lA GIURISDIZIONE SUGLI ATO
CORTE DEI CONTI UMBRIA SENTENZA 37/2023
MASSIMA
La sentenza n. 37/2023 della Sezione giurisdizionale regionale per l’Umbria – della quale seguono la precisa identificazione e le massime – ha giudicata una fattispecie di danno erariale causato a più Comuni, organizzati nell’Ambito Territoriale Integrato 2 umbro, da un R.T.I. costituito da più Società e poi divenuto unica Società nelle more dell’aggiudicazione (nonché da soggetti dipendenti dalla Società) cui erano state affidati la raccolta, il conferimento e lo smaltimento di rifiuti. Il Corpo Forestale dello Stato, a seguito di un’ampia attività investigativa, aveva raccolto elementi comprovanti una inadeguata esecuzione degli obblighi contrattuali, con danno per le Amministrazioni riferito al rapporto tra corrispettivi erogati e servizi ricevuti.
La sentenza è giunta al termine di un complesso iter processuale (dichiarazione di difetto di giurisdizione in primo grado, con sentenza n. 80/2018 della Sezione Umbria; riforma e rinvio al primo grado in appello, con sentenza n. 28/2020 della Sezione I d’appello; coesistenti ricorsi per regolamento di giurisdizione in Cassazione, definiti con ordinanza delle SS.UU. n. 29906 del 2022, pure affermativa della giurisdizione contabile; sospensione del giudizio riassunto in primo grado per pendenza dei ricorsi dinanzi alla Corte Regolatrice, con ordinanza della Sezione Umbria n. 10/2020; accoglimento del ricorso della Procura regionale per regolamento di competenza con ordinanza delle Sezioni Riunite n. 4/2021).
L’atto si connota per la ricchezza di argomentazioni affrontate e risolte, costituendo un vero e proprio catalogo di molte delle questioni – segnatamente processuali – che si replicano nei giudizi di responsabilità per danno erariale.Ferma l’utilità della sintesi che le massime rappresentato per l’utilizzazione pratica dei precedenti giurisprudenziali, la sentenza è connotata anche da una chiarezza e completezza espositive, pur senza indulgere in derive manualistiche, nonché per l’equilibrio redazionale nella stesura e nel rinvio a precedenti giurisprudenziali non ridondante. Merita, dunque, una lettura integrale
COMMENTO
La giurisdizione di responsabilità per danno erariale della Corte dei conti sussiste, per principio consolidato, in ipotesi di gestione di attività, o di servizio pubblico, affidati – nell’interesse e con le risorse proprie dell’amministrazione – ad un soggetto privato esterno a quest’ultima, risultando quest’ultimo così inserito, anche solo temporaneamente, nell’ambito dell’apparato organizzativo della Pubblica Amministrazione. È irrilevante, a tal fine, il titolo in base al quale la gestione è svolta, potendo esso anche mancare del tutto dal punto di vista formale, bensì rilevando soltanto la natura pubblica del servizio e del denaro o del bene pubblico oggetto della gestione; il rapporto di servizio, quindi, può sorgere anche di fatto, mediante il materiale inserimento del soggetto privato nella funzione pubblica.
La giurisdizione della Corte dei conti si estende anche alle persone fisiche – amministratori e dipendenti – che siano legate da un rapporto organico con il soggetto privato, organizzato in forma di società di diritto comune, che abbia causato il danno all’Amministrazione, qualora tengano condotte integranti una mala gestio e una frustrazione delle finalità pubbliche. Il rapporto di servizio e la conseguente responsabilità, infatti, sussistono non soltanto in capo al soggetto al quale viene affidata la gestione dell’attività pubblica, ma anche a coloro legati ad esso da un rapporto organico; per incardinare la giurisdizione contabile è necessaria e sufficiente l’allegazione di una fattispecie riconducibile allo schema del rapporto di servizio; ogni problema relativo alla effettiva esistenza del rapporto in questione attiene al merito, non integrando quindi una questione di giurisdizione (cfr. in termini, Cass. SS.UU., ordinanza n. 29906/2022, richiamata nella sentenza n. 37/2023).
In caso di contemporanea pendenza del giudizio penale e di quello contabile, vigono i principi di autonomia e separatezza dei giudizi, dovendosi quindi affermare il principio d’insussistenza d’un nesso di pregiudizialità logico-giuridica fra i giudizi e l’indipendenza fra le giurisdizioni (penale e civile, da un lato, e contabile, dall’altro), anche qualora esse investano lo stesso fatto materiale.
In tema di coincidenza tra invito a dedurre e atto di citazione, il contenuto del primo non deve coincidere perfettamente con quello del secondo, ricorrendo la nullità prevista dall’art. 87 c.g.c. soltanto quando la differenza di contenuto tra i due atti sia tale da modificare l’essenza dell’ipotesi di danno prospettata nell’invito, tanto da non consentire più la riconduzione del fatto rappresentato nella citazione a quello previsto nell’invito; nei limiti del rispetto di tale corrispondenza minima, dunque, devono ritenersi legittime eventuali variazioni, in citazione, dell’ipotesi dannosa prospettata nell’invito a dedurre.
La prescrizione, “in caso di occultamento doloso del danno”, decorre “dalla data della sua scoperta” (art. 1, legge n. 20/1994). In tali evenienze, dunque, la prescrizione inizia a decorrere dalla data della richiesta di rinvio a giudizio da parte del Procuratore della Repubblica penale nel relativo procedimento. Solo in quel momento, infatti, si verifica la “scoperta”, attraverso la quale vengono individuati specificatamente gli elementi essenziali del fatto, con il conseguente obbligo di trasmissione della notizia di reato alla Procura della Corte dei conti competente.
Nelle ipotesi connotate da illegittima spesa di denaro pubblico, il danno si attualizza nel momento in cui l’Amministrazione effettua il pagamento, cioè quando il denaro viene effettivamente e materialmente sottratto dalle casse pubbliche.
La riduzione o l’esclusione del danno erariale per compensazione con i vantaggi “comunque conseguiti dall’amministrazione di appartenenza, o da altra amministrazione, o dalla comunità amministrata”, presuppone adeguatezza e liceità della controprestazione dalla quale derivano i vantaggi medesimi, non essendo sufficiente lo svolgimento d’una controprestazione qualsiasi (nel caso di specie, la Corte ha ritenuto di non dover considerare, a tali fini, il mero conferimento dei rifiuti in discarica, da smaltire, invece, con modalità conformi alla normativa vigente in materia, ai sensi del D.lgs. n. 36/2003).
In tema di effetti, nel giudizio contabile, di sentenze pronunciate ex articolo 444 c.p.p. (patteggiamento), occorre tenere presente che l’art. 25, comma 1, lett. b), del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, ha modificato, a decorrere dal 30 dicembre 2022, il comma 1-bis dell’articolo 445 del Codice; la disposizione prevede, ora, che la sentenza di patteggiamento – la quale è comunque equiparata a sentenza di condanna – “non ha efficacia e non può essere utilizzata a fini di prova nei giudizi civili, disciplinari, tributari o amministrativi, compreso il giudizio per l’accertamento della responsabilità contabile”. Alla sentenza di patteggiamento, pertanto, non può essere riconosciuta efficacia probatoria diretta nell’ambito del giudizio contabile, ferma restando, in ogni caso, la possibilità, per il giudice contabile, di pronunciare una sentenza di condanna, motivata sulla base di un autonomo esame e di un’autonoma valutazione degli atti processuali.