Ribadita la giurisdizione della Corte dei Conti
La recente sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 9680/2019 si inserisce nel solco della nutrita giurisprudenza[1] in tema di limiti alla sindacabilità delle scelte degli enti locali, sulla scorta della possibilità, a questi accordata dalla l. 448/2001, di perseguire obiettivi di ristrutturazione del debito mediante la sottoscrizione di contratti di finanza derivata.
La funzionaria responsabile dell’Area Amministrativo-Finanziaria del comune e il Sindaco, difatti, erano stati condannati dalla II Sezione Giurisdizionale Centrale di Appello della Corte dei conti al pagamento di somme per danno erariale a seguito della stipula di un contratto di Interest Rate Swap con clausola Floor e di Capi, rivelatosi svantaggioso per l’ente.
Il suddetto contratto di finanza derivata, nota la sentenza impugnata, viene censurato nella misura in cui viene stipulato in assenza di una consulenza preventiva da parte di una società specializzata e non prevede né clausole in grado di compensare i costi impliciti dell’operazione né un premio di liquidità da parte della banca in favore del comune. Le parti soccombenti, pertanto, decidono di presentare ricorso presso la Corte di Cassazione, lamentando il difetto di giurisdizione della Corte dei conti, che avrebbe censurato nel merito le scelte dell’ente locale travalicando i limiti posti dall’art. 1 l. 20/1994. La pronuncia delle Sezioni Unite, rigettando il ricorso, affronta la delicata questione del confine tra sindacato di legittimità dell’azione amministrativa, alla luce dei principi di efficienza ed economicità ex art.1 co.1 l. 241/1990, ed insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali della p.a.
Nello specifico vengono individuati due profili: quello della scelta del mezzo con il quale perseguire i fini dell’amministrazione, in questo caso il contratto di swap per la ristrutturazione del debito (consentito dalla l. 228/2001), e quello dell’attuazione dello strumento prescelto, nel caso di specie la stipula del contratto e, in maniera più ampia, lo svolgimento dell’operazione finanziaria.
Il primo aspetto risulta insindacabile e afferente alla sfera della discrezionalità della p.a., in quanto la Corte dei conti non può sostituirsi all’amministrazione per sindacarne nel merito le scelte, mentre sul secondo profilo si attaglia il giudizio giuscontabile, nella misura in cui l’attuazione delle predette decisioni risulti censurabile sulla base dei criteri di economicità ed efficienza esemplificati dall’art. 1 co. 1 l. 241/1990.
Nel caso di specie, perciò, viene dichiarato inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione, in quanto la sentenza impugnata aveva riconosciuto la responsabilità erariale non sulla base della scelta di sottoscrivere un contratto di swap, ma sulle modalità con cui concretamente l’amministrazione aveva valutato e stipulato il relativo contratto, dimostrando una «inescusabile superficialità» nell’impegnare le finanze comunali in quella specifica operazione di finanza derivata, tanto complessa quanto rischiosa e svantaggiosa.
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Ex multis: Cass. Ss Uu, n. 1376/2006; Cass. Ss Uu, n. 5490/2014; Cass. Ss Uu, n. 6820/2017; Cass. Ss Uu, 10774/2018. ↑