Limitazione della responsabilità amministrativa e anticorruzione: il PNRR è adeguatamente protetto?

Prime riflessioni sulla proroga della norma che limita le responsabilità per danno erariale

  1. Premessa

Al fine di partecipare al programma “Next Generation EU” (NGEU), con il quale l’Unione europea intende fronteggiare la grave crisi economica indotta dalla pandemia da COVID 19, il Parlamento ha recentemente approvato, su proposta del Consiglio dei Ministri, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (meglio noto con l’acronimo “PNRR”), con il quale si prevedono una serie di riforme di sistema e importanti investimenti, assistiti da contribuzione comunitaria[1].

Nel pacchetto di riforme della pubblica amministrazione, finalizzate alla semplificazione burocratica e alla riduzione di costi e tempi attualmente gravanti su imprese e cittadini, il PNRR prevede, con riferimento ai contratti pubblici, anche la proroga, fino al 2023, delle disposizioni già contenute nell’art. 21 del d.l. 16 luglio 2020, n. 76[2], tese alla “limitazione della responsabilità per danno erariale ai casi in cui la produzione del danno è dolosamente voluta dal soggetto che ha agito, ad esclusione dei danni cagionati da omissione o inerzia”[3].

Con le norme appena richiamate, il legislatore ha, innanzitutto, novellato l’art. 1 della legge n. 20/94 prevedendo, ai fini della responsabilità amministrativa, che “la prova del dolo richiede la dimostrazione della volontà dell’evento dannoso”[4], così che, stando alla relazione illustrativa, il ‘dolo contabile’ sia riferito “all’evento dannoso in chiave penalistica e non in chiave civilistica”.

Al secondo comma, invece, ha introdotto una norma transitoria, con la quale ha disposto che: “Limitatamente ai fatti commessi dalla data di entrata in vigore del presente decreto [ndr 16 luglio 2020] e fino al 31 dicembre 2021, la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica per l’azione di responsabilità di cui all’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, è limitata ai casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente è da lui dolosamente voluta. La limitazione di responsabilità prevista dal primo periodo non si applica per i danni cagionati da omissione o inerzia del soggetto agente”.

La proroga dell’operatività di tale limitazione temporale, che aveva già destato forti perplessità sin dalla sua introduzione[5], muove dal suggestivo assunto della cd. “paura della firma”, che individua nel timore di incorrere in responsabilità amministrativa una perniciosa causa di rallentamento dei processi decisionali dei vertici amministrativi e dunque un fattore ostativo al buon andamento dell’azione amministrativa, di cui la responsabilità stessa sarebbe a presidio.

Nell’intento di far sì che “i pubblici dipendenti abbiano maggiori rischi di incorrere in responsabilità amministrativa in caso di non fare (omissioni o inerzie) rispetto al fare, dove la responsabilità viene limitata al dolo”[6], il PNRR procrastina, almeno fino al 2023, la deresponsabilizzazione della stragrande maggioranza degli illeciti, ossia quelli sorretti da colpa grave commissiva[7].

Sul punto, i primi commentatori[8] hanno già sottolineato con efficacia le possibili problematiche applicative indotte dal labile confine esistente tra condotte commissive ed omissive nell’attività procedimentalizzata (in riferimento all’omissione di controlli, cautele, ecc.).

Inoltre, hanno avanzato dubbi sulla compatibilità della prevista attenuazione del regime di responsabilità con i principi affermati dalla Corte costituzionale, che aveva già individuato nella colpa grave un delicato punto di equilibrio, “tale da rendere, per dipendenti ed amministratori pubblici, la prospettiva della responsabilità ragione di stimolo, e non di disincentivo”[9].

Nell’imminente arrivo di un’ingentissima mole di risorse nel sistema economico nazionale, la previsione di ultrattività di questa disposizione, laddove confermata negli interventi di decretazione d’urgenza preannunciati dal PNNR, rischierebbe di dar luogo ad un grave depotenziamento dei presidi di legalità e di tutela del corretto impiego delle risorse pubbliche, che gli stessi regolamenti comunitari, incluso quello istitutivo del dispositivo per la ripresa e la resilienza, impongono[10].

Profili di problematicità presenta, innanzitutto, l’affievolimento, in un nevralgico settore di intervento dell’Unione, di un controllo giurisdizionale indipendente, che mira a garantire il corretto utilizzo e la sana gestione delle risorse stanziate nel bilancio comunitario, nonché a prevenire la corruzione e i fenomeni devianti ad essa prodromici, quali, in primis, la frode e il conflitto di interessi.

Prendendo spunto da quest’ultimo aspetto, seguiranno alcune brevi riflessioni sull’impatto della proroga del cd. “scudo erariale” contenuto nell’art. 21 nei confronti delle strategie di contrasto della corruzione, che includono non solo la mera repressione dei fenomeni corruttivi (cd. “anticorruzione in senso proprio”), ma anche la prevenzione degli stessi, mediante misure di ampio spettro tese a ridurne il rischio d’insorgenza (cd. “anticorruzione in senso lato”).

Il descritto mutamento di approccio in senso anche preventivo[11], ormai consolidatosi a partire dalla Convenzione ONU di Merida del 2003[12], muove dalla presa di coscienza delle fisiologiche cause ostative alla repressione dei “reati – contratto” di corruzione, rinvenibili nella natura riservata del pactum sceleris su cui gli stessi si fondano, che le parti contraenti, accomunate dal vantaggio illecito, non hanno alcun interesse a disvelare a terzi.

2. L’impatto della proroga dello scudo erariale sul sistema di prevenzione della corruzione (anticorruzione “in senso lato”)

La progressiva valorizzazione delle strategie di prevenzione dei fenomeni corruttivi ha indotto, in sede internazionale, ad affiancare alla tradizionale accezione penalistica di corruzione[13] un’altra accezione, di tipo extra penale, consistente nella violazione dei presìdi di tutela del principio di economicità nell’azione amministrativa e nel conseguente spreco di risorse pubbliche.

In quest’ultima prospettiva, già la citata Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (UNCAC), adottata a Merida dall’Assemblea generale il 31 ottobre 2003[14] ha varato una serie di misure di ampia portata, di carattere organizzativo, comportamentale, ambientale, tese a ridurre, all’interno delle amministrazioni, il rischio di atti di natura corruttiva in senso proprio e dunque ad evitare una più vasta serie di comportamenti devianti[15].

Nella prevenzione dei fenomeni corruttivi, che ha visto, negli ultimi anni, il potenziamento delle sinergie tra Autorità anticorruzione, Procure della Repubblica e Procure regionali della Corte dei conti (ad esempio, a seguito di segnalazioni dei whistleblowers previste dall’art. 1, comma 51, della legge n. 190/2012[16]), viene considerata “condotta illecita” ogni condotta lesiva dell’interesse dell’integrità della pubblica amministrazione, che, a prescindere da implicazioni di natura squisitamente penale, dia luogo ad un atteggiamento disfunzionale e ad un utilizzo improprio delle risorse pubbliche, sotto il profilo dell’imparzialità, del buon andamento e dell’economicità[17].

Tale ultimo ambito è istituzionalmente presidiato dalla Corte dei conti, che agisce a tutela del buon andamento e della corretta gestione delle risorse pubbliche (art. 97 Cost.), facendo valere, ove ne ricorrano i presupposti, la responsabilità dei pubblici dipendenti (art. 28 Cost.) per le varie ipotesi di danno che ne possono scaturire.

Alla stregua delle considerazioni che precedono, la preannunciata proroga dello scudo erariale, subordinando la repressione degli illeciti contabili dolosi alla necessaria dimostrazione della volontà dell’evento danno e limitando la responsabilità per colpa grave ai soli illeciti omissivi, costituenti l’assoluta minoranza dei casi, rischia indubbiamente di compromettere l’efficacia del controllo giurisdizionale sulla sana e corretta gestione di risorse provenienti dal bilancio dell’UE, neutralizzando, al contempo, un fondamentale presidio di legalità sul corretto e proficuo utilizzo delle risorse correlate al PNRR.

Invero, l’attenuazione dei controlli giurisdizionali contabili in nome di fuorvianti esigenze di celerità decisionale rischia di vanificare quegli stessi principi di buon andamento ispiratori della riforma, dando luogo ad un abbassamento degli standard di diligenza e di oculatezza esigibili da coloro che gestiscono risorse pubbliche.

La prevista riduzione di fondamentali presidi di legalità sul corretto uso delle risorse pubbliche, oltre a risultare poco coerente con basilari principi euro unitari, rischia dunque di avere un impatto fortemente negativo sulle strategie di prevenzione della corruzione attuate negli ultimi anni, creando ampie aree di deresponsabilizzazione e di impunità nell’ipotesi di utilizzo improprio degli aiuti comunitari, i cui effetti nefasti finirebbero per essere riversati a carico della collettività.

Ma v’è di più: in presenza di una così ingente mole di risorse in arrivo, la riduzione dell’effetto deterrente connesso alla limitazione della responsabilità ammnistrativa rischia, addirittura, di incentivare, seppur involontariamente, l’utilizzo improprio delle risorse stesse, alimentando possibili dinamiche corruttive, o esponendo le stesse agli appetiti della criminalità organizzata.

3. L’impatto della proroga dello scudo erariale sui sistemi di repressione dei reati di corruzione (“anticorruzione in senso proprio”).

La prevista attenuazione dei controlli giurisdizionali della Corte dei conti presenta un grave impatto negativo non solo sulle misure di anticorruzione in senso lato, ma anche sulla repressione degli episodi corruttivi, soprattutto laddove questi ultimi si estrinsechino attraverso un utilizzo inappropriato delle risorse pubbliche, ovvero attraverso condotte disfunzionali recanti aggravio di spesa per l’amministrazione.

Come osservato in precedenza, i fenomeni corruttivi sfuggono, nella maggior parte dei casi, alla repressione penale in quanto i sottostanti accordi tesi al mercimonio di pubbliche funzioni restano, di norma, conosciuti esclusivamente dalle parti contraenti (il privato corruttore e il pubblico ufficiale corrotto), accomunate da interessi illeciti.

L’episodica repressione di tali fenomeni, spesso a distanza di tempo dalla commissione dell’illecito, è resa possibile da segnalazioni di terzi[18], occasionalmente venuti a conoscenza dell’accordo criminoso, nonché dall’utilizzo di specifici strumenti investigativi (quali, ad esempio, le intercettazioni telefoniche ed ambientali) di cui solo l’Autorità giudiziaria dispone.

Evidenti limiti, in questa specifica prospettiva, mostrano anche i controlli di tipo formale, che si rivelano inidonei a penetrare lo schermo di apparente regolarità spesso appositamente interposto dai malfattori[19].

Orbene, laddove l’accordo corruttivo, sfuggito alla repressione penale, preveda il compimento di atti in qualche modo implicanti un maggiore esborso a carico dell’Amministrazione[20], le condotte disfunzionali e il correlato aggravio di spesa acquisiscono un’importante rilevanza sintomatica.

In questi casi, infatti, il danno all’erario, unitamente alla condotta antidoverosa, costituiscono traccia visibile (potremmo dire “la punta dell’iceberg”) di dinamiche corruttive rimaste latenti, che nè il Pubblico ministero penale (per assenza di denunce) né quello contabile (per la limitatezza dei mezzi istruttori a sua disposizione) sono riusciti ad intercettare.

Nel delineato contesto, la ridotta perseguibilità di danni erariali cagionati con colpa grave impedisce la repressione, sul versante giuscontabile, di indebiti esborsi che solo apparentemente trovano causa in condotte gravemente scriteriate ed illogiche, ma che, invece, traggono origine da precise dinamiche corruttive rimaste conosciute solo alle parti.

Anche sul versante squisitamente repressivo, dunque, la prospettiva di riforma presenta aspetti molto problematici, rischiando di rendere immuni da sanzione, anche sotto il profilo dell’illecito erariale, tutti quei danni cagionati da condotte disfunzionali apparentemente irrazionali, ma in realtà ispirate da logiche illecite ed attuative di accordi corruttivi rimasti del tutto impuniti.

In questo modo, si rischia di eliminare anche un fondamentale profilo di deterrenza “extra penale”, costituito dal rischio di incorrere in responsabilità amministrativa, che fino ad ora il pubblico funzionario infedele ha accettato, laddove si sia ritenuto adeguatamente “indennizzato” dal pretium corruptionis.

Per fare un esempio in tema di contratti pubblici, si pensi all’ipotesi in cui, per la fornitura di alcuni dispositivi medici, il funzionario precedentemente corrotto di un’Azienda sanitaria corrisponda alla ditta appaltatrice un importo ben maggiore di quello dovuto, attestando la regolare ricezione di merce regolarmente fatturata, ma in realtà recante quantità o qualità inferiore rispetto a quelle contrattualmente pattuite, a seguito di – altrettanto regolare – procedura di aggiudicazione.

Oppure, si pensi all’ipotesi di una variante in corso d’opera nella costruzione di un’opera stradale legittimamente aggiudicata, nella quale il direttore dei lavori infedele attesti la regolare fornitura e posa in opera di materiale, in realtà di qualità o quantità ben inferiori a quelle contrattualizzate.

In scenari – non infrequenti – di questo genere, nei quali il sovrapprezzo remunera l’illecito esborso dell’imprenditore, i protagonisti dell’accordo criminoso rischiano di sfuggire non solo alla repressione penale, ma anche a quella contabile, nel momento in cui non fosse più perseguibile neppure il correlato danno erariale, cagionato da condotta commissiva del funzionario o del direttore dei lavori solo in apparenza gravemente incauta ovvero distratta.

Inoltre, in un contesto già fortemente penalizzato dalla limitatezza di strumenti probatori a disposizione degli inquirenti, nel quale si cerca di incentivare (ad esempio, attraverso la tutela del whistleblower) l’emersione degli illeciti corruttivi, la limitazione della prova del dolo alla volontà dell’evento lesivo, preannunciata dal PNRR, rischi di acuire ulteriormente le difficoltà di repressione dell’illecito contabile, laddove attuativo di dinamiche criminali rimaste latenti.

Anche sul piano repressivo, dunque, le limitazioni introdotte finiscono per affievolire il controllo giurisdizionale teso a contrastare gli episodi corruttivi (in senso proprio), dando luogo ad una situazione di totale impunità, nella quale i molteplici danni indotti dalla plurioffensività dell’illecito (da tangente, da disservizio, all’immagine, alla concorrenza, ecc.)[21] finirebbero inevitabilmente per essere riversati sulla collettività.

4. Considerazioni conclusive e di sintesi

Con le brevi considerazioni che precedono, si è cercato di fornire qualche spunto di riflessione “a caldo” sui possibili effetti problematici che la prevista proroga del regime limitativo della responsabilità amministrativo contabile avrebbe sia sulle politiche di prevenzione della corruzione (cd. “anticorruzione in senso lato”), sia su quelle di repressione (cd. “anticorruzione in senso proprio”).

Tale proroga, allo stato solo preannunciata nel PNRR, per divenire effettiva postula alcuni interventi di decretazione d’urgenza, solo a seguito dei quali sarà possibile formulare una valutazione più compiuta su una riforma, che, allo stato, inseguendo slogan fuorvianti, rischia di dar luogo ad un’involontaria eterogenesi dei fini.

La prevista ultrattività delle limitazioni alla responsabilità per danno erariale può rivelarsi pregiudizievole per quei principi di buon andamento dell’azione amministrativa cui si ispira la riforma, finendo per compromettere il sistema di tutele ad ampio spettro contro la corruzione messo a punto a livello internazionale, nel quale i giudizi di responsabilità si inseriscono a pieno titolo.

Verrebbe fortemente ridotta, infatti, l’operatività di un importante controllo giurisdizionale sul corretto utilizzo delle risorse pubbliche, che costituisce un fondamentale presidio nei confronti di situazioni devianti di diffusa illegalità, scarsa trasparenza e di cattivo uso delle risorse pubbliche, costituenti brodo di coltura ideale per i fenomeni corruttivi.

In uno scenario composito, che per ovviare ai limiti fisiologici della tutela penale prevede una stretta interconnessione tra misure di prevenzione e di repressione di fenomeni corruttivi, non va sottovalutato l’ulteriore vuoto di tutela che si verrebbe a creare nei confronti di tutti quei danni erariali che, invero, costituiscono la punta dell’iceberg di dinamiche corruttive rimaste sotto traccia e dunque impunite.

Da qui, dunque, il rischio che il percepito allentamento delle tutele e dei correlati effetti deterrenti, proprio nell’imminenza di una così ingente quantità di risorse, costituisca, involontariamente, un fattore di incentivo per utilizzi distorti delle risorse pubbliche.

In una prospettiva di reale tutela dell’integrità delle ingenti risorse derivanti dal cd. “recovery fund”, merita forse un’attenta riconsiderazione il ruolo tutorio e di garanzia svolto dalla Corte dei conti sull’uso coerente di preziose risorse, che costituiscono per il Paese, già fortemente provato dalla crisi congiunturale[22], un’imperdibile occasione di rilancio economico, di innalzamento dei suoi livelli di competitività a livello internazionale, nonché di ammodernamento.

È auspicabile, dunque, un’inversione di rotta verso un reale efficientamento dei presidi di garanzia già esistenti, in luogo di pericolose “ricalibrature” della tutela erariale, che lascerebbero immutati, per di più in uno stadio di pericolosa latenza, fenomeni di cattiva amministrazione delle risorse, i cui costi graverebbero sulla collettività attuale e sulle future generazioni.

Francesco Albo

  1. Dalla lettura del PNNR, emerge che per l’Italia, il solo Dispositivo per la ripresa e resilienza (RRF) garantisce risorse per 191,5 miliardi di euro, da impiegare nel periodo 2021-2026, delle quali 68,9 miliardi costituiscono sovvenzioni a fondo perduto e 122,6 miliardi tramite prestiti della RRF, cui si aggiungono quelle derivanti dal Pacchetto di assistenza alla ripresa per la coesione e i territori di Europa (REACT-EU). Le risorse comunitarie sono stanziate a valere su un plafond complessivo di 750 miliardi di euro, dei quali 390 a fondo perduto.
  2. Convertito con modificazioni dalla legge n. 11 settembre 2020, n. 120.
  3. Cfr. PNNR, cit., pag. 65.
  4. Sez. giur. Toscana, sent. n. 313/2020, secondo cui la limitazione temporale contenuta nell’art. 21, comma 2, del dl n. 76/2020 dovrebbe estendersi, pur in assenza di espliciti termini applicativi, alla disposizione contenuta nel comma 1, che pertanto non andrebbe intesa come temporalmente circoscritta al contesto pandemico ed emergenziale che ha giustificato la straordinaria necessità e urgenza per l’adozione del decreto-legge.
  5. Cfr. Benigni A., Prima lettura del dl n. 76/2020 tra formante legislativo ed interpretazione costituzionalmente orientata, in Rivista Corte conti n. 55/2020; Ciaramella A., La sopravvivenza normativa della responsabilità erariale, in Diritto e conti 2020; AAVV, Il dolo contabile dopo l’art. 21 del decreto legge semplificazioni fra contraddizioni ed incoerenze di sistema, in Rivista Corte conti n. 6/2020; Amante E., La “nuova” responsabilità amministrativa a seguito del dl n. 76 del 2020, in Urbanistica e appalti n. 1/2021; Caso L., Il condono degli sprechi non può essere la via per la Recovery Italiana, ne Il sole 24 ore, 10 maggio 2021.
  6. Vedasi in tal senso la relazione illustrativa al d.l. n. 76/2020.
  7. Tale rischio è stato segnalato in molte relazioni in occasione dell’Inaugurazione dell’Anno giudiziario 2021.
  8. Cfr. Benigni, cit. .
  9. Cfr. Corte cost., sent. n. 371/1998, secondo la quale “Nella combinazione di elementi restitutori e di deterrenza, la limitazione della responsabilità amministrativa alla sola colpa grave risponde alla finalità di determinare quanto del rischio dell’attività debba restare a carico dell’apparato e quanto a carico del dipendente”.
  10. Cfr. Serlenga G., Balloriani M, Si crea sviluppo con un giudice forte, non con la rinuncia alla legalità; in Il dubbio, 12.5.2021; Gerardo M, I quattro pilastri governativi per l’utilizzo efficiente del Recovery Fund: scelta di “buoni” progetti, semplificazione delle procedure, reperimento di adeguate professionalità, limitazione delle responsabilità gestorie. Analisi e rilievi, in Rassegna dell’Avvocatura dello Stato numero 4/2020.
  11. Cfr. Montanari M., La normativa italiana in materia di corruzione al vaglio delle istituzioni internazionali, in Diritto penale contemporaneo.
  12. Tale Convenzione, non a caso, contiene due parti: una rivolta a rafforzare l’azione repressiva e penale, l’altra a potenziare quella preventiva.
  13. Sia per la Convenzione ONU che per altre Convenzioni internazionali predisposte da organizzazioni internazionali firmate e ratificate dall’Italia (la più importante delle quali prevede l’istituzione del Group of States Against Corruption cd ”GRECO”), la corruzione consiste in comportamenti soggettivi impropri di un pubblico funzionario che, al fine di curare un interesse proprio o un interesse particolare di terzi, assuma (o concorra all’adozione di) una decisione pubblica, deviando, in cambio di un vantaggio (economico o meno), dai propri doveri d’ufficio, cioè dalla cura imparziale dell’interesse pubblico affidatogli.
  14. Convenzione ratificata dallo Stato italiano con la legge 3 agosto 2009, n. 116.
  15. Vengono in rilievo una serie di misure di contrasto a situazioni ambientali criminogene in cui alligna il malaffare, nelle quali l’anteposizione di interessi personali può condurre ad uno sviamento della funzione amministrativa e, comunque, ad un cattivo uso delle risorse pubbliche.
  16. A riguardo, l’art. 54 bis del d.lgs. n. 165/2001, introdotto dall’art. 1, comma 51, della l. n. 190/2012 prevedeva l’ipotesi di denuncia di condotte illecite presentata all’autorità giudiziaria o alla Corte dei conti. La tutela dell’anonimato in sede di indagini della Procura regionale è stata successivamente rafforzata dall’art. 1 della legge 30/11/2017, n. 179 e, in sede di riforma del codice di giustizia contabile, dall’art. 20, comma 1, lett. a, del d.lgs. n. 114/2019, che ha riformato l’art. 52, comma 1 del Cgc.
  17. In questo senso, già il primo Piano nazionale anticorruzione del 2013 prende a riferimento un’ampia accezione di corruzione, che trascende le implicazioni di natura penale e coincide con la “maladministration”, <<intesa come assunzione di decisioni (di assetto di interessi a conclusione di procedimenti, di determinazioni di fasi interne a singoli procedimenti, di gestione di risorse pubbliche) devianti dalla cura dell’interesse generale a causa del condizionamento improprio da parte di interessi particolari>>. Pertanto, prende a riferimento <<atti e comportamenti che, anche se non consistenti in specifici reati, contrastano con la necessaria cura dell’interesse pubblico e pregiudicano l’affidamento dei cittadini nell’imparzialità delle amministrazioni e dei soggetti che svolgono attività di pubblico interesse>>.
  18. Tali segnalazioni agli organi tutori sono incentivate attraverso le forme di tutela del whistleblower stabilite dall’art. 54 bis del d.lgs. n. 165/2001.
  19. In questa prospettiva, particolare attenzione merita il controllo concomitante intestato alla Corte dei conti dall’art. 22 del dl n. 76/2020, che si svolge sui principali piani, programmi e progetti relativi agli interventi di sostegno e di rilancio dell’economia nazionale. Esso mira all’accertamento di gravi irregolarità gestionali, ovvero di rilevanti e ingiustificati ritardi nell’erogazione di contributi secondo le vigenti procedure amministrative e contabili.Per una riflessione sui controlli previsti dal PNRR cfr. D’Ambrosio L., Quanto è vicino il 2023! Chi controllerà l’andamento del PNNR? in Diritto e conti, 13 maggio 2021.
  20. Fattore, quest’ultimo, in cui trova generalmente remunerazione il pretium corruptionis.
  21. Per un’efficace disamina delle diverse forme di responsabilità scaturenti da una fattispecie corruttiva, cfr., da ultimo, Sez. giur. Lombardia, sent. n. 159/2021.
  22. Nel 2020, il prodotto interno lordo italiano si è ridotto dell’8,9 per cento, a fronte di una media nell’Unione Europea del – 6,2%.

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