Omissione dei controlli interni e principio della responsabilità di mandato in una recente sentenza della Corte dei conti
di Luca Bartolucci
La sentenza n. 438/2020 (pres. Carlino, rel. Grasso) della Corte dei conti si inscrive nella materia di responsabilità ex art. 148 TUEL per omissione dei controlli interni, risolvendo il caso anche applicando, proprio in sede di giudizio di responsabilità, l’insegnamento della Corte costituzionale (sentenza n. 18/2019) sul principio della responsabilità di mandato.
Delineando velocemente il fatto, in particolare, ad alcuni soggetti del Comune di Milazzo (sindaco, vice sindaco, assessore, presidente del consiglio comunale e consiglieri comunali) era stato contestato l’illecito previsto dall’art. 148, comma 4, del d. lgs. n. 267/2000 (assenza o inadeguatezza degli strumenti e delle metodologie di controllo) con la conseguente richiesta di applicazione di una complessiva sanzione pecuniaria.
A causa della mancata attivazione del controllo di gestione e del controllo strategico per gli anni 2016 e 2017, secondo quanto accertato dalla Sezione controllo della Corte dei conti per la Regione siciliana, il Giudice monocratico aveva affermato l’insussistenza dell’elemento soggettivo, in considerazione della difficile situazione amministrativa e gestionale del Comune di Milazzo, resa palese dal dissesto formalmente dichiarato, dai conseguenti commissariamenti e dai gravi ritardi nell’approvazione degli strumenti finanziari preventivi e consuntivi: situazione che, quindi, non poteva ritenersi addebitabile ai soggetti poc’anzi richiamati e rendeva pertanto difficile la istituzione di un efficace sistema dei controlli.
Nel caso concreto e alla luce del dettato normativo la Corte nota, dunque, che potrebbero essere sanzionati i Consiglieri comunali, il Sindaco e la Giunta comunale esclusivamente in ragione, i primi, dell’assenza o dell’inadeguatezza del regolamento sui controlli, i secondi per il mancato esercizio dell’attività di proposta del regolamento sui controlli.
Nel far questo la Corte recupera altresì l’imprescindibile legame tra strumenti di programmazione e controllo di gestione, affermando che il sistema dei controlli interni sugli enti locali si è inserito definitivamente nel circuito di programmazione-gestione-controllo al fine di razionalizzare le strutture e la spesa nonché di garantire una maggiore economicità, efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa (così Sez. Aut. Deliberazione n. 18/2018/FRG).
Così il “divieto di aggravare il mandato dei futuri amministratori” e quello di spostare al futuro il peso del risanamento assume rilevanza anche laddove si debba giudicare il comportamento (omissivo) degli amministratori che, avendo ereditato una situazione di dissesto e confusione contabile, sono chiamati a rispondere della omessa attivazione dei controlli interni.
Non sembra plausibile sostenere, secondo la Corte – a meno di non voler trasformare tale fattispecie in una forma di responsabilità oggettiva o di interpretare il principio di continuità amministrativa in chiave esattamente contraria al principio di responsabilità di mandato – che lo stato di confusione amministrativa e contabile e di conclamato dissesto finanziario possano essere irrilevanti quali circostanze impeditive o comunque pregiudizievoli rispetto all’azione propulsiva finalizzata alla corretta implementazione dei controlli interni.
D’altro canto era stata la Corte costituzionale (sentenza n. 18/2019; sulla quale cfr. A. Saitta, Dal bilancio quale ‘bene pubblico’ alla ‘responsabilità costituzionale e democratica’ e ‘intergenerazionale’, in Giur. Cost., n. 1, 2019, p. 216 s.; nonché G. Boggero, La Corte costituzionale mette un freno al deficit spending degli enti locali che danneggia le generazioni presenti e future, in Diritticomparati.it, 1/04/2019) proprio in relazione al rapporto tra il sistema di responsabilità sulle decisioni di bilancio e l’apparato sanzionatorio per il dissesto, ad affermare che “il precetto dell’equilibrio del bilancio, riguardato sotto il profilo della ‘salvaguardia di bilancio’, costituisce uno strumento di verifica e misurazione delle responsabilità giuridiche e politiche dei soggetti investiti di cariche pubbliche e la disciplina di salvaguardia, ‘strumentale all’effettività di adempimenti primari del mandato elettorale’, è funzionale a un’esigenza sistemica unitaria dell’ordinamento, secondo cui sia la mancata approvazione dei bilanci, sia l’incuria del loro squilibrio strutturale interrompono – in virtù di una presunzione assoluta – il legame fiduciario che caratterizza il mandato elettorale e la rappresentanza democratica degli eletti” (Corte cost., n. 228/2017).
La giurisprudenza della Corte costituzionale riconosce al bilancio la natura di “bene pubblico” funzionalmente volto alla “tutela del corretto esercizio del mandato elettorale” (cfr. Corte cost., sentenza n. 247/2017). In questo senso, pertanto, la trasparenza dei conti e la tempestività degli interventi correttivi assumono valore fondamentale per evitare che il rinvio ai futuri esercizi delle misure di risanamento aggravi l’esercizio del mandato dei futuri amministratori e faccia ricadere il peso del risanamento sulle future generazioni (sentenza n. 18/2019).
Ad avviso del giudice, dunque, non pare coerente con tale insegnamento trascurare che gli amministratori chiamati in causa hanno dovuto fronteggiare, appena insediatisi nel giugno 2015, tale situazione di crisi conclamata e di carenza di strumenti di programmazione e farsi carico, al contempo, delle procedure di dissesto finanziario e dell’avvio del risanamento dell’ente nonché di ripristinare la corretta tenuta e l’attendibilità delle scritture contabili, prima di potere esercitare la pretesa azione propulsiva del controllo di gestione e di quello strategico limitatamente alle proprie competenze e in relazione ad adempimenti organizzativi e funzionali.