Breve commento a Sezioni riunite n. 17/2020/RIS (clicca qui)
di Rita Pescatore
Sommario: 1. L’azione (e la giurisdizione) di accertamento, in unico grado, in materia di ricognizione delle amministrazioni pubbliche (art. 11, comma 6, lett. b), c.g.c.); 2. Il merito della “questione FINEST”.
- L’azione (e la giurisdizione) di accertamento, in unico grado, in materia di ricognizione delle amministrazioni pubbliche (art. 11, comma 6, lett. b), c.g.c.)
Con sentenza n. 17/2020/RIS, le Sezioni Riunite della Corte dei conti in sede giurisdizionale in speciale composizione hanno dato seguito al ricorso proposto dalla Società Finanziaria di Promozione della Cooperazione Economica con i paesi dell’est Europeo – Finest S.p.A. per l’annullamento dell’Elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato individuate ai sensi dell’articolo 1, comma 3 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, emanato dall’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) e, nello specifico, in contestazione del proprio inserimento quale “amministrazione pubblica”.
La pronuncia è degna di nota per le implicazioni che il giudizio «in materia di ricognizione delle amministrazioni pubbliche operata dall’ISTAT», previsto dall’art. 11, comma 6, lett. b) del Codice di giustizia contabile (c.g.c.) ha sugli aspetti che attengono alla conoscibilità ed effettività delle condizioni ordinamentali dell’orizzonte giuridico ed economico dell’equilibrio di bilancio. L’ordinamento, difatti, «prevede un’apposita azione affinché si possa definire, con certezza, lo status di ‘pubblica amministrazione’ dei soggetti che vengono (o non vengono) inseriti nell’elenco ISTAT, in quanto ciò ridonda sulle grandezze, nonché sui saldi di uno dei prospetti fondamentali del bilancio della Repubblica».
In via preliminare, le Sezioni Riunite affrontano la questione relativa al «carattere esclusivo e pieno della giurisdizione contabile» nella materia individuata, intesa primariamente quale cognizione di accertamento, oltre che caducatoria, e senza limiti devolutivi («in unico grado», cfr. Sezioni riunite, sentenze nn. 2/2013/EL, 3/2014/EL e 1/2017/EL).
Le SS.RR., in una serie di passaggi argomentativo-concettuali che valgono a far luce sulla causa petendi (a), sulla natura (e le finalità) dell’azione e della giurisdizione esercitata (b) e sugli effetti propri della pronuncia domandata (c), chiariscono che:
- (a) «la situazione giuridica soggettiva, posta in gioco, non è di interesse legittimo, bensì una situazione giuridica a carattere assoluto, consistente in uno status» ovverosia nella «qualificazione di una istituzione come ‘pubblica amministrazione’ che concorre alla formazione del conto economico consolidato e, con l’osservanza di specifiche norme di finanza pubblica, al coordinamento finanziario della Repubblica rispetto agli impegni comunitari», da ciò derivando che «il bene della vita e il tipo di relazione soggettiva evocata con il ricorso, attengono al Bilancio, quale ‘sistema di informazioni’ funzionale alla sintesi e alle scelte di allocazione delle risorse, (C. cost. sent. n. 184/2016) ed in particolare alla certezza della perimetrazione del bilancio della Repubblica (art. 114 Cost.), rilevante nel sistema delle relazioni con l’Unione europea»;
- (b) il carattere assoluto della situazione giuridica in discussione «radica l’interesse ad un’azione di accertamento per la quale non è richiesta la stessa concretezza e attualità che è richiesta per gli interessi legittimi e per situazioni giuridiche soggettive relative» e pertanto «il ‘pregiudizio’ che muove l’interesse al ricorso (alle SS.RR.) è […] l’incertezza che deriva per chi agisce, rispetto agli oneri di solidarietà e di coordinamento che sono connessi al concorso dei soggetti dell’ordinamento al bilancio pubblico»; inoltre, il giudizio (di accertamento) sul provvedimento di ricognizione ISTAT si configura come giudizio non impugnatorio; non si tratta, infatti, di un giudizio sull’atto, in quanto «eventuali vizi procedimentali, o di carenze istruttorie da parte dell’ISTAT, non rilevano in sé, qualora sussistenti, ma solo nella loro concreta e dimostrata alterazione dell’esito finale della valutazione di inclusione degli enti nell’elenco delle amministrazioni pubbliche»: «il provvedimento ISTAT è solo l’oggetto materiale del giudizio, ma non l’oggetto sostanziale»;
- (c) ad ogni buon conto, il provvedimento che si chiede al giudice contabile nella specifica sede interpellato non può non esplicare i suoi effetti anche sulla validità dell’elenco ISTAT, «per i principi di effettività e concentrazione della giurisdizione contabile (artt. 2 e 3 c.g.c.)»: all’accertamento negativo dei presupposti per l’inserimento nel settore “pubblica amministrazione” (settore S.13), infatti, deve tipicamente conseguire l’effetto caducatorio, atteso che a questo Giudice, in ragione del carattere esclusivo e pieno della giurisdizione contabile in tale materia, spetta «assicurare una tutela piena ed effettiva al ricorrente e, per questa via, ripristinare la certezza sul ‘bene pubblico’ del Bilancio (Corte Cost., sentenze n. 184/2016, n. 228/2017 e n. 274/2017, n. 80/2017 e n. 49/2018 nonché Cons. Stato, Sez. IV, sentenze nn. 2200 e 2201/2018).»
Interessante un passaggio che mette in evidenza la matrice comune tra il giudizio sui provvedimenti ISTAT e quello sui ricorsi avverso le pronunce delle Sezioni regionali di controllo, rilevando come in realtà si tratti dello stesso sistema integrato di tutela della “sincerità” di Bilancio. Anche in quel caso, infatti, le “pronunce di accertamento” (così chiamate dall’art. 1 del D.L. n. 174/2012 e dall’art. 148-bis TUEL) «sono emesse nel sistema (integrato) di tutela del Bilancio approntato dall’art. 20 della L. n. 243/2012, nella sua ciclicità»; esse costituiscono accertamenti che, a differenza di quelli compiuti con provvedimenti amministrativi, possono diventare “definitivi” (Corte costituzionale, sent. n. 18/2019) e “fare stato” sui saldi e sulla perimetrazione del Bilancio (SS.RR. sentt. nn. 7/2018/EL e 64/2015/EL) ad una certa data (Corte costituzionale, sent. n. 4/2020).
Concludono, le Sezioni Riunite tornano a precisare che «tanto la funzione amministrativa esercitata da ISTAT, orientata da una finalità pubblica specifica (ossia quella statistica), sia la giurisdizione della Corte dei conti [esercitata nelle forme del controllo, alla stregua di una preliminare fase cautelare, inaudita altera parte, ossia con la partecipazione solo eventuale del P.M. contabile, cfr. qui ], [ed] esercitata in modo neutrale rispetto agli interessi pubblici primari e secondari (nonché ad eventuali interessi privati), concorrono ad eliminare uno stato di incertezza giuridica in ordine ai presupposti per la definizione del perimetro della “pubblica amministrazione”, ai sensi e per agli effetti dell’art. 1, commi 1 e 2, della L. n. 196/2009, nell’ottica della costruzione del conto economico consolidato della pubblica amministrazione».
Nel caso del ricorso ISTAT, il riconoscimento in via amministrativa dello status di pubblica amministrazione fa sorgere peculiari obblighi in capo al singolo attore dell’economia nazionale, che deve conformarsi alle specifiche norme in materia di finanza pubblica, «e per lo Stato italiano, che deve tenere conto dei risultati di bilancio dell’unità istituzionale per il calcolo dei saldi che rilevano nell’ambito delle relazioni comunitarie».
Si tratta di verificare, dunque, una condizione preliminare della sincerità dei saldi.
2. Il merito della “questione FINEST”
Gli aspetti di merito sono contrassegnati dalla «complessità e novità delle questioni affrontate, costituendo (questo) il primo giudizio riguardante società di tipo finanziario», quale risulta la società ricorrente, nonché in considerazione della qualificazione di FINEST S.p.A. come «caso limite (‘borderline’), di difficile classificazione» entro i presupposti per l’inserimento di un’unità istituzionale nel settore S.13 (settore delle pubbliche amministrazioni).
La decisione in commento compie, a tal proposito, lo sforzo di:
- rintracciare ordinatamente le fonti normative che governano la procedura di valutazione dei presupposti e di inserimento nell’Elenco ISTAT (p.ti 2, 2.1, 2.2, 2.2.1, 2.2.2, 2.3, parte motivazionale);
- giustapporre i criteri eurounitari di verifica dello status di pubblica amministrazione secondo un «ordine argomentativo» preciso (p.ti 3-7, parte motivazionale).
Relativamente al primo profilo, le SS.RR. individuano primariamente, quale parametro di legalità del giudizio in oggetto, il Regolamento Ue n. 549/2013 (SEC 2010), di cui deve farsi applicazione nel più ampio contesto ordinamentale tracciato dall’“acquis communitaire” e dalla giurisprudenza interpretativa della Corte di giustizia dell’Unione europea (C. cost. sent. n. 113 del 1985 e, nello stesso senso, le sentenze 389 del 1989; 132 del 1990; 285 del 1993; 249 del 1995). Particolare rilievo assume la sentenza della Corte di giustizia dell’UE, 11 settembre 2019 (cause riunite C-612/17 e C-613/17), emessa su rinvio pregiudiziale delle medesime SS.RR., per aver dettato i canoni interpretativi di portata generale relativi all’applicazione del SEC 2010 (criterio sostanzialista del comportamento economico dell’ente e neutralità della forma giuridica (a); criterio della verifica dei presupposti “in concreto” (b); criterio della riconduzione ad unità delle definizioni in esso contenute (c)). A completare il quadro vi è, inoltre, il c.d. Manual on Government Deficit and Debt edito da EUROSTAT (MGDD), quale fonte di soft law, rilevante ai soli fini esegetici del testo della fonte comunitaria.
Entro una siffatta cornice legale, si ricostruisce sul piano teorico l’area occupata dal settore S.13 con riferimento ai profili soggettivi e cioè delle “unità istituzionali”, anche attraverso la necessaria integrazione delle categorie giuridiche di matrice eurounitaria con quelle più tipiche della scienza della finanza pubblica «non direttamente rievocate dal linguaggio del SEC 2010, ma […] ad esso sottostanti».
Quanto al secondo aspetto, la sentenza non spreca certo l’occasione di saggiare la tenuta dei criteri di verifica dei presupposti che assistono la classificazione dei soggetti economici che operano nell’ordinamento e che diversamente occupano l’alveo delle pubbliche amministrazioni, impostando per il caso specifico della ricorrente FINEST S.p.A. un tracciato cui il giudice contabile si obbliga e che così procede:
- inquadramento dell’attività svolta dalla società come attività finanziaria (p.to 4.7, motiv.);
- inversione dell’ordine di verifica dei requisiti richiesti, ai sensi del § 2.17 del SEC 2010, secondo cui ove sia «difficile decidere sulla classificazione dei produttori di beni e servizi che operano sotto l’influenza delle unità delle amministrazioni pubbliche», si proceda verificando prioritariamente il requisito del ‘controllo pubblico’;
- verifica della «natura della produzione e del produttore in ragione della ‘destinabilità alla vendita’ dei beni e dei servizi che costituiscono l’oggetto sociale di FINEST» sulla base di criteri espressamente individuati (p.to 7.4, motiv.)
Il Collegio giunge così a decisione:
- accerta che la Società FINEST «è un’unità istituzionale che svolge attività finanziaria a scopo di ‘investimento’ e ‘finanziamento’, con funzione di servizio pubblico di interesse generale, perseguita a mezzo di una gestione ‘fuori bilancio’ (§ 20.10, SEC 2010)». Per tale tipo di unità le SS.RR. parlano di una vera e propria presunzione di afferenza alla pubblica amministrazione; con riguardo a ciò e nel riflettere sulla comprovata difficoltà di classificazione della società FINEST, le SS.RR. individuano assai emblematicamente alcune affinità sostanziali con l’attività svolta dalle pubbliche amministrazioni («FINEST, infatti, svolge un’attività non dissimile a quella di una pubblica amministrazione che può effettuare investimenti e attività di finanziamento […]. Del resto, la funzione pratica ed economica delle pubbliche amministrazioni, in generale, è proprio quella di svolgere una intermediazione finanziaria della ricchezza nazionale, tramite poteri autoritativi: come specificato dal §§ 2.111 e 20.01, infatti, lo scopo principale della P.A, è procedere alla redistribuzione della ricchezza anche attraverso la promozione di consumi pubblici o individuali. Le amministrazioni pubbliche (S.13) e le società finanziarie (S.12) da questo punto di vista, condividono il fatto di intermediare la ricchezza accumulata nel sistema produttivo, veicolata attraverso valori finanziari, anche se per scopi e modalità diversi. La pubblica amministrazione, infatti, raccoglie la ricchezza finanziaria e la intermedia, senza rischio di mercato, ora in base al potere giuridico che esercita su un territorio, ora in base al supporto del bilancio pubblico che consente di assumere comportamenti non orientati dalla solo logica della copertura dei costi con un prezzo “economicamente significativo” (poiché persegue finalità pubbliche generali o specifiche, segnatamente redistributive, a favore di imprese o consumatori)», p.to 5, motiv.);
- esclude la Società dal settore S.13, in quanto essa opera in condizioni di «mercato» e a prezzi «economicamente significativi», tale per cui si deve ritenere che essa produca «beni e servizi destinabili alla vendita»;
- annulla l’elenco ISTAT, in parte qua, quanto all’inclusione della ricorrente, in ragione della già chiarita natura della giurisdizione esercitata. L’effetto di annullamento, è il portato dei citati principi di concentrazione ed effettività, ricostruito alla stregua di un effetto necessitato e collegato ad un’azione che è stata riqualificata dal giudice, pienamente, come una azione di accertamento.