Contrattazione collettiva e responsabilità erariale

di Robert Schülmers Von Pernwerth

Breve Commento a Terza Sezione giur. Centrale d’appello, sent. n. 92 del 9 giugno 2020 (clicca qui)

La pronuncia in esame, parzialmente confermativa della sentenza di primo grado (Sezione giur. Trentino-Alto Adige, sede di Bolzano, sent. n. 52 del 2017, clicca qui), appare sussumibile in una particolare forma di responsabilità amministrativa che la dottrina più risalente ha battezzato come responsabilità erariale o danno “da contrattazione collettiva”, configurabile ogniqualvolta a un dipendente pubblico vengano erogate somme di denaro o accordati altri benefici patrimoniali in forza di disposizioni contrattuali contrarie a norme imperative di legge o a contratti collettivi sovraordinati (Sezione giur. Sicilia, sent. n. 157 del 2020; Sezione giur. Basilicata, sent. n. 123 del 2010; Sezione giur. Liguria, sent. n. 447 del 2007; Sezione giur. Lombardia, sent. n. 372 del 2006; Sezione giur. Lazio, sent. n. 1062 del 2005).

Nel caso di specie la vicenda trae origine dalla reiterata sottoscrizione, nel tempo, di contratti collettivi intercompartimentali e di comparto, in cui, in violazione di norme primarie, erano stati autorizzati automatismi retributivi in favore del personale titolare di funzioni dirigenziali o di coordinamento.

In particolare, le disposizioni contrattuali censurate avevano previsto, su base annuale e in misura fissa, la graduale trasformazione delle indennità di funzione e di coordinamento in elementi fissi e continuativi della retribuzione, con conseguente corresponsione, da parte della Provincia autonoma di Bolzano (ente danneggiato), di elevate somme di denaro a titolo di indennità di funzione o di indennità di coordinamento anche in assenza del relativo incarico.

Peraltro, tale illegittimo meccanismo retributivo, che negli ultimi anni ha determinato in parte qua la mancata parifica del rendiconto regionale e provinciale da parte delle Sezioni riunite per la regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, ha incontrato altresì la solenne bocciatura per mano della Corte costituzionale in relazione ad alcune norme di legge provinciale e regionale che avevano cercato di risolvere, in via legislativa, il pasticcio contrattuale (Corte costituzionale, sentenza n. 138 del 2019, clicca qui).

Ciò posto, la pronuncia in commento offre l’occasione per ribadire alcuni punti fermi cui è pervenuta la prassi del Giudice contabile in materia di danno da contrattazione collettiva, ossia:

(a) presupposto del danno non è tanto la nullità della clausola del contratto collettivo per violazione della norma primaria, di cui la Corte dei conti può peraltro conoscere solo in via incidentale, ma l’illiceità del comportamento gestionale sottostante di colui o coloro che ha/hanno sottoscritto o comunque autorizzato la sottoscrizione del contratto collettivo recante tale clausola;

(b) la responsabilità amministrativo-contabile è ascrivibile solo ai membri della delegazione di parte pubblica, cui compete la conduzione delle trattative nel necessario rispetto delle norme primarie e contrattuali sovraordinate, che circoscrivono gli ambiti attribuiti alla contrattazione collettiva, delle direttive dell’Ente datore di lavoro e dei vincoli di spesa imposti dalla programmazione annuale e pluriennale (mentre nei confronti dei membri della delegazione sindacale il Giudice contabile difetta di giurisdizione; v., in tal senso, Corte di cassazione, Sezioni Unite civili, ordinanza n. 14689 del 15/07/2015);

(c) la colpa grave, presupposto minimo indispensabile per una pronuncia di responsabilità amministrativa e configurata dal giudice del gravame in senso normativo, come marcato discostamento dal modello di comportamento che l’ordinamento può legittimamente attendersi dall’homo eiusdem professionis et condicionis, è ipotizzabile solo al cospetto di una acclarata macroscopica violazione di norme di legge o di disposizioni contrattuali sovraordinate.

Inoltre, nella presente vicenda meritano di essere sottolineate le possibili connessioni che si registrano tra giudizio di parifica, istruttoria compiuta in quella sede e attività di Procura, atteso che, in questo caso, la notitia damni era emersa proprio nel corso dell’istruttoria compiuta ai fini del giudizio di parifica.

In particolare, con riferimento al giudizio di parificazione del rendiconto delle Regioni, dove l’intervento del pubblico ministero contabile è previsto a “tutela dell’interesse generale oggettivo della regolarità della gestione finanziaria e patrimoniale dell’ente territoriale” (Corte costituzionale, sentenza n. 89 del 2017), la sentenza in commento non manca di rilevare che “il pubblico ministero è parte del giudizio sin dall’avvio della fase istruttoria e qualora, dall’esame degli atti ricevuti dalla Sezione del controllo, emergano violazioni idonee ad arrecare pregiudizio alla finanza pubblica è legittimato a dar corso all’attività istruttoria finalizzata a verificare la fondatezza della notizia di danno”.

Infine, se una critica può essere mossa alla pronuncia in esame, essa afferisce alla intervenuta rideterminazione in riduzione del danno, “tenendo nel dovuto conto, ai sensi dell’art. 1227, cod. civ., la circostanza che l’Amministrazione Provinciale non si è tempestivamente attivata per il recupero delle somme indebitamente erogate ai dipendenti. La valorizzazione di questa circostanza può essere determinata nella misura dei tre quinti dell’ammontare complessivo del danno, con conseguente responsabilità da ascrivere agli odierni appellanti per i rimanenti due quinti”.

A tale riguardo, la sentenza pare avere fatto implicito rinvio al principio secondo cui “resta fermo l’obbligo per la pubblica amministrazione denunciante di porre in essere tutte le iniziative necessarie a evitare l’aggravamento del danno, intervenendo ove possibile in via di autotutela o comunque adottando gli atti amministrativi necessari a evitare la continuazione dell’illecito e a determinarne la cessazione” (art. 52, comma 6, c.g.c.).

Tuttavia, nella materia che ci occupa, la questione del recupero delle somme erogate ai dipendenti in virtù di contratti collettivi illegittimi non appare affatto una problematica di piana e immediata soluzione, attesa la progressiva stratificazione di norme nell’ordinamento (art. 40, co. 3-quinquies, d.lgs, n. 165/2001; art. 4 del decreto legge n. 16 del 6 marzo 2014, convertito nella legge n. 68/2014) in cui, in presenza di determinati presupposti, sono stati previsti particolari meccanismi di recupero delle somme a valere sulla stessa contrattazione collettiva (sul rapporto tra tali meccanismi di recupero e il giudizio di responsabilità amministrativa v. Sezione giur. Sicilia, sent. n. 157 del 2020).

Di conseguenza, anche in considerazione della considerevole riduzione del danno operata (tre quinti dell’importo complessivo), sarebbe stato opportuno, a parere di chi scrive, che la pronuncia si fosse maggiormente soffermata sulle questioni sollevate dall’affermazione secondo cui “l’Amministrazione Provinciale non si è tempestivamente attivata per il recupero delle somme indebitamente erogate ai dipendenti”, chiarendo, ad esempio, l’effettiva applicabilità, nel caso di specie, dei meccanismi di recupero sopra considerati; il novero dei soggetti che avrebbero dovuto essere interessati da un’ipotetica azione di recupero (dipendenti beneficiari degli emolumenti non dovuti oppure altri soggetti non convenuti nel giudizio di responsabilità); l’incidenza sull’azione amministrativa delle norme provinciali dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale con sentenza n. 138 del 2019.

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