COMMENTO A SEZ CONTROLLO LAZIO 14/2021/par
1.- La questione della riconoscibilità da parte dell’ente controllante del debito fuori bilancio della società controllata nell’ipotesi di cui all’art. 194, comma 1, lett. a), Tuel
Alla Sezione regionale di controllo per il Lazio, con riferimento alla deliberazione n. 14/2021/PAR del 23 febbraio 2021, in commento, viene sottoposto un particolare e delicato quesito dalla Sindaca del Comune di Roma Capitale, nell’ambito dell’attività consultiva in capo alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, in relazione alla possibilità, per l’ente locale, di ricorrere alla procedura di riconoscimento del debito fuori bilancio, attraverso l’applicazione dell’art. 194, comma 1, lett. a), Tuel (debiti fuori bilancio derivanti da “sentenze esecutive”), in presenza di debiti originati da provvedimenti giudiziari adottati direttamente nei confronti di una società in house strumentale del medesimo ente locale[1].
In argomento, la Sezione laziale, dopo una breve ricostruzione del quadro normativo e giurisprudenziale relativo al tema del riconoscimento del debito fuori bilancio, a partire dal dato di cui all’art. 194 Tuel, e fermo che lo stesso contempla una serie di ipotesi tassative, in quanto derogatorie rispetto all’ordinario procedimento di spesa, e, quindi, non interpretabili estensivamente al di fuori dei casi e dei limiti ivi previsti, fa riferimento, per altro verso, alla considerazione, imprescindibile, che la scelta della pubblica amministrazione di acquisire partecipazioni in società di diritto comune “implica il suo assoggettamento alle regole proprie della forma giuridica prescelta: in primo luogo, in caso di società di capitali, quelle dell’autonomia patrimoniale e della limitazione di responsabilità”[2].
In tal senso, infatti, costituisce principio generale in materia di responsabilità per debiti la circostanza per cui, nelle società per azioni e in quelle a responsabilità limitata, per le obbligazioni risponde unicamente la società con il suo patrimonio[3], e tale principio non viene meno nel caso in cui un soggetto pubblico partecipi, in tutto o in parte, a una società di capitali, anche assumendosene il controllo, poiché il rapporto fra la società e l’ente risulta di assoluta autonomia[4]; esiste, pertanto, una “alterità soggettiva” fra pubblica amministrazione e proprio ente in house, con la conseguenza che possa escludersi il ricorso alla procedura di riconoscimento del debito fuori bilancio dell’ente locale e, dunque, all’applicazione dell’art. 194, comma 1, lett. a), TUEL in presenza di debiti originati da provvedimenti giudiziari adottati direttamente nei confronti di una società in house, rispetto a cui, pertanto, si rileva l’estraneità della posizione giuridica dell’ente socio[5].
Allo stesso modo, la Sezione regionale di controllo per il Lazio ritiene che, con riguardo all’ambito esaminato, non possa nemmeno utilmente farsi riferimento all’art. 194, comma 1, lett. e), Tuel, in quanto l’oggetto del riconoscimento del debito fuori bilancio non consiste nel corrispettivo di beni e servizi, acquisiti dall’ente in violazione del normale iter giuscontabile, ma in un debito derivante da provvedimento giudiziario riguardante due parti, rispetto a cui viene ribadita l’estraneità dell’ente socio in quanto diverso e autonomo soggetto di diritto rispetto alla società in house.
E, d’altro canto, è proprio dallo stesso enunciato normativo dell’art. 194, comma 1, lett. e), Tuel che si ricavano le specifiche condizioni preliminari perché si possa procedere al riconoscimento dei debiti fuori bilancio in siffatta ipotesi, senza possibilità di alcuna interpretazione estensiva; una riguarda il tipo e la qualità della spesa (acquisizione di beni e servizi, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità e arricchimento per l’ente) e l’altra attiene al fine a cui la stessa è diretta (espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza dell’ente locale): condizioni, entrambe, che mancano del tutto, per le ragioni sopra indicate, nel caso in cui i debiti fuori bilancio siano in capo alla società in house dell’ente medesimo.
Del resto, le società pubbliche non perdono la propria natura di enti privati per il solo fatto che al loro capitale partecipino anche soggetti pubblici; e, anche nell’ipotesi della società in house, quale società di capitali dotata di autonomia patrimoniale perfetta e regolata dal diritto civile, opera la netta separazione tra il patrimonio della società medesima e quello dei singoli soci[6].
2.- Il residuo spazio di intervento da parte dell’ente locale controllante nei confronti dell’organismo partecipato; le conclusioni della Sezione regionale di controllo per il Lazio
Fermo che, pertanto, per le ragioni sopra esposte, la pronuncia in commento ha, in primo luogo, escluso l’applicazione dell’art. 194 Tuel nel caso prospettato dall’Ente richiedente il parere, e relativo alla copertura di debiti originati da provvedimenti giudiziari adottati direttamente nei confronti di una società in house strumentale del medesimo Ente, la Sezione regionale di controllo per il Lazio si è poi, altresì, interrogata sull’eventuale esistenza, e, in caso positivo, secondo quale ampiezza, di residuo spazio di intervento da parte dell’Ente controllante nei confronti dell’organismo partecipato per far fronte a debiti di quest’ultimo derivanti da contenzioso.
Sul punto, la Sezione ha ritenuto che tale residuo spazio sia effettivamente esistente e possa essere inquadrabile nella fattispecie dell’accollo di debiti altrui che l’ente locale, pur non essendovi obbligato, potrebbe, in astratto, decidere di deliberare, in via contrattuale, nell’ambito delle proprie scelte discrezionali; sotto il profilo contabile, in siffatta ipotesi, si dovrà procedere secondo le ordinarie procedure, disciplinate dall’art. 191 Tuel e, dunque, ad un previo stanziamento in bilancio che assuma valenza autorizzatoria[7].
Tale forma di “sostegno finanziario”, che, ovviamente, deve collocarsi al di fuori delle fattispecie tipizzate dal Legislatore per cui sussiste il divieto assoluto del c.d. “soccorso finanziario” (art. 14, comma 5, TUSP), va, tuttavia, ricondotta a precisi limiti; il principio di economicità richiede, infatti, che l’ente dia conto delle ragioni di vantaggio e di utilità che supportano l’operazione contrattuale in parola, tali da giustificare la perdita del beneficio del limite legale della responsabilità da parte della pubblica amministrazione.
A questo fine, pertanto, è onere dell’ente locale giustificare la sussistenza di un’utilità che possa ascriversi ad un interesse pubblico specifico e concreto, il quale non può certo consistere nella sola tutela dei creditori, in quanto si integrerebbe la violazione del principio della par condicio creditorum; tale interesse pubblico deve, infatti, concretizzarsi in qualcosa di diverso e più specifico e la motivazione circa tale scelta, proprio perché comporta la rinunzia al limite legale della responsabilità patrimoniale per debiti, impone che:
– si individui lo schema causale di contratto al quale ricondurre l’operazione di assunzione del debito;
– si verifichi se le condizioni finanziarie dell’ente la permettono, effettuando, pertanto, una previa valutazione di sostenibilità finanziaria dell’operazione;
– si dia conto delle ragioni di vantaggio e di utilità evidente per l’ente che la giustificano[8].
Non v’è dubbio che la soluzione prospettata nella pronuncia in commento prenda le mosse da due differenti profili con riguardo alla tematica della partecipazione, da parte degli enti locali, in società; da un lato, come sopra ricordato, esistono nell’ordinamento regole del diritto societario che limitano la responsabilità del socio al solo conferimento e prevedono la responsabilità illimitata in casi limitati e, dall’altro, occorre considerare la situazione di società che, in molti casi, vedono come socio unico l’ente locale costitutore ed una funzione di direzione e coordinamento da parte di quest’ultimo che si estrinseca, sostanzialmente, nell’operatività in house della società[9].
Orbene, la pronuncia in parola si pone nel solco dell’orientamento della giurisprudenza contabile che rimette alla volontà dell’ente la decisione sull’accollo del debito, non ritenendo che in tema possa configurarsi un obbligo in capo al medesimo[10]; orientamento, ad oggi, ormai prevalente e maggiormente rispondente ai parametri di razionalità, convenienza economica e sostenibilità finanziaria, nonché coerente al principio ispiratore del divieto di “soccorso finanziario”, e, cioè, il “principio generale secondo cui, per assicurare un corretto uso delle risorse pubbliche e per garantire la libera concorrenza, superandosi la logica del salvataggio incondizionato di strutture e soggetti in situazione di precarietà economico-finanziaria, deve ritenersi fortemente limitata per le amministrazioni l’ammissibilità di interventi a sostegno di organismi partecipati, specialmente qualora non vi sia una prospettiva di recupero dell’economicità e dell’efficienza della gestione”[11].
Ed, anzi, i limiti allo spazio di operatività del “sostegno finanziario” riconosciuto nella pronuncia in commento, individuati dalla Sezione regionale di controllo per il Lazio nell’alveo della giurisprudenza contabile prevalente e sopra ricordati, comportano, altresì, che la decisione dell’ente, come peraltro per il contiguo caso del “soccorso finanziario” da parte di un ente locale nei confronti di una società partecipata in liquidazione, non sia rimessa alla mera volontà dello stesso, ma debba trovare fondamento in tutta una serie di considerazioni e valutazioni sostanziali basate su predeterminati parametri, da parte dell’ente medesimo, che, a loro volta, devono emergere dal provvedimento espressivo della propria volontà, quale congrua e analitica motivazione in ordine alla sussistenza dei requisiti che giustificano l’intera operazione; pena la non legalità finanziaria dell’operazione posta in essere[12].
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- In argomento, v. F.A. Cancilla, Il divieto di “soccorso finanziario” della pubblica amministrazione nei confronti delle società partecipate, in Ratio Iuris, 21 febbraio 2019. V., altresì, con specifico riferimento alla deliberazione in commento, in Rivista della Corte dei conti, n. 1/2021, p. 163 ss. con nota di F. Izzo. In dottrina, cfr., in tema di “soccorso finanziario” delle partecipate, C. Pettinari, La Corte dei conti. Responsabilità, contabilità, controllo, a cura di A. Canale, D. Centrone, F. Freni, M. Smiroldo, Milano, Giuffrè, 2019, p. 1013 s. ↑
- Cfr., in questi termini, la deliberazione della Sezione regionale di controllo per la Lazio n. 14/2021/PAR del 23 febbraio 2021, che, a comprova di tale principio, richiama alcune fattispecie per le quali lo stesso Legislatore ha previsto eccezionalmente che il socio risponda illimitatamente per le obbligazioni sociali (società con socio unico, responsabile solo nel caso in cui ometta gli adempimenti di cui è onerato, ex artt. 2325 e 2462 c.c.), ovvero sussidiariamente (entro le somme riscosse in base al bilancio finale di liquidazione) per i debiti sociali rimasti insoddisfatti dopo la fase liquidatoria (ex art. 2495 c.c.). ↑
- V., in tal senso, anche la deliberazione della Sezione regionale di controllo per l’Emilia-Romagna n. 487/2012/PAR del 28 novembre 2012 e la deliberazione della Sezione regionale di controllo per la Basilicata n. 28/2011/PAR del 17 maggio 2011, per la quale, del resto, nel caso di società in house, la natura del rapporto che intercorre tra l’ente pubblico e la società da esso stesso partecipata, che si definisce in termini di “controllo analogo”, vale non già a giustificare una disciplina diversa da quella comune, quanto ai rapporti sociali o tra la società e i terzi, ma solo giustifica la deroga alle disposizioni comunitarie in materia di tutela della concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi, con la conseguenza, dunque che, anche con riferimento alle società sulle quali l’Ente locale esercita un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, si ritiene di dover escludere un regime di responsabilità patrimoniale dei soci, per i debiti della società, diverso e ulteriore rispetto a quello comune. ↑
- V., così, la deliberazione della Sezione regionale di controllo per la Lazio n. 14/2021/PAR cit., per la quale, infatti, non è consentito al Comune di incidere unilateralmente sullo svolgimento del rapporto società-ente mediante l’esercizio di poteri autoritativi o discrezionali, potendo lo stesso influire su funzionamento della società avvalendosi degli strumenti previsti dal diritto societario, da esercitare per il tramite dei membri di nomina comunale presenti negli organi della società. ↑
- Cfr., in questi termini, la deliberazione della Sezione regionale di controllo per la Lazio n. 14/2021/PAR cit.; la Sezione, peraltro, a conferma di tale assunto, richiama l’art. 1, comma 3, del Decreto Legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (“Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica”, c.d. TUSP), ove si prevede che “per tutto quanto non derogato dalle disposizioni del presente decreto, si applicano alle società a partecipazione pubblica le norme sulle società contenute nel codice civile e le norme generali di diritto privato”. E la soluzione indicata non muterebbe anche qualora la società in house fosse classificata come “strumentale” all’ente locale di appartenenza, laddove la relativa attività di impresa si estrinsechi a diretto beneficio dell’ente socio, in quanto la distinzione fra società che gestiscono servizi pubblici locali e società che rendono servizi strumentali non pare proprio poter giustificare una diversa modulazione delle regole sulla responsabilità patrimoniale (cfr., sul punto, altresì, la deliberazione della Sezione regionale di controllo per la Liguria n. 56/2011 del 21 giugno 2011, che, con riguardo ad una perdita emersa in una società interamente partecipata dall’ente pubblico, qualificata come società strumentale, ha ritenuto non ammissibile il riconoscimento di un debito fuori bilancio ai sensi dell’art. 194, comma 1, lett. c), Tuel). ↑
- In argomento, cfr., in tal senso, I. Cavallini-M. Orsetti, Società partecipate: il confine tra la giurisdizione ordinaria e quella contabile, in Azienditalia 8-9/2019, p. 1234 s., per i quali, pertanto, la società in house opera e agisce secondo gli schemi del diritto societario, e persegue una finalità pubblica che incide non tanto sui modelli e sugli strumenti di azione, che rimangono attratti nella sfera del Codice civile, ma sulle responsabilità che coinvolgono, oltre alle tradizionali situazioni meritevoli di tutela privatistica, anche quelle rilevanti sotto il profilo pubblico alla cui tutela è preposta la magistratura contabile. ↑
- V., così, la deliberazione della Sezione regionale di controllo per la Lazio n. 14/2021/PAR cit., nonché, in termini simili, la deliberazione della Sezione regionale di controllo per la Basilicata n. 28/2011/PAR cit. ↑
- V., così, la deliberazione della Sezione regionale di controllo per la Lazio n. 14/2021/PAR cit., e la giurisprudenza contabile ivi citata (in particolare, la deliberazione della Sezione regionale di controllo per la Lombardia n. 106/2017/PRNO del 24 aprile 2017); risulta, pertanto, essenziale un’ampia e puntuale motivazione a dimostrazione dell’esistenza o di una esigenza di carattere pubblico e superiore da soddisfare in termini indifferibili o quale espressione di una rinnovata capacità programmatoria e gestoria dell’attività in sofferenza finanziaria che si rifletta in termini di economicità ed efficienza per risultati, comunque, sempre legati a necessità diffuse e mai per gestione di attività di rischio (cfr., in tal senso, altresì, la deliberazione della Sezione regionale di controllo per l’Abruzzo n. 157/2020/PAR del 27 luglio 2020). ↑
- Cfr., così, in argomento, G. Astegiano, Sintesi e commenti. Giurisprudenza in materia contabile, in Azienditalia n. 3/2013, p. 258 s. ↑
- Per un diverso orientamento giurisprudenziale, v. Astegiano, Sintesi e commenti. Giurisprudenza in materia contabile cit., e giurisprudenza ivi citata, con particolare riferimento alla deliberazione della Sezione regionale di controllo per il Piemonte n. 3/2012/SRCPIE/PAR del 19 gennaio 2012, per la quale le società in house, pur essendo dotate di autonoma personalità giuridica e svolgendo le loro funzioni con la forma privatistica societaria, sono soggetti sostanzialmente pubblici, per la natura pubblicistica del capitale di cui sono costituite e per l’influenza dominante che l’ente locale vi esercita; con la conseguenza che non vi sarebbe “alcun motivo per escludere che l’ente locale debba far fronte ai debiti della propria società in house che non sono stati soddisfatti in seguito alla liquidazione a causa dell’incapienza del capitale sociale (…) atteso che il controllo analogo determina l’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento nell’interesse istituzionale dell’ente pubblico e non nell’interesse esclusivo della società controllata”. E ciò, peraltro, risponderebbe anche ad esigenze di tutela dei creditori sociali che nel dare fiducia alla società hanno indubbiamente fatto affidamento sulla natura pubblica della stessa, e conseguentemente sulla quasi certezza di ottenere il soddisfacimento integrale del loro credito. È indubbio che, in tal senso, l’orientamento in parola cerchi di contemperare le esigenze che si ricavano dal diritto societario con la particolare natura delle società pubbliche e con le peculiarità che caratterizzano la loro azione (cfr., in questi termini, Astegiano, op. cit., p. 259); tuttavia, lo stesso, ad oggi, non può che essere riletto alla luce di tutta l’evoluzione legislativa e giurisprudenziale (sia del Giudice di legittimità che del Giudice contabile) che, nel tempo, ha riguardato il tema delle società pubbliche, in generale, e delle società in house, in particolare, dalla quale, come si è già sopra ricordato, è emersa sempre di più la necessità di ricondurre, a tutti gli effetti, le società a partecipazione pubblica nell’alveo della disciplina civilistica delle società di diritto comune, in quanto la scelta da parte dell’ente pubblico dell’utilizzo dello strumento societario per lo svolgimento delle proprie funzioni non può certamente esimerlo dal rispetto delle norme civilistiche che governano tale settore (ferme le deroghe che devono, però, essere espressamente previste dal legislatore). ↑
- Così, cfr. Cancilla, Il divieto di “soccorso finanziario” della pubblica amministrazione nei confronti delle società partecipate cit. ↑
- Cfr., circa la necessità di una congrua e analitica motivazione in ordine alle ragioni di razionalità, convenienza economica e sostenibilità finanziaria che possano giustificare un intervento dell’ente locale ad assumere debiti della società partecipata in liquidazione, la deliberazione della Sezione regionale di controllo per la Puglia n. 47/2019/PAR del 9 maggio 2019; v., altresì, in tema, sempre con riguardo al soccorso finanziario di una società partecipata in liquidazione, la deliberazione della Sezione regionale di controllo per il Lazio n. 66/2018/PAR del 17 ottobre 2018, la quale fa riferimento ad “un fondamento motivazionale particolarmente solido ed idoneo a dimostrare in modo obiettivo la necessità dell’operazione per il miglior conseguimento di interessi pubblici alternativi rispetto a quelli della continuità aziendale, nonché la relativa convenienza economica rispetto alla fruizione del beneficio della responsabilità patrimoniale limitata”. ↑