Tar Marche 82/2019
Il concetto di controllo delle società partecipate ha avuto, nell’ambito dei diversi plessi della Corte dei Conti, interpretazioni contraddittorie. Il punto è ben chiaro nella sentenza del TAR che si commenta, la quale favorisce una delle due interpretazioni. Per un esame più dettagliato si rinvia anche all’articolo Novità in tema di società partecipate.
Brevemente la questione riguarda gli elementi che configurano la società a controllo pubblico (da distinguere dalla società a mera partecipazione pubblica). Affinchè vi sia il controllo, ad avviso delle Sezioni Riunite in speciale composizione (sentenza 16 del 2019), non è sufficiente che si formino delle maggioranze assembleari, ma è necessario lo scrutinio dei patti parasociali per verificare se sussista una strategia gestionale congiunta. Ciò si ricava dalla lettura dell’art. 2 lett. b) del d.lgs n. 175 del 2016 che circoscrive in modo più rigoroso la nozione di “controllo pubblico” introducendo un’altra fattispecie, estranea alla nozione civilistica ex art. 2359 cod.civ., nell’affermazione che può sussistere anche quando “in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo”.
Al contrario, le Sezioni Riunite in sede di controllo si erano espresse in favore della tesi della sufficienza dell’elemento che una o più amministrazioni pubbliche (Corte dei Conti, SSRR Controllo 21 giugno 2019 n. 11, leggi qui)
Il TAR Marche ritiene condividibile l’interpretazione incentrata sui patti parasociali e l’effettivo comportamento delle amministrazioni. Dice, tra l’altro, il collegio che il provvedimento di cui all’art. 20 del d.lgs n. 175 del 2016 non può essere ritenuto un atto meramente ricognitivo, a differenza di quanto sostenuto dal comune resistente. Non depone in senso contrario il controllo della Corte dei Conti previsto dal d.lgs n. 175 del 2016 sulle delibere societarie (si veda la decisione n. 46 del 29 novembre 2018 della Sezione di Controllo delle Marche, in atti, che si pronuncia indirettamente sul caso in esame). “Difatti, è all’esame di questo Tribunale il ricorso impugnatorio avverso un atto amministrativo, del resto definito esplicitamente “provvedimento” dagli articoli 20 e 24 del d.lgs n. 175 del 2016 per cui la ricorrente vanta una posizione di interesse legittimo (si veda ancora CdS V 578/2016, cit.) ad evitare le conseguenze del riconoscimento del controllo pubblico. Inoltre, la più volte citata sentenza n. 578 del 2019 riconosce esplicitamente il carattere provvedimentale della delibera di ricognizione ex art. 24 comma 1 del d.lgs n. 175 del 2019 e, almeno indirettamente, di quella ai sensi del precedente articolo 20.”
Ricorda il TAR che la tesi della non sufficienza della maggioranza in assemblea per configurare un controllo pubblico ha trovato recente conferma giurisprudenziale, con riguardo a un’altra società a partecipazione mista situata nella regione Marche. Difatti, le sezioni giurisdizionali riunite della Corte di Conti, con sentenza n. 16 del 22 maggio 2019, hanno riformato le delibere della sezione regionale delle Marche che avevano ritenuto, nell’ambito dei controlli di cui all’art. 11 del d.lgs n. 175 del 2016, la presenza del controllo pubblico in Marche Multiservizi SpA in ragione, come per PicenAmbiente, della presenza di una maggioranza degli azionisti pubblici nei voti esercitabili in assemblea ordinaria (nonché nel consiglio di amministrazione). La sentenza n.16 del 22 maggio 2019 delle SSRR in speciale composizione è, ad avviso del TAR condivisibile quando osserva che l’accertamento della sussistenza dello status di società a controllo pubblico non può essere desunto dai meri indici costituiti dalla maggioranza di azioni e di consiglieri nel consiglio di amministrazione ma richiede precipua attività istruttoria volta a verificare se, nel caso concreto, sussistano le condizioni richieste dall’art. 2, lett. b) del d.lgs n. 175 del 2016. In altre parole, ai fini del decidere se una società possa definirsi o meno società a controllo pubblico ovvero semplicemente società a partecipazione pubblica, assume rilievo decisivo lo scrutinio delle disposizioni statutarie e dei patti parasociali per verificare in che termini le pubbliche amministrazioni (enti locali) che detengono partecipazioni azionarie sono in grado di influire sulle “decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale”. Ciò si ricava dalla lettura dell’art. 2 lett. b) del d.lgs n. 175 del 2016 che circoscrive in modo più rigoroso la nozione di “controllo pubblico” introducendo un’altra fattispecie, estranea alla nozione civilistica ex art. 2359 cod.civ., nell’affermazione che può sussistere anche quando “in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo”.
La pronuncia del TAR, ovviamente, non può che essere un tassello nell’ambito della complessa questione, ma senza dubbio un tassello interessante.