IL CASO DELLA DISCARICA DI ORIOLO ROMANO Breve nota di lettura della sentenza della Sezione giurisdizionale del Lazio n. 406 del 6/08/2019
Omessa/ritardata esecuzione delle attività funzionali all’esecuzione delle sentenze di condanna della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nei confronti della Repubblica Italiana .
Non sussiste daanno per inadempimento da parte della Regione Lazio ed ai Comuni interessati nell’ambito delle penali comminate dal Giudice Eurounitario (art. 43, Legge 24 dicembre 2012, n. 234 “Norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea” – art. 250, D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 “Codice dell’ambiente”).
Il caso scrutinato nella pronuncia in commento concerne la realizzazione degli interventi di bonifica e messa in sicurezza della discarica sita nel comune di Oriolo Romano, in località Ara San Baccano, funzionali a dare esecuzione alla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 2/12/2014, con cui lo Stato Italiano è stato condannato per inadempimento, in relazione alla mancata adozione di misure idonee ad assicurare il superamento delle plurime irregolarità e criticità nella gestione dei rifiuti, segnalate nella precedente decisione della Corte Eurounitaria del 26/04/2007.
Tale discarica rientra tra quelle per cui la Corte di giustizia dell’Unione europea – a seguito della procedura d’infrazione n. 2003/2077 – ha dapprima condannato lo Stato italiano per la violazione degli obblighi di diritto comunitario (sentenza del 26 aprile 2007, causa C-135/05) e, successivamente, irrogato una sanzione pecuniaria per il mancato adempimento agli obblighi previsti dalla precedente decisione (sentenza del 2 dicembre 2014, causa C-196/13).
In particolare, con riferimento al sito in discussione, la condanna dello Stato è scaturita dalla mancata presentazione dei documenti comprovanti l’espletamento della procedura di caratterizzazione dei luoghi e di messa in sicurezza dei medesimi, mediante opere di bonifica e/o ripristino.
L’azione erariale è stata promossa nei confronti dei Sindaci della cittadina laziale e del Responsabile dell’Ufficio tecnico comunale, in carica nell’arco temporale dal 2007 ad oggi, contestando il grave ritardo con cui si è addivenuti alla predisposizione dei predetti adempimenti, essendo stato redatto il Piano di caratterizzazione solo nel settembre 2017; nonché – conseguentemente – la perdurante presenza della discarica, medio tempore non messa in sicurezza né sottoposta a bonifica.
Il Giudice territoriale non ha ritenuto fondate le ragioni del Requirente, sulla base di un triplice ordine di valutazioni, che si possono così sintetizzare.
1. L’inserimento della discarica di Oriolo Romano nel novero dei siti poi divenuti oggetto delle pronunce di condanna del Giudice europeo, risulta sostanzialmente non corretto, poiché si tratta di un impianto comunale di conferimento di rifiuti solidi urbani non pericolosi, che è stato utilizzato esclusivamente nel periodo 1980-1987, in conformità alla legislazione di settore vigente ratione temporis, ovverosia il D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, recante “Attuazione delle direttive (CEE) n. 75/442 relativa ai rifiuti, n. 76/403 relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili e n. 78/319 relativa ai rifiuti tossici e nocivi”. In proposito si evidenzia come la procedura secondo cui è avvenuto tale inserimento sia stata effettuata in epoca ben lontana dall’assunzione degli incarichi dei soggetti convenuti e che da questa iniziale decisione sia scaturita, in seguito, la necessità di avviare gli interventi di bonifica ex art. 242 del citato D.lgs. n. 152/2006, “in quanto unico modo per consentirne l’espunzione e interrompere il pagamento della penalità dello Stato italiano in favorer della Commissione europea” (cfr. sent. pag. 17).
Di obiettivo rilievo, sul punto, si presenta il richiamo della Sezione alla sentenza della Corte Costituzionale n. 28 del 21/02/2018, con la quale è stata esaminata, in sede di conflitto di attribuzioni, la procedura di rivalsa esercitata dallo Stato nei confronti della Regione Emilia Romagna, in relazione alla sanzione pecuniaria irrogata dalle citate decisioni della Corte di Giustizia dell’Unione Europea per una discarica sita in quella regione. Anche in questo caso – si noti – il sito censurato non avrebbe dovuto risultare tra quelli oggetto di condanna, poiché in realtà era stato bonificato nel 2009, ben prima dunque del 2014.
Sebbene il Giudice delle leggi abbia dichiarato inammissibile il proposto conflitto – in quanto volto a censurare “l’erronea interpretazione e applicazione delle disposizioni legislative in materia e non un’alterazione dell’ordine costituzionale delle competenze” – ha, nel contempo, stigmatizzato il grave ritardo con cui la documentazione relativa all’intervenuto risanamento della discarica è stata trasmessa dallo Stato alla Commissione europea, addirittura nel 2016. “Con la conseguenza che la Corte di giustizia ha condannato l’Italia che «non è stata in grado di dimostrare che l’inadempimento constatato nella sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250) sia effettivamente cessato. Si deve quindi considerare che siffatto inadempimento perdura da oltre sette anni, un periodo di durata notevole» (sentenza 2 dicembre 2014). È così ineludibile e grave dover constatare che lo Stato, non fornendo la pur possibile dimostrazione richiesta dalla Corte di giustizia, ha provocato il pagamento di penalità che si risolvono in un danno per la collettività”.
2. Il sito in questione è stato definitivamente espunto dalla procedura di infrazione nell’aprile del 2019: ciò è risultato in sede di ricezione dell’ingiunzione di pagamento relativa all’ottava penalità semestrale. In relazione a tale circostanza il Commissario straordinario ha reso una formale comunicazione, nella quale vengono ricostruiti puntualmente tutti gli aspetti salienti dell’azione di risanamento della discarica: essa è stata completata già nel 2014, e dopo tale intervento l’area è risultata esente da rischi. La descritta situazione è riportata in comunicazioni dei Presidenti della Regione p.t., con le quali – oltre a sottolineare il carattere autorizzato del sito – si pone all’attenzione dell’autorità statale la mancata adozione di atti di indirizzo necessari ad espungere tempestivamente il sito di Oriolo Romano da quelli oggetto della condanna dell’Unione europea.
Questi elementi sono valorizzati dal Collegio per evidenziare come il mancato tempestivo stralcio della discarica dalla procedura di infrazione non risulti imputabile agli amministratori comunali ed al dirigente dell’ufficio tecnico, ma piuttosto si sia inquadrata in un contesto di gravi difficoltà e ritardi da parte dello Stato nella gestione delle questioni poste dalle sentenze della Corte di Giustizia, portando – nel caso di specie – alla “soluzione obbligata” del Piano di caratterizzazione dell’area, a fronte della diffida della Presidenza del Consiglio dei Ministri del dicembre 2015.
In ciò trovando riscontro il rilievo formulato dalla Corte Costituzionale nella citata sentenza n. 28/2018, ed emergendo – in definitiva – un duplice fattore di criticità dell’ipotesi accusatoria posta a carico dei convenuti: in termini di cesura del nesso di causalità e di inesigibilità di condotte attive specificamente incidenti.
In ultima analisi la Sezione territoriale rileva, poi, che le attività necessarie alla predisposizione ed approvazione del Piano di caratterizzazione sono state realizzate, dall’amministrazione comunale di Oriolo Romano, secondo una tempistica ragionevole e fisiologica, attraverso l’interazione con la regione, l’ARPA e la Provincia. Egualmente di rilievo si presenta, altresì, la sottolineatura da parte del Collegio di margini di incertezza sulla voce di danno contestata, alla luce della pendenza di un contenzioso sull’azione di rivalsa intentata dallo Stato nei confronti della Regione e del Comune.
La pronuncia è di obiettivo interesse, poiché le questioni connesse all’esecuzione delle citate sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sono ancora in buona parte aperte, in particolare proprio con riferimento alla sorte delle azioni di rivalsa promosse dallo Stato nei confronti delle Regioni e dei Comuni nei quali si trovano le discariche oggetto della procedura d’infrazione. Esse involgono, infatti, plurimi profili ermeneutico-applicativi della vigente disciplina dei rapporti, istituzionali e finanziari, tra i diversi livelli di governo strumentale ad assicurare compiuta ottemperanza alle statuizioni del Giudice eurounitario.