Annullamento delle progressioni di carriera

Per l’annullamento d’ufficio di una illegittima assunzione o progressione di carriera, considerato l’interesse pubblico ad evitare un permanente esborso di denaro senza titolo, non è richiesta una particolare motivazione e non vale il termine di 18 mesi previsto dall’art.21-nonies della legge n.241/1990.

TAR ABRUZZO – PESCARA – SEZ. I – 6 GIUGNO 2019 N.152

Nessun affidamento sulla stabilità del posto di lavoro o sull’avanzamento di carriera può vantare colui che risulti vincitore di una selezione pubblica in deroga al principio costituzionale del pubblico concorso (Cons. Stato, Sez. V, 4 marzo 2015, n.1078). L’interesse pubblico a che il reclutamento avvenga secondo la regola del concorso pubblico è prevalente.

Non assume rilevanza la circostanza che il provvedimento di annullamento degli atti di una procedura concorsuale, che non richiede una particolare motivazione, sia stato adottato oltre il termine di 18 mesi previsto dall’art.21-nonies della legge n.241/1990 poiché tale disposizione si riferisce solo ai provvedimenti autorizzativi o attributivi di vantaggi economici. La progressione in carriera non è, infatti, un provvedimento diretto a rimuovere un limite all’esercizio di una attività privata oppure attributivo di vantaggi economici in quanto il conseguente miglior trattamento retributivo è un corrispettivo per una prestazione più qualificata.

L’interesse pubblico all’annullamento d’ufficio di una illegittima assunzione o progressione di carriera di un dipendente pubblico è in re ipsa dal momento che l’atto oggetto di autotutela produce un danno permanente per l’amministrazione consistente nell’esborso di denaro pubblico senza titolo e con ingiustificato vantaggio per il dipendente. Tale interesse prevale sulle posizioni anche consolidate del dipendente.

La pronuncia può assumere rilevanza sotto il profilo della responsabilità amministrativa nei confronti non solo di chi ha adottato l’atto illegittimo ma anche di chi ha omesso di annullarlo pure dopo il termine stabilito dall’art.21-nonies della legge n.241/1990. L’interesse ad evitare un indebito esborso di denaro è riconosciuto prevalente rispetto agli altri interessi coinvolti. Risulta quindi legittimo un annullamento d’ufficio di una progressione di carriera avvenuto a distanza di anni (nella vicenda trattata l’annullamento è intervenuto a distanza di circa 8 anni).   

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