Sentenza n. 32 del 12.11.2020 delle SSRR in speciale composizione della Corte dei Conti
Il conflitto di giurisdizione tra Corte dei conti e Giudice amministrativo in materia di dissesto. La Corte è il giudice naturale del bilancio come “blocco di materia” a diretta attribuzione costituzionale
di Rossella Bocci
Se è pacifico che la Corte dei conti è il giudice delle controversie nelle “materie” di contabilità pubblica in base della “natura pubblica dell’ente” e dell’elemento oggettivo pubblico ovverosia del “denaro e bene oggetto della gestione” (Corte Costituzionale sentt. n. 17/85; n. 189/84; n. 241/84; n. 102/77) permanevano molti dubbi sul suo ambito di cognizione e sui rapporti con la giurisdizione del giudice amministrativo, segnatamente in materia di dissesto.
Il problema delle difficoltà finanziarie degli enti locali, in conseguenza di amministrazioni poco efficienti sia che si tratti di enti deficitari, in pre-dissesto o in dissesto ha un pesante impatto, in primo luogo, su gli enti locali stessi che vengono “commissariati” e, secondariamente, su creditori, imprese, banche e l’intera collettività. La certezza del giudice cui rivolgersi è tanto più rilevante se si tiene conto del crescente e determinante ruolo che la Corte dei Conti assume, non a garanzia della legalità formale della finanza pubblica, ma per l’efficace gestione del Bilancio “bene pubblico”.
Con la recentissima sentenza n. 32/2020 le SSRR della Corte dei conti in speciale composizione non solo hanno fatto luce sulla tormentata questione di quale sia la corretta sede giudiziaria in cui valutare il rapporto tra la dichiarazione consiliare di dissesto e l’avvio della procedura del dissesto guidato (in ragione di un incombente rischio di contraddittorietà tra pronunce giudiziarie, attesa la contemporanea pendenza di cause presso i due giudici speciali, cfr. E. Scatola, L’incipiente conflitto di giurisdizione tra Corte dei conti e Giudice amministrativo. Alla ricerca di un centro di gravità permanente, su questo sito), ma il Giudice contabile dell’ “unico grado” ha interpretato in modo evolutivo il concetto di contabilità pubblica di cui all’art. 103, secondo comma della Costituzione a cavallo tra passato, presente e futuro.
L’attribuzione giurisdizionale, infatti, riguarda il bilancio come sistema di informazioni fondamentali, fatte di saldi e perimetro (oggettivo ovvero poste e soggettivo ovvero enti che ricadono nell’area del consolidamento delle poste medesime) al servizio dell’interesse finanziario adespota alla “sincerità”, nell’ottica di una effettiva accountability democratica. L’attribuzione alla Corte dei conti di questo “bene della vita” è oggetto di un’attribuzione speciale, non soggetta ad intermediazione legislativa, ma che trova il proprio fondamento direttamente in Costituzione. La norma evocata, in combinato disposto con l’art. 103 Cost, è l’art. 100 comma 2, che attribuisce alla Corte il controllo successivo sul bilancio (prima dello Stato, oggi per effetto della L. cost. n. 3/2001 e della L. cost. 1/2012, a tutte le pubbliche amministrazioni).
In proposito è evocata la sentenza C. cost. n. 60/2013 che ha vietato l’attribuzione dell’audit e del sindacato di legittimità ad organi amministrativi che “surrogano” il ruolo costituzionale della Corte. La ricostruita combinazione normativa si chiude con l’evocazione dell’art. 25 Cost, in base al quale l’esclusività si impone non solo verso le pubbliche amministrazioni, ma anche verso gli altri giudici atteso che, in base agli artt. 103 comma 2, disp.VI trans. e 111 Cost., nel sistema della giurisdizione italiana, la Corte dei conti è il giudice naturale del fondamento della contabilità pubblica, ossia, appunto, il bilancio come oggetto della funzione di controllo. In quest’ottica l’art. 11 comma 6 del Codice di giustizia contabile sarebbe una norma “sulla competenza” con un’elencazione esemplificativa, con funzione di certazione dei perimetri, non una norma innovativa sulla giurisdizione, la quale si basa invece su norme costituzionali ad applicazione diretta.
In questa prospettiva, infatti, l’art. 103 comma 2 Cost. si pone a garanzia del bene pubblico bilancio per assicurare non solo l’effettività della tutela giurisdizionale degli interessi adespoti al bilancio, ma anche quella dei singoli cittadini “lesi” in modo certo e necessitato dalla “esecutività” delle pronunce di accertamento del controllo (artt. 113 e 24 Cost.).
La sentenza ha quindi affrontato funditus importanti temi in maniera davvero “innovativa” come la “integrazione” fra funzione di giurisdizione e controllo della Corte dei conti (pag.20); la legittimazione ad agire di soggetti diversi dall’ente controllato, che si assumono titolari di situazioni giuridiche soggettive lese dalla pronuncia della Sezione di controllo (pag. 32); la possibilità di esperire l’azione popolare ex art 9 del Tuel (pag 35). In questa sede si ripercorrono articolatamente solo gli aspetti che riguardano la giurisdizione.
La vicenda trae origine da due distinti ricorsi avverso due pronunce della Sezione di controllo dell’Abruzzo, rese al termine di una intensa attività di controllo sullo stato di salute della finanza del comune di Scanno e consistenti rispettivamente nell’adozione di misure correttive ai sensi dell’art. 148-bis Tuel e nell’accertamento dei presupposti dell’art. 243-quater, comma 7, del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (Tuel).
Nel corso del procedimento ex art. 243 bis del Tuel era, peraltro, intervenuta una dichiarazione di dissesto dell’ente medesimo impugnata, dai medesimi ricorrenti alle SSRR in speciale composizione, dinanzi al TAR Abruzzo il quale, con sentenza n. 135 del 22 aprile 2020, annullava la deliberazione. A sua volta la sentenza del TAR era stata impugnata presso il Consiglio di Stato dalla civica amministrazione, la cui richiesta di sospensione cautelare dell’esecutività della sentenza non veniva accolta. Non essendo stato nel frattempo discusso il merito del giudizio, con la pronuncia n. 131/2020/PRSP del 6 luglio 2020 la Sezione di controllo per l’Abruzzo della Corte dei conti, da un lato, confermava l’invarianza della situazione di bilancio, dall’altra rilevava una situazione di dissesto ai sensi dell’art. 243-quater, comma 7, Tuel, per effetto dello sforamento del termine perentorio di 90 giorni previsto dall’art. 243-bis, comma 5, Tuel per l’approvazione del piano di riequilibrio e accertava l’avvio della parte terminale della procedura di dissesto guidato ex art. 6, comma 2, D.lgs. n. 149/2011 ordinando la trasmissione della pronuncia al Prefetto de l’Aquila.
È evidente il rischio di possibile conflitto di giudicati.
Chiarito l’ambito ed il carattere “esclusivo” della giurisdizione della Corte dei conti in tema di contabilità pubblica, ai sensi degli articoli 100 comma 2 e 103, evocando lo storico precedente della sentenza SS.RR. sent. n. 2/2013, l’arresto in esame, come sopra detto, riqualifica come norma sulla competenza quanto disposto dal codice di giustizia contabile, segnatamente per la materia de quo dall’art 11, comma 6, che parla, tra l’atro, espressamente, di giurisdizione “esclusiva” (“Le Sezioni riunite in speciale composizione, nell’esercizio della propria giurisdizione esclusiva in tema di contabilità pubblica…”).
Inoltre, ripercorrendo il cammino giurisprudenziale che ha riconosciuto la Corte dei conti “come organo posto al servizio dello Stato-comunità”, e non già soltanto dello Stato-governo, “garante imparziale dell’equilibrio economico-finanziario del settore pubblico e, in particolare, della corretta gestione delle risorse collettive sotto il profilo dell’efficacia, dell’efficienza e della economicità” (Corte cost. sentenza n. 29/1995-punto 9.2 cons. in diritto) e successivamente come organo dello Stato-ordinamento con funzione di controllo, intesa nello stretto senso del sindacato neutrale di legittimità sul bilancio (Corte cost. sent n. 60/2013 – punto 4 cons. in diritto), la pronuncia in esame evidenzia che la Corte dei conti è il giudice naturale precostituito per legge in materia di contabilità pubblica (art. 25 Cost.). Sicché rammenta che esiste una vera e propria riserva (assoluta) di cognizione della legittimità-regolarità dei bilanci, che “vale tanto nei confronti delle pubbliche amministrazioni, che non possono surrogare l’attività di controllo della Corte, quanto verso le altre giurisdizioni, che non possono alterare il riparto di giurisdizione previsto dalla Costituzione (art. 102 Cost.; art. VI disp. trans.; nonché artt. 113 e 103 Cost.), surrogando il controllo che spetta alla Corte dei conti e sindacandone in sede giurisdizionale l’esito. Significativo, in proposito, è che la Costituzione esonera le decisioni della Corte dei conti dal ricorso per Cassazione per violazione di legge (art. 111 ultimo comma Cost.).”.
Ciò in quanto l’integrazione tra la funzione del controllo ed il relativo sindacato risponde all’esigenza di rendere effettivo non solo il diritto costituzionale, ma anche quello comunitario, nel quale vige un principio ed un dovere generale di trasparenza dei conti pubblici. La sentenza evidenza la catena normativa alla base di tale esclusività ed esigenza di effettività: l’art 100 Cost., l’art 5, comma 1, lett. a) ed e) della L. cost. n. 1/2012, l’articolo 20 della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (cd. legge rinforzata emessa in attuazione dell’art 81 u.c. Cost. , art. 97 comma 1 e art. 119 comma 1 Cost.) per quanto riguarda il diritto interno; l’art. 126 TFUE, la direttiva sui quadri di bilancio ed il SEC 21010, nonché, infine, l’art. 19 TUE per quanto attiene il principio di trasparenza nonché l’effettività e l’equivalenza delle tutele giurisdizionali a garanzia del diritto euro-unitario. Infatti, si osserva che l’art. 20 della L. n. 243/2012 è “doppiato” dall’art. 30 della L. n. 161/2014 (c.d. “legge europea 2013-bis”).
Le SS.RR in speciale composizione giungono a tale conclusione sulla base della fondamentale argomentazione per cui “la giurisdizione della Corte dei conti in materia di bilancio, riguardando la verifica in concreto, preventiva e successiva, degli andamenti di finanza pubblica, è una giurisdizione integrata, esclusiva e per “blocco” di materia”.
Ne consegue che la giurisdizione della Corte dei conti sussiste anche sugli atti conseguenti del Consiglio comunale e del Prefetto, qualora ad essere contestati non siano vizi propri dell’atto, ma il presupposto tecnico giuridico del dissesto in relazione all’accertamento dei requisiti richiesti per la sua dichiarazione, previsti dall’art. 243-quater, comma 7, e 244 Tuel. In buona sostanza, se occorreva trovarsi un “centro di gravità permanente“, la sentenza lo individua nel combinato disposto degli artt. 100, 103 e 25 Cost,, allargato alla prospettiva euro-unitaria, proponendo una “cura” per la calcolabilità giuridica delle decisioni del sistema giurisdizionale.
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