Il caso di Campione d’Italia: quando il piano di riequilibrio e dissesto sbagliano oggetto

Breve nota di pubblicazione della sentenza n. 20/2022 (clicca qui) delle Sezioni riunite in sede giurisdizionale e in speciale composizione.

di Antonio Gragnaniello

Le Sezioni Riunite in sede giurisdizionale della Corte dei conti, con la sentenza n. 20/2022, propongono una lettura sostanzialistica del giudizio di controllo finalizzato all’accertamento dei presupposti per l’omologazione del Piano di Riequilibrio Finanziario Pluriennale. Tale approdo ermeneutico si colloca a valle di un approfondito esame del PRFP, predisposto dal Comune di Campione d’Italia (CO), la cui omologazione è stata denegata dalla Sezione di controllo per la Lombardia con pronuncia n. 43 del 22 marzo 2022. Il ricorrente, pertanto, ha chiesto l’annullamento di tale decisione e, parallelamente, l’accertamento della legittimità del contenuto del PRFP, adottato e approvato dal Comune ex art. 256 co.12 Tuel. Tuttavia, il Supremo Consesso ha rigettato la domanda a fronte dell’infondatezza dei motivi addotti nel ricorso e, parallelamente, della riscontrata incongruità dei saldi contenuti nel PRFP.  In particolare, non risulta fondato il primo motivo di ricorso, in quanto ancorato ad un paramento normativo non applicabile al giudizio di controllo sui piani di riequilibrio. 

Il ricorrente, infatti, lamenta la diretta violazione dell’art. 97 Cost., in relazione agli art. 256, co. 12, art. 243-bis e 243-quater co. 3 e 7 Tuel. Più nel dettaglio, secondo la prospettazione attorea, la Sezione territoriale – non ritenendo sussistenti i presupposti dell’art. 256 co. 12 – avrebbe violato un “principio di leale collaborazione inter-istituzionale” direttamente desumibile dalla disposizionale costituzionale innanzi richiamata, in contrasto con un proprio precedente, costituito da un parere emesso sullo stesso caso (deliberazione n. 184/2020/PAR). A detta del ricorrente, in altri termini, dal principio di leale cooperazione deriverebbe il divieto di venire “contra factum proprium”, con conseguente dovere, in capo alla Sezione, di tutelare l’affidamento “legittimo” che il Comune di Campione d’Italia ha maturato circa l’efficacia precettiva del provvedimento emesso in sede consultiva. In buona sostanza, il ricorrente sostiene che, in forza dell’art. 97 Cost., la deliberazione n. 184/2020/PAR determinerebbe un vincolo interpretativo sugli artt. 256, co. 12, e 247-quater Tuel. 

Tuttavia, le Sezioni Riunite stigmatizzano siffatta argomentazione, adducendo sia ragioni di natura teorica che di carattere pratico, e al contempo delineano la cornice normativa nel cui perimetro si colloca la procedura di controllo del PRFP.   Dal primo punto di vista, le determinazioni del Supremo Consesso si fondano sul contenuto sostanziale dei controlli sui PRFP. Questi ultimi, infatti, non rappresentano attuazione dell’art. 97 Cost. né manifestazione di un potere discrezionale della Sezione; per contro, il controllo previsto dall’art. 243-quater co. 3 e 7 Tuel, per giurisprudenza consolidata, si ascrive nell’ambito dei controlli di legittimità-regolarità e si svolge in “forma sentenza” (C. cost. sent. n. 18/2019), nell’ambito del quale il giudice è soggetto soltanto alla legge (art. 101 Cost.). Si tratta, pertanto, di un giudizio che si svolge attraverso un sillogismo giudiziario a carattere “dicotomico” (C. cost. sentt. n. 40/2014 e n. 60/2013). In questa prospettiva, il controllo sul PRFP – attraverso una verifica della veridicità ed attendibilità dei saldi espressi dal PRFP – mira ad accertare, in primo luogo, la situazione contabile effettiva (il fatto). In secondo luogo, in diritto, punta a verificare la legittimità dei saldi “obiettivo” e delle connesse coperture predisposte dal PRFP per conseguirli (ex multis Sez. riun. spec. comp. n. 34/2014/EL, n. 23/2018, n. 15/2019 e n. 2/2019; Sez. reg. contr. Sicilia n. 101/2021/PRSP). Pertanto, il controllo sul PRFP rappresenta applicazione, al caso di specie, degli artt. 256, co. 12, e 243-quater, co. 3 e 7, Tuel, in attuazione degli artt. 100 e 103 Cost. e non dell’art. 97 Cost. Inoltre, dopo la novella costituzionale del 2012, il controllo sui PRFP rientra nel “genus” dei controlli svolti con le “forme” e nelle “modalità” dell’unico grado, ai sensi dall’art. 20 della l. n. 243/2012 (SS.RR. spec. comp. sent. n. 20/2021). Tali controlli concretizzano il principio di cui all’art. 81 co. 6 Cost. e all’art. 5 co. 1 lett. a) l. cost. n. 1/2012 e si inquadrano, pertanto, nel sistema dei controlli introdotti dal d.l. n. 174/2012, in vista dell’obiettivo di «assicurare effettività al rispetto di più vincolanti parametri finanziari, integrati da principi enucleabili dal diritto europeo» (sentenza n. 244 del 2020)» (C. cost. n. 184/2022). 

Al fine di assicurare il principio di effettività, peraltro, tale tipologia di riscontri – come recentemente affermato dalla Corte costituzionale (C. cost. n. 184/2022) – assume una funzione di garanzia. Non a caso, la stessa Consulta, nel riferirsi ai controlli “de quibus”, parla di “controllo-garanzia”, differenziandoli profondamente da quelli “collaborativi”. Mentre i primi sono diretti a prevenire o reagire alla violazione della “legalità costituzionale-finanziaria”, in attuazione delle richiamate norme costituzionali, i secondi – introdotti dal legislatore ordinario (l. n. 20/1994 e art. 7, co. 7 e 8, della l. n. 131/2003) – si pongono al di fuori dell’art. 100 Cost. e sotto l’egida dell’art. 97 Cost. (C. cost. sent. n. 470/1997). Unicamente in quest’ultima prospettiva, è consentito al giudice contabile di “curare” l’interesse concreto dell’amministrazione controllata, pur sempre nel presupposto della legittimità. In buona sostanza, solo nell’ambito dei controlli collaborativi è possibile “cooperare” esternamente alla attività discrezionale dell’ente, nell’ottica del “buon andamento” della pubblica amministrazione. 

Per contro, in ragione della diversa base giuridica e natura del controllo, l’attività giudiziaria del giudice non può partecipare né collaborare allo svolgimento dell’attività amministrativa del soggetto controllato (nella specie, la gestione del bilancio), chiamando in causa una sua “leale collaborazione” o il divieto di venire “contra factum proprium”. Egli deve svolgere la propria funzione in posizione di totale neutralità rispetto agli interessi in gioco, a garanzia dello Stato-ordinamento (C. cost. sent. n. 60/2013), dando applicazione a parametri obiettivi di “legge” (C. cost. sent. n. 18/2019).

In altri termini, nell’ambito dei “controlli collaborativi”, l’autorità giudiziaria è “terza, ma non imparziale”, laddove – sussistendone i presupposti – coopera con l’attività discrezionale dell’ente controllato, nell’ottica della salvaguardia del particolare interesse di quest’ultimo. “Ex adverso”, con riferimento ai “controlli di garanzia”, nei cui confini applicativi si sussume l’indagine sul PRFP, il giudice riacquista il connotato dell’imparzialità, posto che la relativa attività appare strumentalmente preordinata alla cura dell’interesse pubblico generale al ripristino della legalità violata.  

Quanto alle ragioni di carattere pratico, ostative all’accoglimento del ricorso, i Giudici valorizzano, “in primis”, il merito dei pareri emessi ai sensi dell’art. 7, co. 8, della l. n. 131/2003. Ebbene, tali pronunciamenti di natura consultiva, per consolidata giurisprudenza della Magistratura contabile, possono “legittimamente” riguardare fattispecie generali ed astratte, non anche casi concreti (Sezione delle Autonomie, deliberazione n. 5/AUT/2006, deliberazione n. 3/SEZAUT/2014/QMIG e, successivamente, deliberazione n. 24/SEZAUT/2019/QMIG e deliberazione n. 17/SEZAUT/2020/QMI). Pertanto, precipitato logico di quanto asserito è l’assenza di efficacia vincolante del parere n. 184/2020, per la Corte, ai fini della regolazione del caso di specie.

Ed ancora, la richiamata argomentazione costituisce un “prius” logico rispetto al secondo motivo, di matrice pratica, preclusivo all’accoglimento della domanda. Infatti, quasi alla stregua di un percorso per cerchi concentrici, le Sezioni Riunite – argomentando dal generale al particolare – esaminano il contenuto del parere di cui alla deliberazione n. 184/2020/PAR ed evidenziano che la Sezione territoriale si è limitata, correttamente, ad affermare l’impossibilità di pervenire ad una nuova dichiarazione di dissesto ex art. 244 Tuel, poiché il primo procedimento non si era ancora esaurito, salva la possibilità di avviare un PRFP, come previsto dall’art. 256 co. 12 Tuel, in presenza di tutti i presupposti di legge. 

In ordine al secondo motivo di ricorso, il Supremo Consesso afferma che l’omologazione del PRFP non può prescindere dall’accertamento della relativa “congruità” di cui al postulato n. 8, all. 1 del d.lgs. n. 118/2011. A mente del dato testuale, la congruità consiste nella verifica dell’adeguatezza delle risorse disponibili rispetto alle finalità perseguite. Il principio si collega a quello della coerenza, rafforzandone i contenuti di carattere finanziario, economico e patrimoniale, anche nel rispetto degli equilibri di bilancio. Tanto Premesso, le Sezioni Riunite – nella pronuncia in epigrafe – qualificano il PRFP incongruo sotto il profilo teleologico, stante l’impossibilità di valutarne l’adeguatezza in un’ottica prospettica, sotto il profilo delle misure predisposte e della situazione finanziaria effettiva. Ciò detto, il PRFP predisposto dal Comune di Campione d’Italia risulta finalizzato a ripianare un disavanzo costituito da debiti attribuiti illegittimamente al bilancio “in bonis”, in dispregio della data legale di segregazione patrimoniale (art. 254, co. 3, lett. a) Tuel). Tale violazione involge la approvazione di un PRFP il cui obiettivo non corrisponde a quello previsto dall’art. 256 co. 12 Tuel. Più nel dettaglio, il PRFP sottoposto al vaglio delle Sezioni Riunite intende ripianare un disavanzo formatosi successivamente alla dichiarazione di dissesto (tra il 2018 ed il 2020) e illegittimamente imputato al bilancio “in bonis”, distraendolo dalla concorsualità del dissesto. L’art. 256 co. 12 Tuel consente – previa autorizzazione ministeriale – di attivare un PRFP per compensare un disavanzo “alieno” (quello del bilancio dissestato) e “residuale” (ovvero a valle delle operazioni di compressione dello scarto tra la massa attiva e quella passiva, che è di competenza dell’OSL, ai sensi degli artt. 254- 258 Tuel). L’approvazione del PRFP, peraltro, comporta un effetto contabile sul bilancio “in bonis”, che deve procedere all’accantonamento dei fondi per un contributo annuale alla massa attiva, nella stessa logica di quanto già previsto – in un’altra fase del dissesto – dall’art. 268-bis co. 5 Tuel. L’obiettivo di riequilibrio dell’art. 256 co. 12 Tuel, pertanto, presuppone che il PRFP operi tra due bilanci separati, previamente formati, sulla base di un corretto iter procedurale, che prevede previamente: 

  • (a) la nomina dell’OSL (art. 252 Tuel); 
  • (b) l’approvazione del BSR da parte del Consiglio dell’ente locale, nei termini ordinatori stabiliti dalla legge (artt. 259, co. 1, e 261 Tuel); 
  • (c) la successiva formazione della massa attiva e passiva alla data di cui 23 all’art. 254, co. 3, lett. a) Tuel (cfr. in particolare gli artt. 254 e 256 Tuel), con la quantificazione dello scarto tra le due masse, a valle delle operazioni di competenza dell’OSL, compreso l’eventuale avvio della “procedura semplificata” di cui all’art. 258 Tuel.

 La scissione del bilancio, prevista dalla disciplina del dissesto, è funzionale a due scopi: 

  • (i) conseguire la sicurezza ai traffici commerciali, con la soddisfazione concorsuale dei creditori pregiudicati dal sopravvenuto stato di dissesto; 
  • (ii) garantire la continuità di “funzioni e servizi indispensabili” ai sensi dell’art. 244 Tuel. La realizzazione del primo scopo è affidata al bilancio del dissesto (composto dalla massa attiva e passiva), la cui gestione è demandata ad un organo straordinario all’uopo nominato (l’OSL); la realizzazione del secondo rimane in capo al bilancio “in bonis”, che continua ad essere gestito dagli organi ordinari dell’ente locale. 

Tanto premesso, la pronuncia richiama l’art. 254 co. 3, lett. a) Tuel, il quale stabilisce che la segregazione dei due bilanci si verifica “al 31 dicembre dell’anno precedente quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato”. Declinando le coordinate suesposte nel caso concreto, il Supremo Consesso evidenzia come la prima ipotesi di BSR sia stata adottata il 27 maggio 2021 con la deliberazione C.C. n. 8/2021, salvo poi essere approvata, con le modificazioni intervenute con la delibera C.C. n. 15 del 22 settembre 2021, con il decreto ministeriale n. 170676 del 22 dicembre 2021 (notificato all’ente il 31 dicembre 2021). In base a tale scansione procedurale, la data legale della segregazione coincide con il 31 dicembre 2020. Quest’ultimo rappresenta il frangente temporale in relazione al quale i “fatti di gestione” devono essere legalmente imputati e distribuiti tra bilancio del dissesto e bilancio “in bonis” (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. n. 1/2022 e Ad. Plen. n. 15/2020; Corte conti, Sez. reg. contr. Lazio, n. 61/2022/PAR; Sez. reg. contr. Campania, n. 57/2020/QMIG; Corte conti, Sez. autonomie, n. 12/2020/QMIG).  

L’Organo di nomofilachia, tuttavia, rileva come il PRFP dell’ente in esame sia stato approvato in violazione dell’art. 254, co. 3, lett. a) Tuel, “come se” la data della segregazione patrimoniale fosse il 31.12.2017 – ossia la fine dell’esercizio anteriore a quello della dichiarazione di dissesto – e “come se” il PRFP potesse ripianare e assorbire disavanzi sopravvenuti del bilancio “in bonis” (e quindi in violazione anche dell’art. 268 Tuel). Di tal guisa, il PRFP altera la competenza dei due bilanci, producendo tre effetti pratici, tutti gravemente illegittimi e stigmatizzati dalla Supremo Consesso: 

  • (a) l’alterazione dell’obiettivo di riequilibrio, che non corrisponde a quello stabilito dall’art. 256 co. 12 Tuel; 
  • (b) il trasferimento di una parte della massa passiva del dissesto (accumulatasi tra il 1° gennaio 2018 ed il 31.12.2020) dentro il PRFP, revocando per quella parte gli effetti della dichiarazione ex art. 244 Tuel, in violazione dell’art. 246 Tuel e del principio di concorsualità della soddisfazione dei creditori (artt. 254-258 Tuel); 
  • (c) la trasformazione dello speciale PRFP, previsto dall’art. 256 Tuel, in uno strumento generale, per la correzione di nuovi squilibri del bilancio “in bonis”, non ripianabili con le forme ordinarie (artt. 193 e 194 Tuel). 

Né la Suprema Adunanza – diversamente da quanto prospettato dal ricorrente – ritiene che il PRFP possa riferirsi al 31 dicembre 2017 sulla base del contenuto del BSR. Quest’ultimo, infatti, nel dare approvazione anticipata dei bilanci di previsione degli esercizi già chiusi (segnatamente gli esercizi 2018, 2019, 2020), precorre, semplicemente, un adempimento previsto dall’art. 264 Tuel co. 2 Tuel, in ragione della sospensione dei termini per l’approvazione dei bilanci e dei rendiconti (art. 248 co. 1 Tuel). La succitata approvazione, dunque, disvela un valore ricognitivo e anticipatorio di adempimenti normativamente previsti, al mero scopo di preservare la continuità delle scritture con il primo bilancio di previsione approvato a valle del BSR (art. 264 co. 1 Tuel). 

In proposito, v’è da aggiungere – come rilevato dalle Sezioni Riunite nell’arresto “de quo” – come il BSR sia un atto straordinario ed essenziale del ciclo di bilancio (cfr. l’art. 265 Tuel, nella parte in cui assimila il BSR al bilancio di previsione) che può validamente disporre soltanto per il futuro. Nello specifico, il BSR integra uno schema comprensivo di contenuti pluriennali e futuri che devono essere riprodotti negli atti successivi del ciclo di bilancio, nel rispetto del principio di continuità (postulato n. 11, all. 1 del d.lgs. n. 118/2011). Non a caso, il BSR non può prevedere la formazione di nuovi disavanzi (art. 268 Tuel) i quali, laddove ammessi (art. 259 co. 1-ter Tuel), risultano emendabili soltanto nelle forme ordinarie degli artt. 193 e 194 Tuel; non a mezzo del PRFP. 

Nel caso di specie, pertanto, il PRFP attribuisce valore prescrittivo ad una parte del BSR che, al contrario, possiede un valore meramente ricognitivo. In tal modo realizzando una ingiustificata retrodatazione della segregazione patrimoniale, con conseguente traslazione di una porzione del disavanzo del dissesto in capo al bilancio “in bonis”. 

Valorizzando tale illegittimità, l’approdo ermeneutico in parola accerta la conseguente incongruità del PRFP, ancorandone il fondamento alla violazione degli artt. 256 e 243-quater co. 3 e 7 Tuel. L’applicazione del parametro normativo della congruità – sovrapponibile “mutatis mutandis” al principio di proporzionalità – presuppone che il Giudice pervenga alla soluzione del caso, mediante tre fasi logiche successive e consequenziali (Sezioni riunite spec. comp. sent. n. 14/2022; Cons. Stato sez. IV, sentenza 26 febbraio 2015, n. 964; C. cost. sentenza 22 dicembre 1988, n. 1130/1988). 

In particolare, egli deve riscontare la legittimità teleologica, la necessità e l’adeguatezza normativa dei contenuti del PRFP. Orbene, calando l’ipotesi concreta di cui si discorre nel solco tracciato dalla richiamata giurisprudenza, lo spostamento della data di segregazione ha reso il piano incongruo sotto il profilo teleologico. Esso, infatti, ha condotto il PRFP a ripianare uno squilibrio indebitamente assorbito al bilancio “in bonis”, violando non solo l’art. 256 Tuel, ma anche gli artt. 246 e 268 Tuel, nonché il principio di concorsualità.

L’accertamento del requisito teleologico, nell’ambito della verifica di congruità del PRFP, rappresenta un “prius logico” rispetto al riscontro dei caratteri della necessità e dell’adeguatezza dei relativi contenuti. Infatti, il mancato superamento del test teologico determina “ipso iure” (e già in astratto) il fallimento degli altri due giudizi. In buona sostanza, l’alterazione delle competenze preliminari dell’OSL (artt. 254-258 Tuel) non consente di verificare se e in che misura l’obiettivo di riequilibrio ed il PRFP ex art. 265 co. 12 Tuel siano effettivamente “necessari” e “straordinari”. L’illegittimità teleologica comporta, quindi, che il PRFP risulti altresì inadeguato, atteso che onera il bilancio “in bonis” a compensare lo squilibrio, senza verificare se siffatto onere sia compatibile con la continuità della erogazione di “funzioni e servizi indispensabili” ai sensi dell’art. 244 Tuel e del decreto ministeriale 28 maggio 1993 (altresì l’art. 37, comma 3, lett. h), d.lgs. n. 504/1992). 

In definitiva, dalla ricostruzione svolta dalle Sezioni Riunite, si evince che il PRFP è incongruo, in quanto l’obiettivo di ripiano è stato gravemente alterato (in qualità e quantità) da una erronea segregazione patrimoniale. Il PRFP, infatti, è stato approvato e reso esecutivo prima del completamento delle tre necessarie fasi preliminari alla segregazione. Il che ha prodotto, altresì, l’elusione dell’autorizzazione ministeriale prevista dall’art. 256 co. 12 Tuel, la cui mancanza ha comunque inciso sul corretto uso dei poteri sostitutivi. 

In proposito, la pronuncia in questione valorizza ulteriormente il connotato di straordinarietà del PRFP, nella misura in cui evidenzia come l’art. 256 co. 12 Tuel preveda che l’astratta idoneità di un PRFP a rimediare alla situazione finanziaria effettiva e alla sua evoluzione, successivamente al dissesto di un ente, possa essere valutata dallo stesso Governo laddove quest’ultimo utilizzi i propri poteri sostitutivi, normativamente tipizzati.  

Il Supremo Consesso, inoltre, si sofferma sulle conseguenze derivanti dalla declaratoria di incongruità del PRFP. Tale conclusione, invero, ai sensi dell’art. 256 co. 12 Tuel, non può produrre gli stessi effetti dell’art. 243 – quater co. 7 Tuel. Peraltro, poiché l’obiettivo di riequilibrio rappresenta una quota dello stesso disavanzo, l’effetto che consegue al diniego di omologazione non può essere l’obbligo di dichiarare coattivamente un nuovo dissesto. Detto in altri termini, il PRFP dell’art. 256 co. 12 Tuel non integra un “pre-dissesto”, ma un incidente procedurale del dissesto già in corso. Conseguentemente, l’illegittimità della misura straordinaria comporta la prosecuzione della procedura in itinere, per l’adozione delle misure idonee a garantire il raggiungimento del duplice scopo della procedura di dissesto.

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