La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale regionale per la Toscana, sollevava questioni di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, della legge 27 marzo 2001, n. 97 (e, quindi, dell’art. 51, comma 7, primo periodo, del Codice della Giustizia Contabile), per ritenuto contrasto con gli artt. 3, 24, 54, 97, 103, secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui dispone, anche nell’ipotesi di estinzione del reato, che il procuratore regionale della Corte dei conti possa promuovere entro trenta giorni l’eventuale procedimento di responsabilità per danno erariale solo “nei confronti del condannato” e quindi nella parte in cui non prevede che il PM “promuova entro trenta giorni l’eventuale procedimento di responsabilità per danno erariale” anche nel caso di “sentenza di estinzione del reato”, oltre che nel caso di “sentenza irrevocabile di condanna”». In proposito il Giudice remittente deduceva l’irragionevolezza della suddetta previsione normativa, sottolineando come egualmente “disdicevoli” siano la condotta del dipendente cui sia conseguita una condanna penale e quella non perseguita per maturata prescrizione del reato, con la conseguente incoerenza del differente trattamento loro riservato in punto di proponibilità dell’azione erariale di danno all’immagine.
La censura non è stata ritenuta fondata dai Giudici costituzionali con la sentenza 123 del 2023
In particolate, si legge nella sentenza, il giudizio proprio del proscioglimento adottato ex art. 129, 2 comma, cod. proc. pen. presuppone l’evidenza della prova della non colpevolezza dell’imputato, che deve emergere dagli atti, in modo a tal punto incontestabile che la valutazione del giudice finisca per appartenere più al concetto di “constatazione”, ossia della percezione ictu oculi, che a quello dell’“apprezzamento”, nella incompatibilità con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (Corte di cassazione, sezioni unite penali, sentenza 28 maggio-15 settembre 2009, n. 35490). La pronuncia di estinzione del reato presuppone, invece, soltanto la mancanza di cause evidenti per pronunciare la formula di merito, ma risulta del tutto priva di un accertamento della effettiva colpevolezza dell’imputato. La pronuncia di estinzione non risulta, dunque, idonea a superare la presunzione di innocenza dalla quale quegli è assistito.
Peraltro, rispetto alle questioni esaminate neppure assume incidenza la recente pronuncia della Corte europea dei diritti dell’uomo nella causa Rigolio contro Italia, del 9 marzo 2023, originata dal ricorso di un soggetto condannato in sede contabile per danno all’immagine della PA, nonostante il giudizio penale si fosse concluso in grado di appello con una sentenza di non doversi procedere per prescrizione, peraltro accompagnata da una condanna generica al risarcimento dei danni, dopo che in primo grado era stata pronunciata sentenza di condanna. Tale pronuncia postula l’autonomia, dal punto di vista delle condizioni dell’azione, del giudizio innanzi alla Corte dei conti per responsabilità da danno alla immagine rispetto all’esito del processo penale all’interno di un quadro normativo nazionale in cui non figurava ancora la condizione di procedibilità che è oggetto della questione di legittimità costituzionale proposta, introdotta solo con l’art. 17, comma 30-ter, del d.l. n. 78 del 2009, come convertito.
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