Corte di cassazione, Sezioni Unite civili; ordinanza 15 settembre 2020, n.1971
Le Sezioni Riunite sono ritornate sulla nozione di giudicato implicito.
Va esclusa la configurabilità di un giudicato implicito sulla giurisdizione, preclusivo del ricorso alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in relazione al vizio di eccesso di potere giurisdizionale non dedotto in sede di appello. Non trattandosi di vizio che possa dar luogo ad un capo sulla giurisdizione autonomamente impugnabile, ma di questione di merito, del cui esame il giudice vene investito con la proposizione del gravame in base alle regole processuali. L’interesse a ricorrere alle Sezioni Unite per far valere l’eccesso di potere giurisdizionale potrà sorgere esclusivamente rispetto alla sentenza d’appello che, in quanto espressione dell’organo di vertice del plesso giurisdizionale, è suscettibile di ledere la sfera delle attribuzioni del potere amministrativo e legislativo.
Nella specie, è stata confermata la sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti in tema di responsabilità amministrativa e contabile del capogruppo del Consiglio regionale e del consigliere regionale in relazione alla illecita gestione delle somme erogate a titolo di contributi pubblici al gruppo consiliare.
Si è ritenuto che non assumessero rilievo né il principio dell’insindacabilità di opinioni e voti di cui all’art. 122, c. 4, Cost., non estensibile alla gestione dei contributi, né l’esistenza di una disciplina regionale che contempli l’approvazione dei rendiconti da parte dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio.
La declaratoria di inammissibilità del ricorso per Cassazione trova fondamento nel principio secondo cui, contro le decisioni della Corte dei conti, lo stesso è consentito soltanto per motivi inerenti alla giurisdizione ed è circoscritto all’osservanza dei limiti esterni della giurisdizione. Il giudice contabile non viola tali limiti quando censura, non già la scelta compiuta nell’esercizio del mandato consiliare, bensì il modo in cui viene attuata operando un giudizio di conformità a legge dell’azione, che non investe l’attività politica e tantomeno l’area della discrezionalità o del merito.
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