Ci ha lasciato il Prof. Paolo Grossi. Giurista e storico, nonché Presidente emerito della Corte costituzionale. Un ricordo…

di Aldo Carosi

Ieri è venuto a mancato Paolo Grossi, Presidente emerito della Corte costituzionale.

Al di là della personale commozione per la perdita di un Giudice col quale ho condiviso tre quarti del mio mandato in Consulta e che è stato Presidente della stessa in uno dei periodi più alti della giurisprudenza costituzionale, onorandomi di una amicizia personale straordinaria fin dal mio ingresso in Corte costituzionale, vorrei ricordare – con la doverosa sintesi di questi momenti – la sua figura.

È stato uno storico e un giurista poliedrico che ha spaziato nei suoi studi dalla Storia del diritto italiano, al Diritto comune, alla Storia del diritto canonico e al Diritto canonico, al diritto agrario, al diritto civile.

Fervente cattolico non ha avuto remore nel rivolgere i suoi interessi verso una visione ecumenica del Mondo e delle sue Istituzioni attraverso una lettura attenta della loro evoluzione storica. Evoluzione storica che imputava ad una “codificazione dal basso” di istituti nati dalle regole emergenti dalle prassi di vita delle collettività succedutesi nel tempo.

Grossi è l’aedo degli usi civici, espressione che non prediligeva preferendole ad esempio “assetti fondiari collettivi” ma che gli è rimasta addosso dopo la pubblicazione del fondamentale studio del 1977 “Un altro modo di possedere” che è il più importante contributo alla materia nell’era moderna. L’emersione di forme alternative di proprietà alla coscienza giuridica postunitaria è l’espressione con la quale Grossi recupera una serie di istituti raggruppabili sotto il nome di proprietà alternativa a quella allodiale.

Ho avuto il privilegio di ascoltare dalle sue parole le origini inconsuete di questo studio: fu contattato da accademici dell’Unione Sovietica per cercare forme di proprietà collettiva nei Paesi europei confinanti con il colosso sovietico.

Egli non accettò compensi e (se ricordo bene neppure un incarico formale) ma ne fece un progetto di studio autonomo che lo portò dall’Europa fino all’America latina, andando a cercare in quei posti le vestigia degli antichi istituti.

In fondo è stato un grande precursore della svolta normativa e giurisprudenziale che almeno in Italia ha associato beni comuni, conservazione ambientale e tutela e recupero del patrimonio naturale.

Durante i sette anni passati insieme in Consulta mi ha presentato centinaia di studiosi e di allievi che venivano a trovarlo da tutte le parti del mondo e che immancabilmente invitava a pranzo nella frugale mensa della Corte.

Per loro era il Maestro, un Maestro che sapeva cogliere dalle loro istanze un continuo aggiornamento del sapere che ha continuato a praticare fino a pochi mesi antecedenti alla scomparsa.

Credo che il Covid abbia anche Paolo sulla coscienza nella misura in cui gli ha impedito di poter svolgere quel ruolo di “accademico sociale” che ha sempre esercitato con immutata vocazione.

Un pensiero commosso all’indimenticabile Amico degli usi civici e dei beni comuni.

Aldo Carosi

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