Il caso di Vibo Valentia: “est modus in rebus”. Irretrattabilità dei conti, giudicato ed equilibrio come limiti alla discrezionalità degli organi statali, a garanzia dei cittadini

Breve note di pubblicazione della sentenza n. 4/2023 (clicca qui) delle Sezioni riunite in sede giurisdizionale e in speciale composizione.

di Antonio Gragnaniello

Le Sezioni Riunite in sede giurisdizionale della Corte dei conti, in speciale composizione, con la sentenza n. 4/2023, affrontano due delicate questioni di merito, derivanti, in particolare, dall’entrata in vigore dell’art. 3, co. 10-quater, del d.l. 29 dicembre 2022 n. 198, introdotto in sede di conversione dalla l. 24 febbraio 2023 n. 14. La prima delle questioni sottoposte al vaglio del Supremo consesso sottende il problema dell’efficacia retroattiva o meno della succitata disposizione. In particolare, l’Organo decidente intende chiarire se la norma “de qua” abbia modificato il c.d. “termine fisso”, perentorio e finale del “31 dicembre 2022” – già previsto dall’art. 43, co. 5-bis, del d.l. n. 50/2022 (sentenza n. 24/2022 e n. 2/2023), in combinato disposto con l’art. 1, co. 992-994, della legge di bilancio 2022 (l. n. 234/2021, sentenza n. 5/2022) – con quello del “31 marzo 2023”. In buona sostanza, il problema posto all’attenzione del Collegio è se la modifica legislativa abbia introdotto, con effetto retroattivo e senza soluzione di continuità, un nuovo potere di riformulare/rimodulare il PRFP, anche per gli enti nel frattempo decaduti dal predetto potere a causa dello spirare del termine di cui sopra. Sicché la domanda di sospensione/rinvio costituisce sostanzialmente una nuova proposta di accertamento in merito alla sopravvenuta instabilità dei saldi dell’originario PRFP. Con riferimento a siffatto profilo, l’approdo in esame si pone a valle di due pronunce (n. 20/2022 e n. 2/2023) con cui le Sezioni Riunite si sono occupate, specificamente, dei termini entro cui l’ente può intervenire in autotutela sul PRFP in corso di esecuzione (art. 43 d.l. n. 50/2022) e dell’incidenza di detto potere sul Piano originario.

Quanto alla seconda problematica oggetto di thema decidendum, il decisum del Collegio delinea le coordinate da applicare ai fini dell’accertamento dei presupposti per l’omologazione del Piano di Riequilibrio Finanziario Pluriennale.Tanto premesso, il Supremo Consesso – preliminarmente all’esame del merito della prima res controversa – realizza una breve esposizione della disciplina legislativa sulla procedura per l’approvazione (“recte” omologazione) dei piani di riequilibrio da parte della Corte dei conti. Ebbene, il giudizio di omologazione sui PRFP verte sulla “congruenza ai fini del riequilibrio” (art. 243-quater, co. 3 Tuel) delle misure correttive adottate per superare le condizioni di squilibrio (243-bis co. 6 lett. a) TUEL). La giurisprudenza delle Sezioni Riunite ha chiarito che «ai sensi degli artt. 243-quater, comma 3 Tuel e 243-quater, comma 7 Tuel (e dell’implicitamente richiamato Allegato 1, postulato n. 8, D.lgs. n. 118/ 2011), il giudice del controllo deve verificare: (a) la sussistenza attuale di una situazione di squilibrio strutturale che legittima il ricorso alla procedura (congruenza col fatto); (b) la tempestività dell’approvazione (congruenza col tempo); (c) la congruenza dell’obiettivo e dei mezzi (congruità interna, alla stregua dei parametri di legittimità di cui all’All. 1 del D.lgs. n. 118/2011)» (sent. n. 9/2021). Una volta scaduto il termine per l’approvazione tempestiva del PRFP, è precluso all’amministrazione l’esercizio di qualsiasi potere di modifica dello stesso, in virtù dei principi di irretrattabilità dei saldi e di intangibilità del percorso di riequilibrio. I richiamati canoni interpretativi, infatti, rimandano ai fondamentali criteri di veridicità, continuità e ciclicità dei bilanci. Questi ultimi involgono la necessità di avere dati certi ed immodificabili, al fine di effettuare “le verifiche, preventive e consuntive, sugli andamenti di finanza pubblica” (art. 5, co. 1 lett. a) l. cost. 1/2012) e, in particolare, al fine di controllare il percorso di riequilibrio degli enti sottoposti al PRFP. Analoga manifestazione si riscontra in materia di PRFPcon la previsione di un termine perentorio per l’approvazione del Piano, che inizia a decorrere dalla delibera di ricorso allo stesso (art. 243-bis, co. 1 e 2 TUEL) per poi scadere al novantesimo giorno (co. 5). La perentorietà del termine si evince dalla peculiare conseguenza di legge, ossia l’avvio automatico della procedura di dissesto (243-quater, co. 7 TUEL), in caso di accertamento giudiziario della decadenza dal potere di approvare il PRFP. L’attivazione del meccanismo di dissesto integra, pertanto, un automatismo irreversibilmente correlato allo spirare del termine di cui all’art. 243-bis, co. 5 del TUEL e dal carattere indisponibile sia per l’ente (impossibilitato ad adottare provvedimenti diversi dalla formalizzazione del dissesto), sia per la Sezione regionale di controllo (la cui deliberazione si limita ad accertare gli effetti ipso iure già prodotti). Il connotato di perentorietà del limite temporale di cui all’art. 243-bis, co. 5 del TUEL si riflette, peraltro, nella preclusione in cui il potere di rimodulazione del Piano incorre anche laddove l’ente deduca di aver scientemente omesso di concludere la procedura di riequilibrio finanziario, facendone spirare il relativo termine, avendo valutato il ricorso ad altri strumenti di gestione del passivo, ritenuti più elastici ed appropriati al caso di specie (es.: il riconoscimento dei debiti fuori bilancio “con ripiano decennale”, ex art. 53, co. 6, del d.l. n. 104/2020, conv. in l. n. 126/2020). Secondo una certa ricostruzione, i richiamati strumenti – ove consapevolmente scelti dall’amministrazione – sarebbero pienamente fungibili rispetto al “tradizionale” strumento del piano di riequilibrio finanziario pluriennale. In particolare, il ricorso a rimedi di nuovo conio integrerebbe il recesso dell’ente dall’opzione del piano di riequilibrio, con correlata impossibilità ipso iure, per la Sezione di controllo, di accertare gli effetti di cui al combinato disposto degli artt. 243-bis, co. 5, e 243-quater, co. 7 del TUEL. Tuttavia, le Sezioni Riunite della Corte dei conti hanno sancito la regola generale secondo cui, tendenzialmente, la preferenza per un metodo alternativo al PRFP, per la gestione del passivo, non possa integrare la revoca – anche solo implicita – della delibera di ricorso alla procedura di riequilibrio. Non a caso, il Supremo Consesso discorre di tendenziale impossibilità di revoca del PRFP, atteso che una tale facoltà sarebbe in linea generale ammissibile, in assenza di contraria previsione. Tuttavia, l’adesione a strumenti alternativi di ripianamento richiede il rispetto, ad opera dell’ente, di presupposti dal carattere sia sostanziale che formale: una stringente motivazione e il mancato spirare del termine di cui sopra. A ben vedere, infatti, una tale determinazione non si appalesa affatto, in astratto, quale contrarius actus rispetto alla deliberazione di attivazione del Piano, ma necessita, per considerarsi tale, di un rigoroso riferimento alla situazione di squilibrio finanziario dell’amministrazione deliberante. In ogni caso, come già chiarito dalla Sezione delle autonomie nella delibera n. 16/2012/INPR, “La facoltà di revocare l’istanza di ricorso alla procedura, in linea generale ammissibile in assenza di contraria previsione, dovrebbe comunque essere esercitata non oltre i 60 (ora 90) giorni previsti dalla norma (ex art. 243-bis co. 5, del TUEL) per la presentazione del piano”. Ciò sta a significare che, qualora la facoltà di revoca, ancorchè adeguatamente motivata, non sia tempestivamente esercitata dall’ente, l’effetto (indisponibile) che ne consegue è il seguente: l’obbligo, normativamente tipizzato, gravante sull’amministrazione stessa, di attivare la procedura di dissesto. Pertanto, in siffatta ipotesi, il potere di scelta dell’amministrazione incontra il limite invalicabile del termine di cui all’art. 243-bis, co. 5 del TUEL (eccezionalmente maggiorato di ulteriori 30 giorni ex art. 17, co. 1, d.l. n. 76/2020), spirato il quale, il potere stesso si esaurisce. Da quanto asserito, precipitato logico del principio di diritto distillato dalla giurisprudenza delle SS.RR. è quello della tassatività e perentorietà del termine de quo. Quest’ultimo, considerate le relative caratteristiche, pone l’ente che deve gestire il passivo di fronte all’alternativa tra la delibera del PRFP e il dissesto. L’aderenza alla procedura di PRFP rappresenta, dunque, una scelta irretrattabile per l’ente, imponendo a quest’ultimo la formulazione di misure correttive congrue rispetto ad una situazione di grave squilibrio, già manifestata con la deliberazione di ricorso al Piano. Quest’ultima vincola l’ente, onerandolo a scegliere e motivare l’adesione alle procedure di risanamento previste dall’ordinamento. Detto in altri termini, la ricognizione di “fattori di squilibrio”, ai sensi del co. 1 dell’art. 243-bis TUEL, obbliga lo stesso ente a quantificare, entro 90 giorni, i saldi di rientro e le misure c

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