Il piano di riequilibrio: natura ed effetti del controllo della CdC

La Sezione controllo Campania interviene in materia di piani di riequilibrio con la delibera n.198/2019/PRSP

Massime di diritto ricavabili dalla pronuncia

Il piano di riequilibrio finanziario pluriennale è atto amministrativo generale dell’ente locale.

Esso viene prima adottato e poi approvato. Con la prima deliberazione del consiglio dell’ente locale si procede ad una dichiarazione implicita si sussistenza di uno “stato” di dissesto ai sensi dell’243-bis TUEL, comma 1, prima parte e comma 2. Infatti, come  il dissesto, produce la sospensione delle azioni esecutive. La seconda deliberazione che, entro 90 giorni, approva materialmente i contenuti del piano determinando precisi effetti giuridici (art. 243-bis comma 5 TUEL):

–  la possibilità di applicare ai bilanci di previsione successivi un disavanzo inferiore;

–  l’insorgenza dell’obbligo di diritto pubblico a conseguire la riduzione dello squilibrio nei successivi rendiconti, senza generarne di nuovi (e comunque provvedendo a riassorbirli tempestivamente).

Sia dissesto che pre-dissesto, presuppongono lo “stato” di insolvenza giuridico-finanziaria dell’ente locale. Per altro verso, se lo squilibrio strutturale è di tale da non consentire più l’erogazione dei servizi o lo svolgimento delle funzioni essenziali, la procedura di dissesto non è rinviabile a tutela della continuità dell’amministrazione. Sicché, vi è coincidenza di “stato” solo per l’ipotesi di dissesto “giuridico” per “ragioni finanziarie, non per quello  “di fatto”  per ragioni funzionali.

All’identità di “stato”, conseguono pero diverse procedure.

La procedura di riequilibrio pluriennale non è concorsuale e prevede l’integrale copertura del debito pregresso carico delle finanze dell’ente locale, senza nessuna separazione del bilancio. Essa conduce ad una piena trasparenza sullo squilibrio mediante una revisione straordinaria dei residui, la ricognizione complessiva dei debiti fuori bilancio e delle passività potenziali, implicando l’obbligo di procedere ad una modifica strutturale della propria finanza (art. 243-bis commi 6, 7, 8 e 9). In tal modo, l’ente locale provvede a ripianare il proprio debito pregresso mediante la destinazione a tale scopo della propria differenza di parte corrente (e di parte capitale per effetto di entrate straordinarie), senza alcuna “rottura” del bilancio. Solo in questo senso l’ordinamento “preferisce” la procedura di “predissesto”.

La Corte di conti , ai sensi dell’art. 243-quater, comma 7 TUEL, svolge il proprio controllo in tre momenti successivi: a) in fase di accesso alla procedura (determinando il venir meno della sospensione delle azioni esecutive in caso di omologazione) b) in fase di attuazione per verificare “il grave e reiterato” scostamento dagli obiettivi intermedi, c) a scadenza del termine finale, con la verifica del raggiungimento dell’obiettivo di riequilibrio. Mentre il controllo di cui alla lettera a) è necessario in quanto da questo dipende la cessazione dell’effetto temporaneo della “sospensione delle azioni esecutive” (art. 243-bis comma 3 TUEL), i controlli di cui alla b) e c) si attivano in ragione del riscontro di irregolarità in sede di monitoraggio.

Il controllo si inserisce nella fase c.d. “omologativa” del piano di riequilibrio. Infatti, il giudizio della Corte dei conti è solo a-tecnicamente un giudizio di “approvazione”. In ragione della natura giudiziaria dell’organo giudicante – in posizione terza e neutrale rispetto a tutti gli interessi finanziari adesposti in gioco – e acclarato che lo stesso giudizio si svolge sulla base di criteri squisitamente normativi, esso si appalesa in realtà come un giudizio di omologazione di un atto amministrativo, il quale è tecnicamente “approvato” solo dall’ente locale.

La delibera si puo leggere o scaricare qui

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