Contabilità di mandato e giurisdizione sulle sanzioni

SS. RR. Speciale Composizione, sent. n. 28 dell’8 ottobre 2019.

La relazione di fine mandato, prevista dall’art. 4 del d.lgs. 6 settembre 2011, n.149, nel testo modificato dall’art. 11-bis del d.l. 10 ottobre 2012, n.174, convertito dalla l. 7 dicembre 2012, n.2013, e quindi dall’art. 11 del d.l. 6 marzo 2014, n.16, convertito dalla l. 2 maggio 2014, n.68, è espressione della c.d. “contabilità di mandato”, ex art. 1 Cost., nei termini concettuali delineati dalla Corte Costituzionale con le sentenze n.184/2016, n.228/2017 e n.18/2019.

La relazione di fine mandato è normativamente funzionalizzata al coordinamento della finanza pubblica, all’unità economica della Repubblica ed al principio di trasparenza del Bilancio e rientra perciò nelle “materie di contabilità pubblica”, ex art. 102. c. 2, e 103, c.2, Cost. .

L’omessa o infedele compilazione della relazione di fine mandato e/o la sua tardiva pubblicazione sul sito dell’ente integra gli estremi di un illecito contabile a base sanzionatoria.

L’applicazione della sanzione di cui all’art. 4, c. 6, del d.lgs. n.149/2011 e s.m.i. compete alle Sezioni Giurisdizionali Regionali della Corte dei conti, ex artt. 24 e 111 Cost., in relazione alla riserva costituzionale di giurisdizione a favore della predetta Corte, prevista dagli artt. 102, c.2, e 103, c.2, Cost. .

La sentenza in riferimento, pur dichiarando inammissibile (per tardività) il ricorso proposto contro la deliberazione della Sezione Regionale di Controllo della Corte dei conti per la Campania n.150/2018/VGS del 19 dicembre 2018, con la quale era stato accertato l’omessa pubblicazione sul sito del Comune della relazione di fine mandato, prevista dall’art. 4 del d.lgs. 6 settembre 2011 n.149 e s.m.i., affronta una serie complessa e variegata di problematiche, concernenti la predetta relazione.

Tra le più rilevanti questioni affrontate dalla sentenza, va segnalata anzitutto quella che riconduce la relazione in discorso alla c.d. contabilità di mandato.

Si ricorda che, nella visione della Consulta, la contabilità di mandato esprime la “responsabilità politica del mandato elettorale, [la quale] si esercita, non solo attraverso il rendiconto del realizzato, ma anche in relazione al consumo delle risorse impiegate” (cfr. Corte cost. sent. 14 febbraio 2019, n.18 e richiami, ivi, a precedenti pronunce).

Secondo autorevole dottrina, la contabilità di mandato costituisce “il sale della democrazia, poiché la fiducia elettorale dovrebbe essere conferita, negata o confermata a secondo della concreta capacità di proporre e attuare programmi secondo costi sostenibili” [1].

La contabilità di mandato, nella misura in cui riesce a dare adeguate indicazioni circa la significativa corrispondenza tra prelievo fiscale, obiettivi prefissati e realizzazioni compiute, costituisce una delle principali manifestazioni delle molteplici funzioni della contabilità pubblica e, più in generale, del Bilancio, quale “bene pubblico”. E ciò con l’avvertenza, però, che “l’uso della contabilità di mandato presuppone una rigorosa verifica di corrispondenza” dei fatti rappresentati e quelli concretamente realizzati, nel rischio che essa “diventi un mero strumento assertivo di propaganda politica, quando sia svincolata da un credibile processo di accertamento conformativo, compiuto da un organo terzo e indipendente”[2], come la Corte dei conti[3].

L’accenno alla Corte dei conti, quale organo esclusivo di verifica della effettività della relazione di fine mandato, è coerente con la funzione della relazione stessa, normativamente indicata dal comma 1 dell’art. 4 del d.lgs. n.149/2011, che è bene riproporre testualmente, per la chiarezza di formulazione e di intenti perseguiti: “al fine di garantire il coordinamento della finanza pubblica, il rispetto dell’unità economica e giuridica della Repubblica, il principio di trasparenza delle decisioni di entrata e di spesa, le province e i comuni sono tenuti a redigere una relazione di fine mandato”.

La relazione di fine mandato, nel contesto normativo del diritto del bilancio[4], dunque, si colloca appieno tra le “materie di contabilità pubblica”, che perimetrano – con riserva costituzionale – la giurisdizione della Corte dei conti, nella sua duplice dimensione, non contenziosa e contenziosa, espressa con l’attività di controllo e giurisdizionale in senso stretto, inquirente, requirente e decisoria, in tale ultimo ambito (ex artt. 102, c.2, e 103, c.2, Cost.).

In siffatto contesto, anche le questioni legate alla relazione di fine mandato, rientrano in quella sfera di tutela giurisdizionale che la costituzione riserva alla magistratura contabile, ai sensi degli artt. 24 e 111 Cost.[5]

In coerenza con il preliminare inquadramento della più volte menzionata relazione nell’ambito della contabilità di mandato, la sentenza in rassegna assume un rilievo di primissimo piano laddove orienta, con lucidità e dovizia di argomenti, verso la giuridica necessità di ricondurre alla giurisdizione della Corte dei conti l’applicazione della sanzione, prevista dall’art. 4, c. 6, d.lgs. n.149/2011, nel testo introdotto dal d.l. n.175/2012 e s.m.i., per la omessa o infedele compilazione della ridetta relazione.

La sentenza, a tal riguardo, ricostruisce con puntualità e chiarezza i passaggi logico-giuridici e procedimentali che hanno condotto la Sezione delle Autonomie ad attribuire il potere sanzionatorio di cui al precitato art. 4, c. 6, del d.lgs. n.149/2011 e s.m.i al dirigente responsabile del settore del personale del comune (o della provincia) al quale (o alla quale) appartiene il sindaco (o il presidente) inadempiente, ex deliberazione n. 15/SEZAUT/2015, del 9-30 aprile 2015.

La Sezione delle Autonomie, con tale deliberazione, aveva escluso – è bene ricordarlo – che l’omessa o infedele compilazione della relazione di fine mandato o la sua tardiva pubblicazione sul sito dell’ente locale integrasse gli estremi di un illecito amministrativo-contabile, fonte di responsabilità erariale sanzionatoria.

La sentenza in riferimento, invece, prende le distanze dalla riferita pronuncia della Sezione delle Autonomie e perviene a conclusioni del tutto diverse, conformi a quelle rassegnate dalla Sezione Regionale di controllo per l’Umbria con la deliberazione n.129/2014/QMIG del 12 novembre 2014, con la quale era stata sollevata la questione di massima, definita dalla Sezione delle Autonomie con la ripetuta deliberazione n. 15/SEZAUT/2015.

Muovendo dalle considerazioni espresse dalla Sezione umbra, con l’appena richiamata deliberazione di deferimento, corroborate dai più recenti arresti della Consulta[6], le Sezioni Riunite hanno indicato una chiara esigenza di ripristino delle regole sulla giurisdizione, per ricondurre alla competenza esclusiva delle Sezioni Giurisdizionali regionali della Corte dei conti anche l’applicazione della sanzione per l’omessa o infedele redazione e pubblicazione della relazione di fine mandato, prevista dal comma 6 dell’art. 4 del d.lgs. n.149/2011 e s.m.i. . Tanto, al fine di escludere asimmetrie e distonie di sistema, come quelle legate alle pronunce di giudici diversi dalla Corte dei conti nelle “materie di contabilità pubbliche”, nella quale si colloca – giova ripeterlo – anche la relazione di fine mandato, e segnatamente del Giudice di Pace[7], che inevitabilmente finiscono per occuparsene, una volta che la sanzione che rende effettiva la relazione stessa è stata inquadrata tra quelle meramente amministrative, ovvero “tra le disposizioni precettive connotate da finalità di tutela della finanza pubblica che spetta all’ente locale portare ad attuazione” (cfr. § 2 delib. n.15/SEZAUT/2015/QMIG citata).

  1. V. A. Carosi, Il principio di trasparenza nei conti pubblici, in Rivista AIC n.3/2018.
  2. Cfr. ancora A. Carosi, Il principio di trasparenza appena cit.
  3. V. F. M. Longavita, I nuovi connotati della funzione di controllo, intervento al convegno sul tema: “La Corte dei conti al servizio delle comunità: riflessioni e prospettive a 25 anni dall’emanazione delle leggi 19 e 20 del 1994”, Aula SS.RR. 14 novembre 2019,Roma.
  4. V., per la portata concettuale del Diritto del Bilancio, “Il diritto del Bilancio e il sindacato sugli atti di natura finanziaria”, Corte Costituzionale, Atti del convegno del 16-17 marzo 2017 dedicato alla Magistratura Contabile, Corte Costituzionale, Milano 2019, nonche F.M. Longavita, già cit. .
  5. V., in proposito, F. Sucameli, La “iurisdictio” contabile e la tutela degli interessi diffusi, nell’ottica dell’attuazione “domestica” del principio costituzionale dell’equilibrio di bilancio, in Federalismi.it, 8 novembre 2017.
  6. Cfr., tra le altre pronunce richiamate nella sentenza in commento, Corte Cost. sent. 14 febbraio 2019, n.18 e precedenti ivi menzionati.
  7. Cfr., tra le tante, sent. n.7/2017 del Giudice di Pace di Gubbio.Di particolare interesse, in tale sentenza, i rilievi con i quali il Giudice ha annullato la sanzione comminata dal Comune di Gubbio, ai sensi dell’art. 4, c.6, del d.lgs. n.149/2011 e s.m.i..Il giudice di Pace è pervenuto al predetto annullamento in applicazione delle disposizioni generali sul procedimento sanzionatorio di cui alla l. n.689/1981, deliberatamente discostandosi dai principi affermati dalla Sezione delle Autonomie con la deliberazione n.15/SEZAUT/2015, ritenuti (“laicamente”) non condivisibili, rispetto alle regole fondamentali della contabilità di mandato, nel presupposto che essi non vincolassero il medesimo Giudice di Pace, nella loro portata nomofilattica, in quanto organo di un diverso ambito giudiziario, rispetto alla Magistratura Contabile.

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