Controversia tra Regione e MEF sul riversamento del recupero da evasione tributaria

Commento a Sez. Seconda Centrale Appello 391/2021

Benchè poco noto, esiste un filone di giudizi che possono instaurarsi avanti alla Corte dei conti “ad istanza di parte”. Si tratta di giudizi riguardanti obblighi di regolazione di rapporti tra pubbliche amministrazioni, ad esempio con riferimento alle imposte. Storicamente disciplinati da leggi speciali oggi sono elencati agli art. 172 e seguenti del c.g.c.

La controversia definita dalla sentenza in commento riguardava l’ingiunzione proposta dalla Regione Basilicata al MEF e all’Agenzia delle Entrate per il riversamento di circa 34 milioni derivanti da recupero di evasione tributaria che, ad avviso della Regione, dovevano essere oggetto di automatico riversamento nelle casse regionali.

La sentenza di primo grado (45/2020 Sezione Giurisdizionale Basilicata) accoglieva in parte il ricorso proposto dal MEF e dall’Agenzia delle Entrate stabilendo in primo luogo la giurisdizione della Corte dei conti, inoltre l’obbligo per l’Amministrazione finanziaria di procedere al riversamento e, infine, ricalcolava il dovuto.

La sentenza viene impugnata dal MEF e dall’Agenzia delle Entrate che preliminarmente contestano la giurisdizione della Corte dei conti. L’eccezione è giudicata inammissibile dal collegio dell’appello in quanto il giudizio era stato originariamente incardinato presso la Corte dei conti dalla parte oggi appellante che non può auto-riformare il proprio operato proponendo un’eccezione di giurisdizione. Ciò è ormai consolidato principio giuridico (cfr. Cass. Cass., Sez. U., 16 dicembre 2013, n. 27990): “L’attore che abbia incardinato la causa dinanzi ad un giudice e sia rimasto soccombente nel merito non è legittimato a interporre appello contro la sentenza per denunciare il difetto di giurisdizione del giudice da lui prescelto”.

Nel merito l’impugnazione, sotto plurimi profili, mirava a far dichiarare inesistente il credito verso la Regione e da questo profilo il collegio esamina la vicenda proponendo una approfondita ricostruzione della materia, in particolare con riguardo all’organizzazione della riscossione dei tributi propri di enti territoriali.

Secondo la Regione il mancato riversamento delle somme da recupero di evasione costituirebbe una violazione del disposto dell’art. 9 della l. n. 68/2011, sicché per il recupero del pertinente credito è stato impiegato lo strumento dell’ingiunzione.

Ad opinione delle Amministrazioni statali appellanti, invece, avrebbe avuto luogo un’erogazione compensativa, di consistenza corrispondente a quella azionata, iniettata a beneficio della spesa sanitaria regionale, con la conseguenza che difetterebbe il presupposto della posizione creditoria tutelabile attraverso quello strumento (infatti le somme risultano versate alla tesoreria regionale sanitaria e non alla tesoreria regionale ordinaria).

La sentenza ricorda che, mentre le entrate regionali destinate alla sanità derivano anche dalle addizionali IRPEF e dall’IRAP, la previsione del vincolo di destinazione non è riferibile alle entrate da recupero dell’evasione tributaria che, di per sé, costituiscono entrate distinta da versarsi direttamente alla cassa regionale ordinaria.

Ricorda infatti il giudice di secondo grado: “il dirottamento delle risorse rivenienti dall’attività di recupero fiscale riferita all’IRAP ed all’addizionale regionale IRPEF sul conto corrente di tesoreria dedicato alla spesa sanitaria, ha generato, dunque, un duplice effetto pregiudizievole per la Regione.

Per un verso, ha trasformato, in modo strutturale, i connotati della provvista finanziaria, imprimendole un vincolo di destinazione ed una rilevanza sistemica nelle dinamiche della finanza regionale (computo nel patto di stabilità) che, altrimenti, non avrebbe avuto. (…) Ulteriore effetto pregiudizievole, che consegue alla contabilizzazione tra le spese sanitarie del gettito derivante dal contrasto all’evasione fiscale, è quello connesso al fatto che in tal modo viene sterilizzata la previsione di cui all’art. 32, comma 4, lett. i), della l. 12/11/2011, n. 183, secondo cui le spese in conto capitale «relative al gettito derivante dall’attività di recupero fiscale ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, acquisite in apposito capitolo di bilancio» non sono computate ai fini del patto di stabilità interno.”

La sentenza richiama anche Sez. giur Campania sent. 136/2018 anch’essa favorevole all’ente locale

Si veda anche sul punto Cass. 22810/2020 commentata qui

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