La Corte dei Conti blocca la spesa del Comune di Napoli.

La sanzione del blocco di spesa: una delle prime applicazioni.

1. La giurisdizione nella “forma” del controllo nella materia di contabilità pubblica per antonomasia, il bilancio.

La Corte dei conti esercita una giurisdizione unitaria che, nella materia del bilancio, si esercita primariamente attraverso la forma “non contenziosa” del controllo.

Il bilancio, infatti, è un “bene pubblico”, «nel senso che è funzionale a sintetizzare e rendere certe le scelte dell’ente territoriale, sia in ordine all’acquisizione delle entrate, sia alla individuazione degli interventi attuativi delle politiche pubbliche, onere inderogabile per chi è chiamato ad amministrare una determinata collettività̀ ed a sottoporsi al giudizio finale afferente al confronto tra il programmato ed il realizzato» (Corte Cost., sentenze n. 184/2016, n. 228/2017, n. 247/2017 e n. 49/2018. In questo senso cfr. altresì, recentemente, Consiglio di Stato, sez. IV, sentenze nn 2200e 2201/2018).

Ciascuna decisione di bilancio si inserisce in un flusso continuo di fatti di gestione che si dipanano nel tempo e che attraverso le scritture contabili vengono prima previsti e poi rendicontati. Sia le previsioni (che con riguardo alla spesa, in contabilità pubblica, hanno natura autorizzatoria), che le rendicontazioni (nei termini in cui la misurano l’equilibrio positivo o negativo di bilancio), hanno un contenuto normativo che si riconduce al precetto fondamentale dell’equilibrio, secondo cui vi deve essere un «armonico e simmetrico bilanciamento tra risorse disponibili e spese necessarie per il perseguimento delle finalità pubbliche» (sentenza n. 250/2013).

Pertanto, tale giurisdizione consiste essenzialmente nel potere generale di accertare illegittimità/irregolarità che inficiano il bilancio nel suo svolgimento dinamico (rendicontazione/programmazione) e si dipanano attorno alla regola fondamentale del suo equilibrio e dei suoi corollari. Infatti, «Esattamente come il diritto non può non essere ragionevole, il bilancio, qualsiasi bilancio non può non essere in equilibrio (come la stessa etimologia dell’istituto evoca) ed è questa la ragione per cui tale precetto costituisce la misura stessa della ragionevolezza delle prescrizioni giuridiche che riguardano il bilancio e, poi, dei suoi contenuti adottati con legge o con atto amministrativo».

Quando tale cognizione riguarda il bilancio degli enti locali, come è noto adottato in forma amministrativa, il potere di cognizione dell’atto giuridico bilancio (nella sua forma rendicontativa e programmatoria) – a garanzia della sua effettività – è presidiato dal “rimedio”, del c.d. bocco della spesa.

2. La finalità cautelare del blocco della spesa. Tale rimedio è previsto come effetto ope legis dell’accertamento della “inadeguatezza” delle misure correttive, adottate a fronte di irregolarità e squilibri in precedenza rilevati dalla stessa Magistratura, con una prima pronuncia di accertamento.

In tale modo si realizza la finalità cautelare della procedura di cui all’art. 148-bis TUEL. Infatti, nelle more di un adeguato riequilibrio, si rischia di determinare il blocco della economia costruita attorno al bilancio pubblico, da un lato, determinando il rifiuto dei fornitori di erogare ulteriori beni e servizi all’amministrazione per la constatata insostenibilità finanziaria della spesa, dall’altro di penalizzare l’erogazione beni e servizi la cui erogazione a cittadini è necessaria e costituzionalmente doverosa. La Repubblica, infatti, nelle sue varie articolazioni (art.114 Cost.) non può sottrarsi, giova ripetere, per ragioni finanziarie, all’erogazione di prestazioni che sono costituzionalmente necessarie (in quanto afferenti ai “livelli essenziali delle prestazioni” concernenti i diritti civili e sociali ai sensi dell’art. 117, 2° c. lett. m e 120 comma 2 Cost.). È, infatti, «la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione» (Corte costituzionale, sentenza n. 275/2016).

3. Il rapporto con altre procedure di controllo. Poiché non necessità di un squilibrio strutturale per essere attivato, nonché per il carattere cautelare della misura, volto ad evitare il peggioramento di situazioni di squilibrio variamente manifestate, tale procedura di controllo può essere avviata anche nell’ambito di altre che non si focalizzano sulla legittimità del bilancio annualmente adottato, ma sulla legittimità/regolarità della cornice giuridica scelta per il rientro:

  • per verificare la “congruità” degli obiettivi e dei mezzi nonché della sua esecuzione (PRFP ex art. 243-bis e ss. TUEL),
  • per avviare un regime straordinario di governo dello squilibrio (dissesto guidato, ex art. 6, comma 2, D.lgs. n. 149/2011), data l’impossibilità di provvedervi ai sensi e per gli effetti degli artt. 193 e 194 TUEL.

Ai fini della verifica della sussistenza della fattispecie legale cui consegue l’effetto preclusivo dell’art. 148-bis, il Giudice del controllo deve accertare la sussistenza dei due seguenti presupposti normativi: i) da un lato, la mancanza o l’inidoneità delle misure correttive; ii) dall’altro, la mancanza di provvista per i programmi di spesa deliberati nel bilancio di previsione.

4. Il concetto di “misura correttiva” nella continuità della decisione di bilancio. Le misure correttive sono costituite dalla correzione delle scritture contabili e per l’effetto da una corretta rimodulazione del bilancio di previsione, che costituisce lo strumento di correzione naturale degli squilibri e su cui, infatti, si scarica l’effetto di un eventuale blocco della spesa.

La valutazione di adeguatezza delle misure dunque, si impunta principalmente sul bilancio di previsione e preliminarmente sulle rettifiche scritturale (rendiconto e contabilità pregressa) che ne costituiscono la premessa contabile. Del resto, è la Corte costituzionale a ricordare che, in considerazione del principio della continuità di bilancio e degli esercizi finanziari (sentenza n. 274/2017), per porre rimedio a queste situazioni di conflitto tra gestione ed equilibrio di bilancio, emerse in sede di rendiconto o comunque in corso di gestione, lo strumento è quello «dell’adozione di appropriate variazioni del bilancio di previsione» (sentenza n. 250/2013).

5. I limiti alla modifica delle scritture contabili del riaccertamento straordinario. Nel caso in cui la misura correttiva necessaria, in base alla prima pronuncia, consista preliminarmente nella rettifica delle scritture contabili, financo del riaccertamento straordinario, tale misura correttiva deve essere esercitata nei limiti stabiliti dalla legge e dagli accertamenti della stessa Corte dei conti che individuano i margini di correzione in autotutela dell’atto, nel rispetto del principio dell’unicità dell’accertamento. Non può pertanto investire aspetti non contemplati come irregolarità del riaccertamento dalla Corte dei conti.

6. L’istituto del finanziamento del FCDE tramite il FAL. Tra gli aspetti che non potevano essere modificati vi era la quantificazione del FAL (fondo anticipo liquidità) rispetto al FCDE (Fondo crediti dubbia esigibilità), in applicazione dell’art. 2, comma 6, del D.L. n. 78/2015. La successiva interpretazione autentica resa dell’art. 1, comma 814, della L. n. 205/2017, infatti, ha riguardato esclusivamente il termine per l’applicazione della norma interpretata ma non le sue modalità applicative.

In ogni caso, la vera finalità dell’art. 2, comma 6, del D.L. n. 78/2015, non può essere quella di distrarre il FAL dalle sue funzioni, ma di consentire una riduzione del sacrificio aggiuntivo, in termini di spesa, richiesto dalla nuova contabilità armonizzata, diminuendo l’impatto del “maggiore disavanzo” collegato al FCDE. Tale finalità è chiarita dall’art. 1, comma 814, della L. n. 205/2017, che nell’intento di risolvere i contrasti ermeneutici emersi in sede applicativa, ha precisato, in modo coerente con il sistema, che la norma interpretata era applicabile già in sede di riaccertamento straordinario, consentendo, già con tale decorrenza, una riduzione del sacrificio aggiuntivo in termini di spesa, richiesto dalla nuova contabilità armonizzata (e diminuendo l’impatto del “maggiore disavanzo” collegato al FCDE, che non esprime disavanzi effettivi, ma solo prudenziali e cautelativi).

Poiché il FCDE può corrispondere ad effettive insussistenze e quindi a disavanzi destinati a manifestarsi a breve come minori residui attivi, per evitare che il FAL venga utilizzato a ripiano di una spesa corrente (ovvero un disavanzo latente) si è ritenuto che l’“utilizzo” ammesso dall’art. 2, comma 6, del D.L. n. 78/2015 possa essere esclusivamente quello legato ad un comprovato e attuale miglioramento sul lato della riscossione delle entrate (SRC Sicilia nn. 150/2017/PRSP e 13/2018/PRSP). Si è ritenuto, cioè, che la ridetta disposizione non possa che autorizzare un “utilizzo” del FAL a finanziamento del FCDE solo nei limiti degli incassi in conto residui registrati in corso d’anno (SRC Campania n. 1/2017). Per contro, è inammissibile un integrale e non giustificato assorbimento di un fondo nell’altro, perché l’effetto sarebbe sicuramente quello del surrettizio finanziamento della copertura di disavanzi effettivi «generando una “plusvalenza fittizia” ai fini della determinazione del risultato di amministrazione» (cfr. Corte costituzionale n. 89 del 2017)», spendibile come maggiore spesa negli esercizi futuri. Una simile interpretazione dell’istituto vanificherebbe de plano la funzione del FAL come delineata dalla giurisprudenza costituzionale (sentt. n. 181/2015 e n. 89/2017), ponendosi in diretto contrasto con gli artt. 81, 97 e 119, comma 6, Cost. Diversamente interpretando la disposizione, la norma sarebbe in modo manifesto in contrasto con la Costituzione, con riguardo ai parametri degli artt. 81, 97 comma 1 e 119, comma 6, obbligando il giudice a quo a sollevare questione di legittimità costituzionale della norma, considerato che la Costituzione e la legge gli vietano di dare applicazione a norme della cui costituzionalità dubita (art. 1 della L. cost. n. 1/1948 e artt. 23 e 24 della L. n. 87/1953).

7. Il calcolo dell’extra-deficit. Il “maggiore disavanzo” da riaccertamento straordinario si calcola come differenza tra risultato di amministrazione, secondo la vecchia formulazione antecedente al D.lgs. 118/2011 (al 31.12.2014) e il nuovo disavanzo armonizzato, secondo le nuove regole del D.lgs. n. 118/2011 (al 1° gennaio 2015, art. 1 d.m. 2 aprile 2015). Non si calcola come differenza tra “obiettivo di riequilibrio” al 31.1.2014 (obiettivo statico intermedio, a consuntivo, del PRFP) e nuovo disavanzo armonizzato al 1° gennaio, in quanto tale operazione non attiene al calcolo del c.d. extra-deficit ex art. 1 del d.m. 2 aprile 2015 ma all’eventuale riformulazione/rimodulazione del PRFP in ragione del riaccertamento straordinario, come già previsto dall’art. 1, comma 714 della L. n. 208/2015.

8. Il principio del ribaltamento del disavanzo non recuperato. Una volta acceduto ad un piano di rientro pluriennale, il tempo di rientro del piano rimane definito in quello originario e le quote di disavanzo non recuperate vanno ad aggiungersi a quelle da recuperare nell’anno successivo, secondo la regola del pareggio. Tale corollario logico è stato espressamente codificato dall’art. 4, comma 2, del d.m. 2 aprile 2015 che, infatti, è una norma tecnica meramente attuativa di principi e di norme generali del D.lgs. n. 118/2011 e non una norma che innova precetti di leggi che, tra l’altro, non sono nella disponibilità di una fonte subordinata come un decreto ministeriale. Per tale ragione, la quota di disavanzo da applicare nell’esercizio, avrebbe dovuto contemplare, oltre che la quota trentennale di pertinenza nel 2018, quella non recuperata negli esercizi 2016 e 2017.

9. I limiti generali della misura dell’alienazione dei beni patrimoniali. Sul piano dei contenuti del bilancio, il bilancio di previsione, ove tra le misure preveda l’alienazione di beni patrimoniali ed in particolare di immobili, esso deve essere conforme all’art. 58 dall’art. 58 del D.L. n. 112/2008 (conv. Legge 6 agosto 2008, n. 133). In base a tale norma regioni, province, comuni e altri enti Locali, con deliberazioni dei rispettivi organi consiliari, sulla base della proposta dell’organo di governo, approvano il piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari, il quale deve essere allegato al bilancio di previsione. Tale piano deve riguardare immobili: a) ricadenti nel territorio di competenza, b) non strumentali all’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, c)che siano altresì “suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissione”. I richiamati presupposti sono condizioni di legittimità dell’inserimento nel piano delle relative alienazioni. Con riguardo alla suscettibilità alla “valorizzazione”, si deve ritenere che essa coincida con la sussistenza delle condizioni per la valorizzazione patrimoniale ai sensi dell’IPSAS (International Public Sector Accounting Standards,) n. 16, §§ 20, 27 e 45 che danno rilievo all’idoneità del bene a costituire “investimento” (uscendo dalla condizione di “Owner-occupied property)” per le parti della transazione e ad essere oggetto di valutazione di mercato (fair value). Per quel che concerne invece la “suscettibilità alla dismissione”, si tratta di un requisito complementare a quello della “non strumentalità”. Entrambi concorrono a preservare in modo adeguato l’utilizzazione di un bene per un pubblico scopo. In buona sostanza, sono suscettibili i) “di valorizzazione” beni che hanno caratteristiche che li rendono appetibili per il mercato e, allo stesso tempo, a “godimento” rinunciabile o sostituibile, in relazione all’uso funzionale cui è attualmente destinato; ii)“di dismissione”, beni che sono accompagnati da una valutazione di impatto, in termini di costi sostitutivi e di tempi di sostituzione, dell’uso attuale.

10. I limiti di adeguatezza della misura dell’alienazione dei beni patrimoniali, in ragione dell’esperienza e delle caratteristiche dei beni. Cionondimeno, le stime effettuate, nell’ambito di un bilancio pubblico di previsione, non possono riguardare solo il valore atteso, ma anche la capacità di realizzarlo entro i tempi previsti in modo da finanziare la spesa, ovvero, la riduzione del “debito” inteso in senso ampio (disavanzo ovvero, comunque, spesa senza copertura o debito per la restituzione del capitale di terzi). Diversamente ragionando, infatti, il rischio cui ci si espone è di programmare spesa o di dovere sostenere debito immediatamente esigibile per il quale le entrate finanziarie a copertura, invece, si realizzeranno con notevole ritardo, impedendo all’ente di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni, esponendosi così a situazioni critiche e rilevanti ai sensi dell’art. 244 TUEL. L’attendibilità di una previsione non può non tenere conto: a) dell’esperienza storica e b) del fatto oggettivo che per l’elevato importo di valutazione e le limitate possibilità di utilizzo commerciale, i beni patrimoniali di un ente pubblico offerti al mercato si rivolgono ad una domanda di per sé contenuta. Sono circostanze per cui l’esito della contrattazione sul valore nonché i tempi di transazione si prospettano di necessità lunghi ed incerti, tanto quanto. A fronte di tali “rischi” la previsione di siffatte entrate straordinarie “a copertura” di uno squilibrio di bilancio devono essere compensate da un adeguato e prudenziale accantonamento a fondo rischi.

11. Il presupposto del difetto di copertura e della sostenibilità finanziaria alla prova del principio di unità del bilancio. Quanto all’effetto del blocco della spesa, il difetto di copertura o di sostenibilità finanziaria cui si riferisce la legge non può che attenere alla spesa di bilancio complessivamente intesa, non essendo, quindi, necessaria una correlazione diretta tra questa ed entrate specifiche in contrasto col principio di unità del bilancio (pena una sostanziale interpretatio abrogans dell’art. 148-bis TUEL,): per tale ragione, il blocco non può colpire singoli e determinati programmi di spesa in funzione di specifiche coperture (per competenza e per cassa) isolabili, ma deve avere un effetto “costrittivo” sulla spesa che è frutto di scelte discrezionali dell’ente medesimo per la quel non sussiste, unitariamente, la copertura e/o la sostenibilità finanziaria.

Né si può ritenere che l’art. 148-bis, comma 3, TUEL si riferisca alla spesa esclusivamente alla spesa “vincolata”, cioè finanziata con risorse accantonabili in fondi e virtualmente collegabile a specifiche fonti di finanziamento. Ciò in considerazione del fatto che il blocco della spesa, per le finalità cui risponde, non può determinare l’interdizione proprio di una spesa tipicamente obbligatoria come quella vincolata, per cui sussiste un obbligo che precede la decisione di bilancio e che ove bloccata finirebbe per frustrare il carattere “pubblico” dello stesso, con la lesione di interessi costituzionalmente rilevanti rispetto ai quali, invero, il precetto dell’equilibrio si pone a presidio.

Inoltre, poiché il giudizio di controllo è un’attività decisionale “dicotomica” (Corte costituzionale, sent. n. 60/2013) di una magistratura, agganciata a parametri oggettivi di legge, esso non concorre alla determinazione dei contenuti del “bene pubblico” bilancio (Corte Cost., sentenze n. 184/2016, n. 228/2017 e n. 247/2017). Per l’effetto la pronuncia della Corte: a) non può che applicare la legge e, quindi, non può precludere spesa obbligatoria in base alla stessa; b) non può “selezionare” i singoli contenuti/programmi del bilancio la cui attuazione è preclusa, ma deve riferirsi indistintamente a tutta la spesa discrezionale.

12. Il concetto di spesa obbligatoria esteso dalla spesa vincolata ai LEP. Il concetto di spesa obbligatoria non si riferisce solo alla spesa per cui sussiste un titolo che per legge impegna il bilancio (titolo giuridico che può essere, a sua volta, legale o contrattuale) in presenza di una obbligazione che, iure privatorum, «quo necessitate adstringimur alicuius rei solvendae secundum iura nostrae civitatis». La spesa “obbligatoria”, in diritto pubblico, e per il bilancio, può attenere ad obbligazioni non ancora sorte ma che allo stesso tempo non possono non essere contratte alla stregua delle funzioni intestate all’ente e al principio di preservazione del patrimonio. Il concetto di tale genere di spesa è, del resto, declinato e coincide con le obbligazioni che possono essere onorate e contratte in caso di esercizio provvisorio (cfr. art. 163 comma 2 TUEL e All. 4/2 al D.lgs. n. 118/2011, punto 8.3 e 8.4).

Inoltre, poiché la Repubblica, nelle sue varie articolazioni (art.114 Cost.) non può sottrarsi, per ragioni finanziarie, all’erogazione di prestazioni che sono costituzionalmente necessarie (in quanto afferenti ai “livelli essenziali delle prestazioni” concernenti i diritti civili e sociali ai sensi dell’art. 117, 2° c. lett. m e 120 comma 2 Cost.), il blocco della spesa non può altresì colpire la spesa costituzionalmente necessaria (art. 117, comma 2, lett. m Cost.), tra cui, in particolare, in relazione alle funzioni svolte dagli enti locali, la spesa per i livelli di prestazioni sociali la cui erogazione è rimessa agli enti locali (LEPS), nei termini oggi disciplinati dalla L. n. 328/2000. Per tali ragioni, l’esito del controllo non può precludere l’erogazione di prestazioni costituzionalmente necessarie, che l’ente, anche in condizioni di squilibrio, deve continuare ad assicurare, adoperandosi per assegnare la priorità alle spese in questione con le risorse disponibili, trattandosi anche in questo caso di spesa obbligatoria.

13. Effetti indiretti e collaterali del blocco della spesa previsti dall’ordinamento giuridico. In buona sostanza, la procedura di “blocco della spesa” si innesta nel ciclo di bilancio per verificare la congruità delle misure di salvaguardia adottate e, in caso di inadeguatezza delle stesse, può determinare l’accertamento di una situazione giuridica coincidente con un bilancio “tamquam non esset”, poiché riduce l’autorizzazione di spesa in termini a equivalente a quello della gestione provvisoria, in quanto l’inadeguatezza delle misure non è stata in grado di eliminare la situazione di squilibrio. Ne consegue la necessità dell’ente di rideterminarsi nei tempi di legge: in proposito una situazione siffatta si inquadra nell’ambito dell’art. 193, u.c., TUEL, il quale stabilisce che la mancata approvazione dei provvedimenti di riequilibrio (in relazione a disavanzi, anche presunti, debiti fuori bilancio o fondo crediti di dubbia esigibilità inadeguati) equivale alla mancata approvazione del bilancio di previsione o del rendiconto (cfr. art. 141 comma 2 e 188 comma 1 TUEL). L’accertamento negativo della Corte dei conti in ordine alle misure correttive comporta dunque il riscontro della permanenza della situazione di squilibrio originaria, con il conseguente regime giuridico in tal caso previsto dalla legge, sia per quanto riguarda la gestione provvisoria, sia per quanto riguarda l’obbligo di provvedere al ripristino degli equilibri (con la conseguenza dello scioglimento degli organi in caso di mancata adozione del bilancio nei tempi previsti).

SEZIONE: Controllo Campania

STATO: impugnata. Sentenza SSRR speciale composizione 5/2019

ENTE CONTROLLATO: Comune di Napoli

NUMERO: 107/2018 PRSEP

DATA: 10 settembre 2018

PROCEDURA: art. 148-bis TUEL

LINK ALLA DELIBERA: leggi qui

Deliberazione di verifica della misure correttive adottate alla scadenza dei 60 giorni previsti dall’art. 148-bis TUEL.S

QUESTIONI AFFRONTATE: a) oggetto e presupposto (concetto di misure correttive) nonché natura cautelare del “blocco della spesa” nel contesto della giurisdizione “unitaria” della Corte dei conti; b) rapporto con procedure di controllo su piani di rientro “straordinari” (PRFP o dissesto); c) effetto del blocco della spesa: carattere “generale” del blocco (esteso a tutta la spesa discrezionale) e non bloccabilità della spesa obbligatoria e dei LEP; d) equiparazione dello stato di “blocco” alla gestione provvisoria per l’assenza di bilancio; e) interpretazione dell’art. 1, comma 814, della L. n. 205/2017, su applicazione retroattiva dell’art. 2, comma 6, D.L. 78/2015, sulla finanziabilità del FCDE tramite il FAL; e) calcolo del “maggiore disavanzo” post riaccertamento straordinario per gli enti in stato di predisse sto, f) condizioni per la legittimità dell’alienazione di beni immobili; valutazione della congruità delle previsioni di entrata da alienazioni patrimoniali.

Conformi: su blocco di tutta la spesa non discrezionale cfr. SRC Piemonte n. 268/2013/PRSP, SRC Lombardia n. 31/2014/PRSP e nn. 38 e 39/2018/PRSP;,SRC Campania n.26/2015/PRSP, n. 119/2016/PRSP e n. 267/2017/PRSP; su interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2, comma, D.L. n. 78/2015 cfr. SRC Campania n.1/2017/PRSP nonché SRC Sicilia n. 150/2017/PRSP e n. 13/2018/PRSP; sulle giurisdizione unitaria della Corte dei conti, sul bilancio come bene pubblico e sul carattere eccezionale delle norme di ripiano pluriennale Corte Cost., sent. n.274/2017; 228/2017; 89/2017; 80/2017; 279/2016; 188/2016, 181/2015; 40/2014; 39/2014; 60/2013; 267/2006.

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