Nota a sentenza Sezione Giurisdizionale Toscana 3/2022
La Sezione Giurisdizionale per la Regione Toscana con la sentenza in argomento interviene in materia di danni patrimoniali e non patrimoniali conseguenti a condotte illecite e penalmente rilevanti poste in essere da un soggetto legato da un rapporto di servizio con un’amministrazione pubblica.
Nel dettaglio, la Sezione statuisce sui seguenti pregiudizi erariali:
1) danno patrimoniale da lesione del rapporto sinallagmatico: esso concerne la distrazione delle energie lavorative del dipendente dai suoi compiti istituzionali, avendo posto in essere attività di rilievo penale con la conseguente disutilità della relativa spesa. Quando il dipendente agisce non in favore ma in pregiudizio dell’ente pubblico si verifica un’alterazione tra le prestazioni lavorative rese e la retribuzione, che diventa, in tutto o in parte, priva di causa (Sez. III Centr. App. n. 479/2017; Sez. Giur. Lombardia n. 301/2019). Tale voce di danno viene quantificata in via equitativa in una percentuale della retribuzione percepita dal dipendete infedele nell’intero arco temporale in cui lo stesso ha commesso le condotte illecite. La giurisprudenza contabile delle sezioni di appello si è occupata di questo tipo di danno statuendo che la perdita patrimoniale subita non può essere circoscritta al tempo delle condotte illecite, in quanto la reiterazione delle stesse condotte produce effetti sistemici che impattano direttamente sul contratto di lavoro e che minano la fiducia stessa che l’amministrazione ripone nella esatta esecuzione della prestazione lavorativa. La retribuzione, invero, è costituzionalmente parametrata alla qualità e quantità della prestazione lavorativa (art. 36 Cost.) (Sez. I Centr. App. n. 119/2021; Sez. II Centr. App. n. 43/2020);
2) danno patrimoniale da disservizio: esso ha ad oggetto il costo aggiuntivo sostenuto dall’amministrazione danneggiata per il ripristino della legalità, dell’efficienza e dell’efficacia del servizio, necessario qualora le condotte delittuose abbiano inciso sui processi organizzativi e di funzionamento dell’amministrazione, distogliendo risorse per il perseguimento dei fini istituzionali e rendendo necessaria la loro concentrazione per sanzionare il dipendente infedele e ripristinare la legalità dell’azione amministrativa. Tale voce di danno viene quantificata sulla base delle ore lavorative necessarie per interloquire con gli inquirenti e per porre riparo alle conseguenze delle numerose condotte illecite. E’ una voce di danno diversa rispetto al precedente danno da lesione del nesso, come evidenziato dalla giurisprudenza contabile delle sezioni di appello, secondo le quali il danno da disservizio “disarticola” i processi organizzativi e di funzionamento della compagine amministrativa di riferimento, distogliendo risorse per il funzionamento dei fini istituzionali e rendendo necessaria la loro concentrazione per sanzionare i dipendenti e ripristinare la regolarità del funzionamento dell’ufficio (Sez. II Centr. App. n. 301/2018 e n. 43/2020);
3) danno patrimoniale da assenteismo: esso ha ad oggetto la retribuzione specificamente dovuta per le ore e i giorni di allontanamento arbitrario dal posto di lavoro e, dunque, di mancato espletamento delle attività lavorative, come previsto dall’art. 55-quinquies del d.lgs. n. 165/2001, introdotto dall’art. 69 del d. lgs. n. 150/2009 (c.d. danno patrimoniale diretto da indebita percezione di emolumenti stipendiali);
4) danno patrimoniale da tangente: esso costituisce un costo occulto per l’imprenditore/operatore economico che viene normalmente traslato sul prezzo di aggiudicazione a carico dell’amministrazione (Cass., Sezioni Unite n. 3970/1993 e n. 19661/2003). Tale voce di danno è pari almeno alla illecita dazione di denaro o altra utilità, ma può essere anche determinato in misura maggiore, qualora il nocumento non possa essere calcolato con precisione ed emergano indizi gravi, precisi e concordanti orientati verso una quantificazione superiore (art. 2729 cod. civ.). La giurisprudenza contabile delle sezioni di appello si è occupata anche di questo tipo di danno (Sez. I Centr. n. 325/2020 e n. 29/2022; Sez. III Centr. n. 6/2020);
5) danno non patrimoniale all’immagine collegato all’assenteismo: esso, ai sensi e per gli effetti dell’art. 55 –quinquies, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001, come introdotto articolo 69 del d.lgs. n. 150/2009, non richiede, in conformità all’orientamento giurisprudenziale univoco, l’accertamento con sentenza definitiva di fattispecie delittuose (Sez. I App. n. 391/2018; in termini analoghi, ex multis, Sez. II App. n. 662/2017; Sez.II App. n. 140/2020). Ciò, in quanto l’obbligo di risarcimento del danno all’immagine della P.A. derivante da ipotesi di assenteismo fraudolento si configura come fattispecie speciale, tipizzata dal legislatore nel richiamato art. 55-quinquies (cfr. sentenze nn. 476/2015, e 825/2014 della I Sez. Centr., n.662/2017 della II Sez. Centr. App. nonché SS.RR., sent. n. 8/2015/QM). Anche dopo l’intervento della Consulta (sentenza n. 61/2020) la norma in argomento è stata univocamente interpretata come un’autonoma e speciale ipotesi di perseguibilità del danno all’immagine della pubblica amministrazione, testualmente svincolata dal previo accertamento (c.d. pregiudizialità penale) con sentenza passata in giudicato di un reato contro la pubblica amministrazione (in termini analoghi, Corte conti, Sez. II Centr. App. n. 140/2020 e sent. n. 146/2020). La giurisprudenza univoca delle sezioni di appello, invero, ritengono che la fattispecie contemplata dall’art. 55 quinquies del d.lgs. n. 165/2001 presenti indiscutibili caratteri di autonomia rispetto a quella, più generale, prevista dall’art. 17, comma 30 ter, del d.l. n. 78/2009, trattandosi, infatti, di una norma “speciale”, caratterizzata da un’indubbia “vocazione sanzionatoria”, in quanto volta ad apprestare un sistema “punitivo” con effetti di deterrenza e prevenzione. Ne deriva che, ai fini dell’applicazione dell’art. 55 quinquies del d.lgs 165/2001 si prescinde dai requisiti di cui all’art.17, comma 30 ter, d.l. 78/09, non richiedendosi l’accertamento, con sentenza definitiva, della ricorrenza di talune fattispecie delittuose lesive dell’immagine (Sez. II Centr. App. n. 208/2020; Sez. I Centr. App. n. 73/2021);
6) danno non patrimoniale all’immagine collegato a delitto contro la P.A.: la Sezione conferma l’orientamento giurisprudenziale della Corte dei conti sulla necessità della sentenza di condanna irrevocabile per uno dei delitti da “catalogo”. In ordine al quantum, pur in presenza dell’art. 1, comma 1-sexies, della legge n. 20/1994, che introduce il principio del doppio della somma di denaro o del valore patrimoniale di altra utilità illecitamente percepita dal dipendente, la Sezione ritiene che quest’ultima disposizione racchiude una presunzione relativa e non assoluta (Sez. Giur. Lazio n. 294/2020), poiché il danno può essere ricostruito in via equitativa, tenendo conto di una molteplicità di elementi: la vasta eco della vicenda sulla stampa nazionale e locale, al carattere doloso della condotta, alla sua rilevanza penale, alla reiterazione dei fatti delittuosi ed alla qualifica del convenuto, in posizione apicale.
La sentenza per intero qui