La responsabilità per le spese dei gruppi consiliari: la II Sezione d’Appello fa il punto su diversi aspetti

Seconda Sezione Centrale d’Appello Sentenza 95/2021

La richiesta di rito abbreviato deve essere formulata, ai sensi dell’art. 130, comma 3, c.g.c. a pena di decadenza “contestualmente al gravame principale, incidentale o con la comparsa di costituzione e risposta”, sicché quella contenuta nelle note conclusionali (sia pure in via di mera reiterazione), è sicuramente tardiva, e come tale inammissibile. Il decreto di rigetto dell’istanza da parte del collegio, in sede d’appello, segna il definitivo e irreversibile passaggio dal “rito abbreviato” al “rito ordinario” con la conseguenza che ogni ulteriore valutazione deve essere compiuta alla stregua della disciplina processuale che governa il mezzo di impugnazione, inibendo l’ulteriore reiterazione della richiesta di definizione “agevolata” della controversia.

Gli atti di costituzione in mora, notificati ai presunti responsabili di un danno erariale, benché provenienti dal P.M. contabile (non dall’amministrazione danneggiata), e distinti dall’invito a dedurre, devono considerarsi idonei a interrompere il termine prescrizionale ex art. 2943 c.c., purché abbiano tutti i requisiti di cui all’art. 1219 c.c., anche per gli illeciti consumatisi prima dell’entrata in vigore del codice della giustizia contabile. Deve escludersi, infatti, la manifesta fondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, n.t.a. c.g.c. per violazione dell’art. 7 c.e.d.u., in forza dell’interposizione dell’art. 117 Cost., in considerazione della natura risarcitoria della responsabilità amministrativa, tale da precludere l’estensione analogica del principio penalistico dell’applicabilità della lex mitior, nella successione di leggi (penali) nel tempo.

Sussiste la responsabilità amministrativa del consigliere regionale e del capogruppo per l’illecita distrazione dei fondi istituiti per il funzionamento dei gruppi consiliari, anche quando le risorse siano state impiegate per attività attinenti al partito di riferimento. Al Fondo affluiscono, infatti, i contributi rivenienti dalla fiscalità di massa, versati dai cittadini in adempimento dei loro “doveri inderogabili di solidarietà” (ex art. 2 Cost.), con un vincolo di finalizzazione ineludibile, di talché non possono che essere impiegate se non per le necessità di funzionamento degli organismi associativi, creati nell’ambito dell’istituzione deputata a svolgere la funzione legislativa, costituzionalmente riservata all’Assemblea regionale, al cui esercizio le spese devono essere “inerenti”.

La gestione del Fondo per il funzionamento dei Gruppi consiliari refluisce nella rendicontazione generale della Regione e, perciò, nella contabilità di mandato, quale espressione, tra le più rilevanti, del “bene pubblico Bilancio”, tesa a dare conto del “realizzato” e del “consumo delle risorse impiegate”, in ragione di accountability e di “partecipazione dei cittadini all’organizzazione politica economica e sociale del Paese”. L’impiego delle somme stanziate in un bilancio pubblico deve sempre concretizzarsi in modo conforme alle corrispondenti finalità istituzionali, come indicate dalla propria previsione normativa, e deve in ogni caso rispettare i principi di uguaglianza, imparzialità, efficienza, dovendo tendere primariamente alla realizzazione dei “livelli essenziali delle prestazioni” (LEP), nonché alla promozione dello sviluppo e della coesione sociale, in quadro di leale collaborazione tra lo Stato e le autonomie locali. Il dovere, imposto dalla Carta fondamentale ai pubblici funzionari, di adempiere le proprie funzioni con “disciplina” e “onore”, comporta, oltre all’osservanza dei precetti e delle norme di azione ad essi destinati, l’adozione di comportamenti improntati ai valori essenziali dell’etica pubblica, secondo una dimensione non solo statico-soggettiva (quale parametro di valutazione della condotta personale degli agenti), ma anche dinamico-collettiva (quale impegno generale ad evitare che l’organizzazione della compagine pubblica diventi strumento di dispersione o di diluizione della responsabilità degli agenti, piuttosto che di prevenzione e rafforzamento della stessa).

Lart. 21 d.l. n. 76/2020, non si applica ai rapporti sorti antecedentemente all’entrata in vigore della norma perché di carattere sostanziale, ai sensi dell’art. 11 disp. prel. c.c. Nonostante l’uso di termini come “prova” e “dimostrazione” che rinviano a istituti di carattere processuale, un’interpretazione logico-sistematica non può non considerare che il legislatore, in un contesto emergenziale e finalità dichiaratamente semplificatorie, ha operato un innesto su una norma sostanziale (art. 1, comma 1, l. n. 20/1994), introducendo una nozione di dolo “erariale” a contenuto tipizzato, che non può spiegare effetti sui processi pendenti.

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