Con la deliberazione 17 maggio 2021, n. 7 (clicca qui), le Sezioni riunite in sede di controllo (nell’ambito della funzione consultiva) sono intervenute sull’attuale e complesso tema dell’influenza, sui rapporti contrattuali delle pubbliche amministrazioni, dell’emergenza derivante dalla pandemia COVID-19.
Il quesito era stato proposto, in origine, da un comune alla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna, e da questa rimesso ai fini dell’adozione di un principio di massima. L’istanza era relativa alla possibilità di accordare, in via temporanea ovvero sino alla scadenza del contratto, una riduzione del corrispettivo alle imprese di ristorazione, locatarie di beni di titolarità dell’ente, che ne avessero fatto richiesta, in ragione dei provvedimenti di chiusura al pubblico adottati negli ultimi mesi, nonché della crisi economica. L’importanza della questione è indirettamente confermata dal fatto che, pur in assenza di un contrasto giurisprudenziale, il riscontro all’avviso è stato direttamente rimesso alle Sezioni riunite, in modo da garantire l’adozione di una linea di condotta uniforme da parte degli enti locali coinvolti.
Le Sezioni riunite hanno compiuto una moderata apertura alle esigenze sottese all’istanza di parere e alla più recente linea evolutiva della giurisprudenza civilistica. Quest’ultima, partendo dai non amplissimi presupposti dell’eccessiva onerosità sopravvenuta (la richiesta originaria riguardava infatti l’applicazione dell’articolo 1467, comma 3, del codice civile), ha sempre più esaltato il ruolo della buona fede (interpretativa, esecutiva ma anche integrativa) per restringere l’alea economica del contratto. Così, come evidenziato anche da recentissime pronunce della giurisprudenza di merito, un evento straordinario e imprevedibile come la pandemia, anche se letteralmente non rende più difficile la controprestazione pecuniaria del conduttore-imprenditore, modifica sensibilmente le condizioni di mercato in cui quest’ultimo opera, anche utilizzando il bene condotto.
Le stesse Sezioni riunite, tuttavia, hanno posto una serie importante di limiti, che si giustificano con il ruolo assolutamente preponderante della parte pubblica nell’adeguamento ipotizzato. Nelle fattispecie rappresentate, infatti, è ipotizzabile che la riduzione del corrispettivo non sia concessa dal comune per prevenire un’azione del privato diretta a ottenere la risoluzione, ma sia accordata a seguito di un’iniziativa stragiudiziale di quest’ultimo. In primo luogo, deve essere registrata “la significativa diminuzione del valore di mercato del bene locato” anche in ottica prospettica, non essendo sufficiente che il conduttore-imprenditore si limiti a lamentare perdite pregresse. In secondo luogo, l’ente locale deve valutare la possibilità che la risoluzione del contratto (che del pari libera il privato da una prestazione diventata onerosa) si dimostri maggiormente favorevole all’interesse pubblico. Infine, anche laddove sussistano entrambi i presupposti indicati, come di consueto l’amministrazione procedente deve garantire la salvaguardia degli equilibri di bilancio, evitando tra l’altro che le minori entrate possano incidere sulle spese sociali di propria competenza, anch’esse notevolmente ampliate dalla crisi economica conseguente alla pandemia.