorta di “parallelismo” che ha rilievo anche sul piano eurounitario, in quanto rafforza lo Stato di diritto italiano in materia di Bilancio, in una logica di sistema che, “da un lato, consente alla legge [e solo alla legge] di stabilire modalità e forme di controllo (art. 20, c. 2, l. n.243/2012), [e] nel contempo impedisce alla legge stessa di obliterarne la connessione, poiché l’abbandono della giurisdizione sul Bilancio equivarrebbe ad una diminuzione di garanzie costituzionali [anzitutto] per gli stessi controllati” [22].
E’ nello spirito di tale rinnovata e più ampia cornice di correlazione funzionale delle competenze della Corte dei conti (di controllo del Bilancio e giurisdizionali sul Bilancio), che si individua l’interpretazione più corretta delle disposizioni sulla giurisdizione delle Sezioni Riunite in Speciale Composizione, ex art. 11, c. 6, c.g.c., in quanto adesiva alle norme Costituzionali sulle attribuzioni della Corte medesima e, soprattutto, ai valori fondamentali della contabilità pubblica, quali dianzi tratteggiate.
Nel delineato contesto, la giurisdizione delle predette Sezioni Riunite “si estende ad una serie di materie specificamente indicate, che però non sono chiuse dentro un elenco tassativo, ma hanno degli elementi di flessibilità, dovute alla peculiare tecnica usata dal legislatore”, dacché l’elenco si riferisce ad atti specifici, ma amplia l’orizzonte applicativo con l’uso dell’espressione “in materia di“[23].
Inoltre, nell’elenco dell’art. 11, c. 6, c.g.c., si stagliano le disposizioni di cui alle lettere e) ed f), atteso che le stesse hanno portata generale e di “apertura” e, in combinata tra loro, permettono di leggere in modo sistematico tutte le altre disposizioni del medesimo art. 11, c. 6.
Le prime delle appena richiamate disposizioni (lettera e) radicano la giurisdizione della Magistratura contabile sugli atti di controllo che intervengono “nelle materie di contabilità“, non menzionate nelle precedenti lettere. E ciò in una dimensione processuale non impugnatoria, ma di “gravame“, in quanto il giudizio innanzi alle Sezioni Riunite non verte mai soltanto sulla “deliberazione” di controllo come tale, ma sul sottostante rapporto giuscontabile e sugli effetti che da esso derivano sul Bilancio[24]. La deliberazione, oggetto di gravame, pertanto ha giusprocessualmente soltanto la funzione di fissare il thema decidendum della pronuncia delle Sezioni Riunite.
La struttura logico-normativa della lettera e), quale norma “aperta”, verso le deliberazioni (tutte le deliberazioni) di controllo impugnabili, si replica in quasi tutte le lettere precedenti del medesimo comma 6, riferibili a specifici istituti giuscontabili del Bilancio. Anche per essi, invero, gli atti delle Sezioni Regionali di controllo, oggetto di gravame, hanno la funzione di delimitare l’area del rapporto giuscontabile su cui interviene il Giudice del Bilancio, con cognizione piena ed esclusiva, estesa anche alle ricadute che dal rapporto stesso derivano sul Bilancio, soprattutto in termini di equilibrio e sostenibilità.
Il carattere strumentale, e non finale, della deliberazione di controllo impugnata, rilevante per la determinazione della “materia del contendere“, ulteriormente evidenzia che la giurisdizione delle Sezioni Riunite in Speciale Composizione è comunque una giurisdizione per “materie” e mai su “atti”[25] .
Una simile conclusione aiuta a comprendere meglio anche la portata delle disposizioni della lettera f) dell’art. 11, c. 6, c.g.c., la quale – a ben vedere – oltre ad aprirsi alle ulteriori competenze che dovessero essere attribuite in futuro dalla “legge”, come sostenuto dal TAR nella sentenza in commento, ricomprende nel suo ambito anche le materie già elencate nelle lettere precedenti del medesimo comma 6 dell’art. 11 appena citato, nei casi in cui non siano state adottate su di esse deliberazioni di controllo, da parte delle competenti Sezioni Territoriali della Corte dei conti.
In tali, ultimi casi, la funzione delimitativa del thema decidendum, che nelle lettere precedenti è svolta dalla deliberazione di controllo impugnata, è implicitamente (ma chiaramente) espletata dall’atto di bilancio, oggetto di gravame, e dalle doglianze dei ricorrenti.
Insomma, mentre la lettera e), quale “norma aperta” di giurisdizione, attrae nel potere decisorio delle Sezioni Riunite in Speciale Composizione le materie in cui intervengono le deliberazioni di controllo della Corte dei conti, la lettera f), anch’essa quale “norma aperta” di giurisdizione, mantiene nella competenza delle predette Sezioni Riunite le medesime materie già assegnate dalle lettere precedenti, quando manca la deliberazione di controllo, ed aggiunge ad esse prospetticamente quelle “ulteriori, […] attribuite dalla legge“.
Come correttamente evidenziato in dottrina, dunque, le disposizioni dell’art. 11, c. 6, c.g.c., sono sia norme di apertura verso nuovi interventi legislativi di ampliamento della giurisdizione delle Sezioni Riunite in Speciale Composizione, sia norma di chiusura della giurisdizione stessa, perché da un lato attuano l’accennato principio del “parallelismo” tra le funzioni di controllo e giurisdizionali della Magistratura contabile (lettera e), ma dall’altro mantengono la ridetta giurisdizione nel suo carattere speciale di “giurisdizione per materie” e non per atti (ex lettera f)[26].
E’ evidente, si ripete, che laddove manca la deliberazione del controllo, la funzione delimitativa del thema decidendum del giudizio innanzi alle Sezioni Riunite in Speciale Composizione è affidata direttamente al gravame ed all’atto di bilancio impugnato: nel caso conosciuto e definito dal TAR con la sentenza in rassegna, dunque, alla deliberazione di dissesto (nonché agli atti da essa presupposti o ad essa connessi e conseguenziali, pure impugnati) ed ai motivi di doglianza, allegati dagli interessati[27].
Le considerazioni finora esposte, ripetono nella sostanza quelle espresse dalle Sezioni Riunite in Speciale Composizione con la sent. n. 32/2020, non condivise dal TAR Abruzzo, alle quali – sebbene non menzionate – si è invece allineato il TAR Lombardia, Sez. I, con la sent. n. 1088 dell’11/5/2022[28].
In realtà, il TAR Lombardia ha raccordato la giurisdizione delle Sezioni Riunite in Speciale composizione alla lettera e) e non alla lettera f) dell’art. 11, c. 6, c.g.c., come sarebbe stato tecnicamente più corretto, data l’assenza in quel caso, come in quello oggetto della sentenza in rassegna, di una deliberazione della competente Sezione territoriale di controllo della Corte di conti, ma si tratta di un profilo del tutto marginale, nel contesto della problematica sulla giurisdizione, definita dalla menzionata sent. n.1088/2002
Sotto un diverso ma correlato profilo, è anche da considerare che le più recenti pronunce della Corte Regolatrice, non considerate dalla TAR Abruzzo nella sentenza in riferimento, hanno mostrato una certa apertura circa la “natura tendenzialmente generale” della giurisdizione contabile, “in difetto di espresse limitazioni legislative“[29].
Sulla scorta di una simile inversione di tendenza (non più intervento positivo di interpositio, ma assenza di espresse limitazioni), la Corte dei conti ha attratto nella sua sfera giurisdizionale sia le controversie sulle relazioni finanziarie tra gli enti territoriali, Federalismo Fiscale[30], sia le azioni di mero accertamento, nei rapporti dell’Ente con i propri agenti della riscossione[31].
La riferita interpretazione delle norme sulla giurisdizione delle Sezioni Riunite in Speciale Composizione, dunque, è coerente anche con le nuove aperture della Corte regolatrice, circa il carattere tendenzialmente generale della giurisdizione contabile, salvo specifiche interpositio limitative del legislatore.
Va da sé che le considerazioni finora esposte non escludono affatto, in assoluto, possibili pronunce del Giudice Amministrativo sugli atti di Bilancio, adottati dall’Ente al di fuori di un qualsivoglia procedimento di controllo della Corte dei conti. Una simile evenienza, però, resta strettamente legata alla corretta individuazione dell’oggetto proprio della domanda giudiziale, desunto dai motivi di doglianza e dagli interessi perseguiti dai ricorrenti, laddove essi possono ritenersi soddisfatti dalla mera declaratoria di legittimità/illegittimità dell’atto gravato, senza minimamente investire gli assetti contabili sostanziali di Bilancio, con le relative ricadute sugli equilibri finanziari e sulla sostenibilità della spesa e dei debiti, come correttamente precisato dalle Sezioni Riunite in Speciale Composizione con la sent. n.32, del 12 novembre 2020, non condivisa dal TAR Abruzzo[32].
Lo spartiacque tra la giurisdizione del Giudice Amministrativo e del Giudice contabile sugli atti di Bilancio adottati autonomamente dall’Amministrazione, dunque, resta sempre e comunque quello indicato dall’art. 386 cpc, basato sull’ “oggetto della domanda“, laddove spetta comunque al Giudice contabile conoscere e decidere le “impugnazioni conseguenti alle deliberazioni delle sezioni regionali di controllo“, ex art. 11, c. 6, lett. e), c.g.c.
Note_______________________________________________________________________________
- Il presente saggio è stato sottoposto a referaggio a doppio cieco come stabilito nella procedura pubblicata nel sito www.dirittoeconti.it ↑
- Si sorvola sulla distinzione tra “dissesto finanziario” e “dissesto funzionale“, di cui all’art. 244 TUEL, in quanto di scarso rilievo pratico, seppur concettualmente valida. Le due forme di dissesto, infatti, hanno una comune origine, costituita dalla mancanza delle risorse necessarie per “garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili“, in relazione all’esistenza di “crediti liquidi ed esigibili di terzi, cui non si possa far validamente fronte con le modalità di cui [ai precedenti articoli] 193 [e] 194“. Esse si differenziano tra loro per aspetti puramente estrinseci: nell’un caso (disseto finanziario), infatti, la carenza delle risorse finanziarie non consente più essa stessa, direttamente, la spesa per i servizi e funzioni “indispensabili“; nell’altro (dissesto funzionale), invece, la penuria delle risorse finanziarie costringe sempre più all’abbassamento degli standard di esercizio delle funzioni e/o di erogazione dei servizi, fino alla loro sostanziale inutilità. ↑
- Si ricorda che l’art. 100 Cost., che affida alla Corte dei conti il controllo sulla gestione del bilancio dello Stato, pur non avendo subito alcuna modifica, è ora pacificamente interpretato nel senso di espandere le sue previsioni anche a tutti gli altri enti territoriali, nella prospettiva della pari dignità di tali enti, in quanto compartecipi nella formazione del bilancio della c.d. “finanza pubblica allargata” (v., in termini, Corte Cost. n. 179/2007, n. 198/2012, n. 23/2014 e successivo consolidato orientamento). ↑
- E’ bene ricordare, nel contesto dell’analisi della sentenza in riferimento ed in rapporto alla necessità che sulle problematiche giuscontabili intervenga soltanto la Corte dei conti, come sia stata la stessa Corte Costituzionale a lamentare, a volte, una sorta di abuso di tecnicalità nella redazione delle norme contabili, soffermandosi anche sulle difficoltà applicative delle stesse e sul rischio di un loro possibile contenuto elusivo dei valori costituzionali e delle assiologie della contabilità pubblica, richiamando, nella sentenza n. 101, depositata il 17 maggio 2018 ed attinente al blocco dell’Avanzo di amministrazione e del Fondo Pluriennale Vincolato, quanto già affermato nella precedente sentenza n. 247 del 2017, ossia che “l’accentuarsi della complessità tecnica della legislazione in materia finanziaria [può] determinare effetti non in linea con il dettato costituzionale e creare delle zone d’ombra in grado di rendere ardua la giustiziabilità di disposizioni non conformi a Costituzione [e che ] è concreto il rischio che un tale modo di legiferare pregiudichi la trasparenza in riferimento al rapporto tra politiche di bilancio, responsabilità politica delle strategie finanziarie e accessibilità alle informazioni da parte delle collettività amministrate” (cfr. § 6.1 della citata sent. n.101/2018). ↑
- V. pag. 13 del testo della sentenza in rassegna (nella versione depositata dal TAR) ed i richiami ivi a SS. UU. n.22645/2016 e n.16631/2014 e n.12496/2017. ↑
- V. ancora pag. 13 della sentenza in riferimento. ↑
- V. pag. 18-19 della sentenza in commento. ↑
- V. pagg. 21-22 della sentenza in riferimento. ↑
- V. pagg. 23 della ripetuta sentenza TAR. ↑
- V. pag. 24-27 della più volte menzionata sent. n. 325/2022 del TAR Abruzzo – Sede di Pescara. ↑
- Cfr. F. Sucameli, “La iurisdictio contabile e la tutela degli interessi diffusi nell’ottica dell’attuazione domestica del principio costituzionale dell’equilibrio di bilancio“, Federalismi.it, n.21/2017. ↑
- Sul tema, cfr. P. Bonini, La questione dell’evoluzione della funzione giurisdizionale (alcune riflessioni sull’eccesso di potere giurisdizionale), in Consultaonline, fasc. III (19 settembre), 2022. ↑
- F. M. Longavita, “Il divieto del ne bis in idem e la responsabilità erariale”, in Diritto & Conti – Bilancio Comunità Persona, n.1/2019. ↑
- V. In termini M. Degni, P. De Ioanna, Il bilancio è un bene pubblico, Castelvecchi, Roma, 2017 e L. Antonini, La Corte Costituzionale a difesa dell’autonomia finanziaria:il Bilancio è un bene pubblico e l’equilibrio di bilancio non si persegue con tecnicismi contabili espropriativi, in Associazione Italiana Costituzionalisti – AIC, 1/2018.Anche con la sentenza n.49 del 5 marzo 2018, il Giudice delle Leggi ha ripreso il tema, ribadendo “il principio secondo cui la trasparenza dei conti risulta elemento indefettibile per avvicinare in senso democratico i cittadini all’attività dell’Amministrazione, in quanto consente di valutare in modo obiettivo e informato lo svolgimento del mandato elettorale e per responsabilizzare gli amministratori, essendo necessariamente servente al controllo retrospettivo dell’utilizzo dei fondi pubblici” (§ 3.4 di tale sentenza). ↑
- Cfr. F. Sucameli, “La iurisdictio contabile e la tutela degli interessi diffusi” già citata.Il medesimo autore, inoltre, intrattenendosi sull’ “equilibrio di bilancio” come “clausola generale” del sistema contabile, secondo le indicazioni del Giudice delle Leggi (sent. 70 del 28 marzo 2012), ne evidenzia la corrispondenza funzionale ai molteplici valori costituzionali, tra i quali essenzialmente quelli della “solidarietà intergenerazionale”, della “concorrenza” e della “effettività degli adempimenti primari del mandato elettorale” (Cfr. F. Sucameli, “L’equilibrio dei bilanci pubblici nella Carta costituzionale e nella legislazione ordinaria. Presupposti e limiti al ripiano pluriennale dei disavanzi di amministrazione degli enti locali e delle regioni”, in “La Corte dei Conti. Responsabilità, Contabilità, Controllo”, a cura di A. Canale, D. Centrone, F. Freni e M. Smiroldo, Milano 2019, pagg.659 e ss. ↑
- Secondo la Consulta, l’art. 97 Cost. “prevede, dopo la riforma, che per tutte le pubbliche amministrazioni l’equilibrio dei rispettivi bilanci sia prodromico al buon andamento e all’imparzialità dell’azione amministrativa”. L’equilibrio, ha precisato la Corte, “da individuare ex post nell’assenza di un disavanzo […] presuppone anche che al positivo risultato finanziario faccia riscontro una corretta e ottimale erogazione dei servizi e delle prestazioni sociali rese alla collettività”. In tal senso, ritiene la Corte Costituzionale che “il miglior rapporto tra equilibrio del bilancio e buon andamento dell’azione amministrativa risied[a] in un armonico perseguimento delle finalità pubbliche attraverso il minor impiego possibile delle risorse acquisite mediante i contributi e il prelievo fiscale; in sostanza, un ottimale rapporto tra efficienza ed equità” (sent. n. 247 del 29 novembre 2017, § 8.5). ↑
- L’accertamento della sussistenza delle condizioni di dissesto, in fondo, corrisponde alla verifica, operata direttamente dal Giudice del Bilancio, dell’inidoneità del Piano Pluriennale di Riequilibrio ad assicurare il “rientro” dell’Ente, nei termini di legge. ↑
- V. sull’argomento M. Cartabellotta : “Procedura di riequilibrio finanziario pluriennale e dichiarazione di dissesto: il conflitto di giurisdizioni in un caso paradigmatico”, in Diritto & conti – Bilancio, Comunità, Persona, n.1/2021. ↑
- V. ancora Corte Cost., sent. n. 184/2022. ↑
- V. in termini anche Corte Cost. sent. n.39 del 6 marzo 2014. ↑
- Cfr. F. Sucameli “Il Giudice del Bilancio nella Costituzione italiana“, Editoriale scientifica Napoli, 2022, pagg. 93 e ss. ↑
- Cfr. ancora F. Sucameli, “Il Giudice del Bilancio” già citato, pag. 106 e ss.L’autore si diffonde sull’argomento, riprendendo i termini storici delle tematiche dottrinarie e giurisprudenziali sul la correlazione delle competenze di controllo e giurisdizionali della Magistratura contabile, evidenziando come “il parallelismo evocato da Salvatore Buscema alla fine degli anni 60 del secolo scorso, abbia [oggi] assunto rilevanza e, in definitiva copertura costituzionale, giustificando la necessità della Corte dei conti sulle deliberazioni di controllo, assunte con il crisma della legittimità-regolarità, ove di producano effetti lesivi nella sfera del soggetto controllato o di terzi” (v. in tal senso pag.113 opera citata). ↑
- V. nuovamente F. Sucameli, “Il Giudice del Bilancio”, già citato. ↑
- V. ancora F. Sucameli “Il Giudice del Bilancio“, con riferimenti anche alla dottrina, sulla distinzione tra “mezzi di gravame e mezzi di impugnazione“, pag. 94-95. ↑
- Cfr., in tema, R. Bocci, “La giurisdizione sull’equilibrio di bilancio in caso di dissesto“, in Diritto & Conti – Bilancio, Comunità, Persona, 6 dicembre 2020 ↑
- V., ancora una volta F. Sucameli, “Il Giudice del Bilancio“, più volte citato. ↑
- La individuazione dell’interesse all’impugnativa è una quaestio facti, da accertare di volta in volta, come correttamente operato dal TAR Abbruzzo nella più volte menzionata sentenza, dovendosi escludere che vi sia una legittimazione esclusiva, magari dell’Ente titolare del controverso rapporto giuscontabile soltanto e nei soli casi di impugnativa della deliberazione di controllo. La stessa Corte costituzionale, infatti, ha esteso la legittimazione ad impugnare la deliberazione di controllo a tutti coloro che si ritengono incisi dalla deliberazione stessa (Corte cost. sent. n.18/2019, § 3). Analogamente, laddove manca una siffatta deliberazione, la legittimazione a gravarsi contro l’atto di Bilancio pertiene a tutti coloro che si sento lesi dall’atto stesso. ↑
- Si ricorda che l’oggetto dell’impugnazione, nel ricorso definito dal TAR Lombardia, era costituito da una deliberazione dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale in materia di rendiconti dei gruppi consiliari, adottata al di fuori del procedimento di controllo della Corte dei conti. ↑
- V. Cass. SS.UU. sent. 28 febbraio 2020, n.5595 e richiami ivi a precedenti arresti. ↑
- V. Corte dei conti, Sez. Giur. Basilicata, sent. n45/2020 e correlata sent. n. 391/2021 della Seconda Sezione Centrale d’Appello, nonché Sezione Giurisdizionale Regione Campania, sentenze n.136 e n. 1045 del 2018 e correlata sent. n.46/2021 della Sez. I Centrale d’Appello. ↑
- V. Corte dei Conti, Sez. II Centrale d’Appello, sent. n. 297/2021. ↑
- Nella sent. n.32/2020 delle Sezioni Riunite in Speciale composizione, invero, si afferma la giurisdizione delle Sezioni Riunite medesime anche sugli atti di Bilancio adottati autonomamente “dal Consiglio comunale o dal Prefetto“, sempreché non siano contestati soltanto “vizi propri dell’atto” (v. § 2, pag. 30). ↑