Il principio di “proporzionalità trifasica” e la revoca sanzionatoria

di Filippo Maria Salvo (Magistrato contabile)

Sommario: 1. La sentenza CGUE; 2. I “due principi” di proporzionalità; 3. Il principio di proporzionalità nella giurisprudenza contabile; 4. La revoca del beneficio economico come sanzione; 5. Conclusioni

  1. La sentenza CGUE

Con la sentenza 8 giugno 2023 della sezione III, C-545/2021, la Corte di Giustizia dell’UE torna a pronunciarsi sul principio di “proporzionalità trifasica” (o “eurounitaria), in relazione alla revoca dei fondi strutturali europei.

Secondo la Corte, anche nei procedimenti di cui al Reg. (CE) n. 1083/2006, recante disposizioni generali sul FESR, sul FSE e sul Fondo di Coesione, “al fine di determinare la rettifica finanziaria applicabile, di procedere a una valutazione caso per caso, nel rispetto del principio di proporzionalità, prendendo segnatamente in considerazione la natura e la gravità delle irregolarità constatate nonché la loro incidenza finanziaria per il fondo interessato”.

Nella fattispecie, il riferimento normativo preso a parametro dalla Corte UE è rappresentato dall’art. 98, § 1 e 2, di detto Regolamento, norma che impone agli Stati Membri di vigilare in ordine alla corretta esecuzione delle attività finanziate, nonché, in caso di irregolarità, di assumere i più opportuni provvedimenti sanzionatori e di procedere alle rettifiche finanziarie conseguenti.

La fattispecie decisa dalla sentenza in nota riguardava il caso di ANAS, beneficiaria di un finanziamento inerente il programma operativo nazionale “Reti e Mobilità” 2007‑2013, per la realizzazione di un intervento infrastrutturale. A seguito di una indagine penale, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti aveva ordinato il recupero delle somme già erogate in favore dell’ANAS ed aveva dichiarate non dovute le ulteriori somme non ancora erogate. Tale provvedimento ministeriale era fondato sulla ritenuta illegittimità dell’aggiudicazione dell’appalto, disposta da ANAS a valle di un procedimento di gara. L’ANAS aveva, quindi, gravato dinanzi al TAR Lazio il provvedimento di revoca del finanziamento e di interdizione.

Il TAR, constatato di non essere “in grado di giudicare, sia pure in via incidentale, se l’appalto sia stato aggiudicato in modo illegittimo”, in assenza di una pronuncia definitiva del giudice penale, ha rimesso alla Corte UE – tra l’altro – le seguenti questioni:

  • Se le norme nazionali ed eurounitarie applicabili alla fattispecie impongono “…sempre la revoca del contributo, da parte dello Stato membro, e la rettifica finanziaria, da parte della Commissione, al 100%, nonostante tali contributi siano stati comunque utilizzati per il fine per cui erano destinati e per un’opera ammissibile al finanziamento europeo ed effettivamente realizzata;
  • Nel caso in cui la risposta al terzo quesito sia negativa, ovvero nel senso che non è imposta una revoca del contributo o una rettifica finanziaria del 100%, si chiede se le norme richiamate nella prima questione ed il rispetto del principio di proporzionalità consentano di determinare la revoca del contributo e la rettifica finanziaria tenendo conto del danno economico effettivamente cagionato al bilancio generale dell’Unione europea

La Corte, ribadita l’affermazione per cui il principio di proporzionalità è un principio cardine dell’ordinamento UE, ha anche affermato che “un’interpretazione dell’articolo 98, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 1083/2006 nel senso che esso impone sistematicamente agli Stati membri, qualora sia contestata un’irregolarità, ai sensi dell’articolo 2, punto 7, di tale regolamento, la revoca dell’integralità del finanziamento approvato e il recupero gli importi già versati, anche quando tale finanziamento è stato utilizzato per i fini previsti e per lavori ammissibili al finanziamento europeo ed effettivamente realizzati, oltre a non trovare alcun sostegno nella formulazione di tali disposizioni, equivarrebbe, per di più, a instaurare automaticamente un tasso di rettifica finanziaria del 100%, in violazione dei criteri stabiliti al paragrafo 2 di tale articolo 98 e del principio di proporzionalità”.

Questa, in sintesi, la pronuncia in nota, la quale introduce due tematiche di interesse: quella inerente l’applicazione in ambito nazionale del diritto unionale, quanto a principio di “proporzionalità trifasica”, e quella inerente la “revoca sanzionatoria”:

2. I “due principi” di proporzionalità.

Nella materia del diritto sanzionatorio, il principio di proporzionalità ha acquisito una importanza crescente, sia in ambito nazionale che in ambito eurounitario, tant’è che, nell’ultimo semestre, si segnalano due importanti pronunce che lo hanno riguardato.

La sentenza in nota è quella più recente ed ha a riguardo la “proporzionalità trifasica”, vale a dire l’affermazione per cui le amministrazioni pubbliche non possono comprimere la sfera giuridica dei soggetti sottoposti a misure sanzionatorie in misura ultronea rispetto al minimo sacrificio necessario per il raggiungimento dello scopo. L’idoneità della misura allo scopo, la necessità della misura e la proporzionalità con il fine rappresentano le tre fasi di verifica di rispondenza della misura sanzionatoria ai principi dell’ordinamento eurounitario (sul punto, v. CGUE, grande sezione, 8 marzo 2022, C-205-20).

Tale principio, in virtù dell’espresso recepimento operato dall’art. 1 della l. 7 agosto 1990, n. 241, trova piena e sempre più frequente applicazione in Italia, sia da parte del GA (v. TAR SA, 8 febbraio 2022, n. 422: “il principio di proporzionalità dell’azione amministrativa – compreso tra i principi dell’ordinamento comunitario, ma già insito nella Costituzione, quale corollario del principio di buona amministrazione, ex art. 97 Cost. – impone di verificare: a) l’idoneità della misura, cioè il rapporto tra il mezzo adoperato e l’obiettivo avuto di mira, sicché l’esercizio del potere è legittimo se la soluzione adottata consente di raggiungere l’obiettivo); b) la sua necessarietà, ossia l’assenza di qualsiasi altro mezzo idoneo, tale da incidere in misura minore sulla sfera del singolo, sicché la scelta tra tutti i mezzi in astratto idonei deve cadere su quello che comporti il minor sacrificio del soggetto); c) l’adeguatezza della misura, ossia la tollerabilità della restrizione che comporta per il privato, sicché l’esercizio del potere, pur se idoneo e necessario, è legittimo soltanto se riflette una ragionevole ponderazione degli interessi in gioco”), sia da parte del GO (v. Cass. Civ., sez. Un. 27 aprile 2022, n. 13145. V. pure Cass. Civ., sez. trib., 9 maggio 2023, n. 12314: “non v’è dubbio che il principio di proporzionalità abbia natura cogente anche per l’Amministrazione finanziaria – anche al lume di quanto previsto dalla L. n. 241 del 1990, articolo 1, (come modificato dalla L. n. 15 del 2005), secondo cui “L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché’ dai principi dell’ordinamento comunitario” – sicche’ esso può annoverarsi tra i principi generali dell’agere amministrativo (in tal senso, con specifico riferimento all’ambito tributario, questa Corte s’è già pronunciata sin dalla sentenza n. 3559/2009, seguita da numerose altre pronunce)”.

Il principio di proporzionalità delle sanzioni amministrative, come nota la sentenza del TAR Salerno sopra citata, non rappresenta un istituto limitato alla sfera eurounitaria, essendo già insito nell’ordinamento costituzionale italiano.

È, in particolare, agli artt. 3 e 97 Cost. che la giurisprudenza fa riferimento per individuare il riferimento normativo in cui è codificato il principio di proporzionalità delle sanzioni in generale (e, di conseguenza, anche di quelle amministrative). Questo è inteso quale limite al potere sanzionatorio e la lesione di tale principio può verificarsi qualora, per la natura dell’illecito sanzionato e per la misura della sanzione prevista, quest’ultima appaia, appunto, “sproporzionata” rispetto all’intera gamma di comportamenti riconducibili al tipo di illecito.

In particolare, nel caso di previsioni sanzionatorie “rigide”, che colpiscono in egual modo fatti differenti o che comportino l’irrogazione di una ed una sola sanzione in riferimento a comportamenti più o meno gravi, è ipoteticamente ravvisabile la violazione dell’art. 3 Cost. e la conseguente violazione del principio di proporzionalità.

L’applicazione più recente di tale orientamento è attualmente rappresentato da Corte Cost., n. 46 del 17 marzo 2023, afferente al caso specifico delle sanzioni tributarie, ma contenente l’affermazione per cui la Consulta “in più occasioni ha precisato, da un lato, che «il principio di proporzionalità della sanzione rispetto alla gravità dell’illecito» è «applicabile anche alla generalità delle sanzioni amministrative» (ex plurimis, sentenza n. 112 del 2019) e, dall’altro, che anche per le sanzioni amministrative si prospetta «l’esigenza che non venga manifestamente meno un rapporto di congruità tra la sanzione e la gravità dell’illecito sanzionato», in particolare dando rilievo «al disvalore concreto di fatti pure ricompresi nella sfera applicativa della norma» (sentenza n. 185 del 2021). Ciò in quanto «il principio di proporzionalità postula l’adeguatezza della sanzione al caso concreto e tale adeguatezza non può essere raggiunta se non attraverso la concreta valutazione degli specifici comportamenti messi in atto nella commissione dell’illecito» (sentenza n. 161 del 2018).”.

3. Il principio di proporzionalità nella giurisprudenza contabile.

Ovviamente, anche nel diritto contabile sussistono diverse norme che irrogano sanzioni in relazione a comportamenti illeciti. Di conseguenza, anche la Corte dei conti è chiamata ad applicare il principio di proporzionalità, nella sua declinazione “europea” ed “italiana”.

Partendo dalla considerazione del principio di proporzionalità in ambito costituzionale, si segnala Sez. I app., 30 aprile 2020, n. 99, la quale ha – correttamente – ritenuto applicabili anche in ambito contabile le varie sentenze di Corte Costituzionale che hanno contribuito a delineare i contorni del principio di proporzionalità (Corte Cost. n.1130/1988, n. 220/1995 e n. 227/2010).

Anche la proporzionalità trifasica ha trovato applicazione dinanzi alla Corte dei conti, soprattutto con riguardo alla materia dei fondi comunitari e delle connesse fattispecie illecite (v., ad es., Corte conti, II App., 23 ottobre 2020, n. 239. V. pure App. Sicilia, 12 dicembre 2019, n. 120).

In quest’ultimo ambito, riveste particolare importanza II App., 29 maggio 2023, n. 148. Questa sentenza non solo ha fatto diretta applicazione del principio di proporzionalità “eurounitario”, ma ne ha anche affermato che l’eventuale cumulo di procedimenti e di sanzioni previsto dalla normativa nazionale non è di per sé in contrasto con tale principio, purché “non superi i limiti di quanto idoneo e necessario al conseguimento degli scopi legittimi perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti” (sentenza del 22 marzo 2022, Bpost, C-117/20, punto 48)”.

A fini di completezza, va anche rammentato che l’applicazione del principio di proporzionalità nella giurisprudenza contabile non è limitata al solo campo del diritto sanzionatorio, ma anche alla materia dell’omologazione del PRFP.

A tal riguardo, si richiama un interessante passaggio di SS.RR. in spec. comp. n. 20/2022/EL (orientamento, poi, ribadito da SS.RR. in spec. comp. 4/2023/EL). In questo caso, le Sezioni Riunite hanno affrontato la tematica della congruità/incongruità del PRFP,, in rapporto al principio di proporzionalità.

Sulla base di tale sentenza, “l’applicazione del parametro normativo della congruità (postulato n. 8 dell’all. 1 del d.lgs. n. 118/2011 e art. 243-quater co. 3 e 7 Tuel) ha la struttura e i contenuti del più noto principio di proporzionalitàLa congruità, infatti, corrisponde a tale precetto normativo, sebbene declinato con riferimento agli atti del ciclo di bilancio. L’applicazione di tale principio, pertanto, presuppone che il giudice pervenga alla soluzione del caso attraverso tre fasi logiche successive (cfr. Cons. Stato sez. IV, sentenza 26 febbraio 2015, n. 964; C. cost. sentenza 22 dicembre 1988, n. 1130/1988), in cui egli deve riscontare la legittimità teleologica, la necessità e, infine, l’adeguatezza normativa dei contenuti del PRFP”.

4. La revoca del beneficio economico come sanzione.

La revoca del beneficio economico è “sanzione” del comportamento illecito posto in essere dal beneficiario.

Più nello specifico, la giurisprudenza amministrativa ha individuato una categoria concettuale, quella della “revoca sanzionatoria” (talvolta indicata anche come “decadenza sanzionatoria” o anche “decadenza accertativa”), quale misura che la p.a. deve porre in essere qualora ravvisi comportamenti ascrivibili ad illecito da parte del beneficiario di una misura economica.

La revoca sanzionatoria consiste, quindi, in un comportamento rientrante nella più generale categoria dell’autotutela, sebbene essa non si presenti come forma discrezionale di revisio prioris instantie, ma come atto vincolato alla sussistenza dei presupposti di legge.

In questo senso, la parte preponderante delle sentenze del GA che si sono pronunciate in materia riconosca una marcata autonomia di tale istituto giuridico rispetto alla revoca del provvedimento amministrativo di cui all’art. 21 quinquies, l. 7 agosto 1990, n. 241.

Ad esempio, CGARS 15 maggio 2023, n. 335, sottolinea come la revoca sanzionatoria non è assimilabile ad una revoca in senso proprio, con conseguente inapplicabilità dell’art. 21-quinquies cit.. In questi casi, infatti, il venire meno del contributo originariamente erogato “non si collega affatto ad una rinnovata valutazione dell’interesse pubblico, o al sopraggiungere di motivi di pubblico interesse, come accade nelle fattispecie regolate dal citato art. 21-quinquies, ma ad una circostanza, del tutto particolare, basata sulla sopravvenienza di condizioni ostative rispetto alla stessa possibilità di concedere in via definitiva il contributo (assegnato in via soltanto provvisoria)”. Analogamente, TAR BA, 30 marzo 2023, n. 568 afferma che “l’esercizio del potere di decadenza/revoca sanzionatoria diversamente dalla revoca di cui all’art. 21-quinquies della legge n. 241 del 1990, presenta contenuto vincolato e non si devono pertanto esplicitare le ragioni di interesse pubblico concreto ed attuale che giustificano la rimozione del provvedimento (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, Sez. VI, 30 settembre 2015, n. 4551; id., Sez. V, 12 marzo 2009, n. 1444)” (in termini, v. pure Cons. Stato, VI, 24 febbraio 2023, n. 1937).

5. Conclusioni.

Conclusivamente, la sentenza che si annota è perfettamente coerente con il quadro normativo sia nazionale che eurounitario. Affermando il principio per cui anche la revoca (sanzionatoria) soggiace al principio di proporzionalità, la Corte UE opera un raccordo tra i due istituti, estendendo l’applicabilità di tale principio anche a tale specifica forma di sanzione.

Nella valutazione della congruità delle misure sanzionatorie, dunque, non conta la qualificazione normativa della revoca come sanzione, ma la sua valenza sostanziale, in presenza della quale è necessario operare una valutazione di sua congruità al caso concreto.

Iscriviti alla nostra newsletter per restare aggiornato.

Diritto e Conti è un'associazione senza fini di lucro. Sostienici.

Torna in alto